Disuguaglianza, Oxfam avverte: tra un anno l’incubo del 99% sarà realtà

L’1% sta vincendo la sua battaglia. Presto sarà più ricco del resto del mondo

[19 Gennaio 2015]

Alla fine di questi dodici mesi, il 2015 sarà ricordato come un crocevia, nel bene o nel male, e non ultimo per quanto riguarda la disuguaglianza: secondo il dossier Wealth: Having It All and Wanting More, diffuso oggi da Oxfam, se le cose non cambieranno nel 2016 ci troveremo a vivere in un mondo che pochi anni fa poteva essere immaginato solo all’interno di un romanzo distopico della peggior specie. L’1% della popolazione mondiale avrà davvero nelle proprie mani più ricchezza del restante 99%; ai super ricchi toccherà infatti più del 50% della torta globale, che nonostante la crisi – o meglio grazie ad essa – è stata divorata negli ultimi anni a una velocità impressionante.

Solo nel 2009, agli albori della crisi, l’1% della popolazione mondiale possedeva una quota pari al 44% della ricchezza totale. L’anno scorso era già al 48%, e secondo le stime di Oxfam sarà oltre il 50% tra pochi mesi. E se l’anno scorso la stessa Ong denunciava come bastassero 85 persone per eguagliare la ricchezza di 3,5 miliardi di esseri umani (!), dodici mesi dopo la quota si è ulteriormente abbassata: per tagliare il triste traguardo bastano oggi gli 80 soggetti più ricchi al mondo; solo nel 2010 la platea doveva allargarsi ai 388 soggetti più ricchi.

Mentre chi abita sul tetto del mondo ha potuto godere nel 2014 di una ricchezza procapite pari in media a 2,7 milioni di dollari a testa, l’80% della popolazione mondiale si è divisa le briciole. Il 5,5% della ricchezza complessiva, pari a 3.851 dollari per ogni adulto, un settecentesimo di quanto in mano all’1%. E un dato che la dice lunga su quanto – nonostante tutto – nei paesi di antica industrializzazione ancora si viva meglio rispetto al Sud del mondo.

Ma anche l’Occidente non se la passa affatto bene. Dai manifesti schiumanti di rabbia di Occupy Wall Street, alle fredde ma taglienti statistiche economiche il passo è stato brevissimo. Nel 2011 lo slogan che We are the 99% svettava per la prima volta a New York, per poi finire presto dimenticato, e adesso rispunta nella realtà dei fatti.

L’Italia non se la passa meglio. Nello scorso ottobre Oxfam dedicò un focus al nostro Paese, scoprendo come l’1% della nostra popolazione fosse più ricco del 60% in coda alle classifiche economiche. Una tendenza anche qui in aumento, senza che nessuna risposta convincente sia finora pervenuta da parte di governo e Parlamento. Perché? Se si cerca una risposta a quest’inerzia la si può trovare in un argomento molto convincente. Oltre all’oggettiva difficoltà di fermare una tendenza globale senza un’autorità globale da poterle contrapporre, contano moltissimo i soldi che le potenti lobby di settore sono in grado di iniettare nei circuiti politici. Da sole, le lobby del mondo finanziario e assicurativo hanno riversato nel 2013 550 milioni di dollari per far valere le proprie ragioni a Bruxelles e a Washington: si tratta di un’arma molto convincente, cui i poveri non possono ovviamente aspirare.

Questo gioco al massacro sta avendo però conseguenze sempre più devastanti, sia dal punto di vista economico che ecologico (oltre che, ovviamente, sociale). La disuguaglianza estrema, ormai è riconosciuto da molteplici e autorevoli studi economici, mina la crescita. E per quanto non la frena ne alimenta l’aspetto predatorio nei confronti del pianeta, divorando quote crescenti di risorse naturali rinnovabili e non. Questo a sua volta fomenta il cambiamento climatico e l’esacerbarsi delle calamità naturali, che colpiscono in prevalenza i più poveri e ne frenano lo sviluppo. Un circuito infernale che prima o poi sarà spezzato, in modo democratico e controllato se lo vogliamo, o in una fine molto dolorosa nei rimanenti casi.

Oxfam ritiene che dovremmo intervenire facendo leva su 7 punti principali: combattere l’evasione fiscale; investire nei servizi gratuiti fondamentali e universali, come nell’istruzione e nella sanità; spostare la pressione fiscale dal lavoro e i consumi alle rendite e ai capitali; introdurre salari minimi per i lavoratori; garantire la parità di genere; assicurare le necessarie reti di sicurezza ai più poveri; concordare un obiettivo globale per combattere la disuguaglianza. La forma che possono assumere questi obiettivi è discutibile, e si può fare di meglio per unire quest’agenda alla battaglia per uno sviluppo anche ambientalmente sostenibile. Ma quel che è certo è che fare finta di niente, come oggi, non ci aiuterà. L’1% avanza, e sta vincendo la sua battaglia.