Il premier: «Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, nell’immediato»

Crisi energetica, Draghi punta sul carbone mentre le rinnovabili restano al palo

Elettricità futura: «Chiediamo al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili, pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna»

[25 Febbraio 2022]

Nell’informativa appena resa alla Camera sull’invasione russa in Ucraina, il premier Mario Draghi rassicura sul fatto che il Governo è «al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica», indicando possibili alternative d’approvvigionamento.

Il Governo dei Migliori punta in primis a «incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti», come anche a «incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il Tap dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia». Soprattuto, Draghi aggiunge anche che «potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato», accelerando però al contempo la grande crisi dimenticata – quella climatica –, dato che si sta parlando del più inquinante e climalterante dei combustibili fossili.

Un approccio che potrebbe essere più razionalmente argomentabile se almeno si spingesse al contempo sull’acceleratore delle rinnovabili, ma su questo fronte continua a trionfare la sola retorica: «Per il futuro – argomenta infatti il premier –, la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti».

Il problema è che non è vero, non stiamo affatto procedendo spediti, come mostrano da ultimo i dati presentati oggi in conferenza stampa da Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico italiano.

«La situazione geopolitica è drammatica, la sicurezza energetica sia tra le priorità dell’Italia e dell’Europa – dichiara il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo – Per risolvere questa grave emergenza, chiediamo al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili, pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna», che sono arrivate a circa 168 GW solo per nuovi impianti eolici e fotovoltaici.

In altre parole, per trovare una soluzione strutturale al caro energia, Elettricità futura invita il Governo ad attuare un’azione straordinaria sugli iter autorizzativi insieme alle Regioni, perché evidentemente le “semplificazioni” finora adottate dal Governo non funzionano, come testimonia peraltro anche la dinamica asfittica degli incentivi pur stanziati per il settore.

Non si erogano neanche gli incentivi già presenti perché gli impianti non ci sono: un iter autorizzativo in Italia dura in media 7 anni (mentre la normativa prevede 1 solo anno), col risultato che quasi il 50% dei progetti non viene realizzato e la rimanente metà arriva con 6 anni di ritardo.

Con un via libera a 60 GW entro giugno, invece gli industriali affermano di essere in grado di completare la sua messa in opera entro 3 anni, installando dunque 20GW l’anno mentre oggi il ritmo non arriva a 1 GW l’anno. Si tratta di poter mettere in campo investimenti per 85 mld di euro, in grado di creare 80mila nuovi posti di lavoro e fare passi avanti importanti sulla lunga strada per l’indipendenza energetica: «60 GW di nuovi impianti rinnovabili faranno risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ovvero il 20% del gas importato. O, in altri termini, oltre 7 volte rispetto a quanto il Governo stima di ottenere con l’aumento dell’estrazione di gas nazionale», aggiunge Re Rebaudengo.

I vantaggi per il portafogli, oltre che per l’ambiente, sono evidenti. Come sottolineano da Elettricità futura, l’Italia è in piena emergenza energetica perché il prezzo del gas è quadruplicato e perché quasi il 60% dell’elettricità in Italia viene ancora prodotta con il gas. Già oggi le rinnovabili sono le energie che costano meno: «Quest’anno i produttori rinnovabili hanno stipulato con il Gse (società interamente partecipata dal ministero dell’Economia) contratti a prezzo fisso per 20 anni a 65 €/MWh, quasi un quarto rispetto al prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica di gennaio 2022 pari a 225 €/MWh»

L’emergenza energetica, finora, ci è già costata quasi 20 miliardi: oltre 11 miliardi sono quelli stanziati dal Governo per il contenimento del costo delle bollette elettriche a partire dal luglio 2021, ma nonostante gli interventi straordinari messi in campo dall’esecutivo l’onere per i clienti è cresciuto comunque di circa 8 miliardi di euro. Se invece avessimo già traguardato gli obiettivi Ue sulle rinnovabili posti per il 2030, quest’anno saremmo in grado di risparmiare 50 mld di euro solo sulla bolletta elettrica, oltre a rendere il Paese più indipendente energeticamente e dunque meno ricattabile da quei regimi autoritari da cui ad oggi dipendono calore e luce nelle nostre case e fabbriche.