Regolazione Arera e gestioni industriali per servizi più efficienti e sostenibili

Concorrenza, l’abbaglio del Governo: il problema è la gestione in economia, non l’in house

I servizi pubblici locali sono e rimarranno comunque caratterizzati da monopolio naturale, anche con gare che aprano ai privati

[21 Gennaio 2022]

Con la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il Governo ha posto fra le iniziative da prendere quelle relative all’attuazione delle riforme: “I Piani nazionali di ripresa e resilienza sono innanzitutto piani di riforma. Le linee di investimento devono essere accompagnate da una strategia di riforme orientata a migliorare le condizioni regolatorie […] e a incrementare stabilmente l’equità, l’efficienza e la competitività del Paese”.

Tra i principali temi trattati, c’è quello della concorrenza: “La tutela e la promozione della concorrenza – principi-cardine dell’ordinamento dell’Unione europea – sono fattori essenziali per favorire l’efficienza e la crescita economica e per garantire la ripresa dopo la pandemia. Possono anche contribuire a una maggiore giustizia sociale”.

Sotto il titolo “Concorrenza e valori sociali” si afferma poi che si rendono opportuni i seguenti interventi: “In materia di servizi pubblici, soprattutto locali, occorre promuovere un intervento di razionalizzazione della normativa […] che assicuri – anche nel settore del trasporto pubblico locale – un ricorso più responsabile da parte delle amministrazioni al meccanismo dell’in house providing”.

In generale dunque, l’ipotesi è quella di limitare il ricorso all’in house providing per consentire alla concorrenza di assicurare servizi qualificati ed efficienti.

Grande spazio è quindi dato al settore dei servizi pubblici locali (idrico, rifiuti ed energia). Un comparto dove in realtà quello che il Governo potrà realizzare con la limitazione del ricorso all’in house providing non è l’introduzione della concorrenza in tali settori, che sono e rimarranno in gran parte delle loro filiere di gestione caratterizzate da monopolio naturale, ma la concorrenza per il mercato, ovvero gare per la selezione di un socio privato o gare per l’affidamento in concessione del servizio.

Una volta che questi nuovi soggetti si saranno aggiudicati le gare, rimarranno comunque delle società che operano in una situazione di monopolio e per le quali la norma le assoggetta alla regolazione da parte di un’autorità indipendente. È proprio a quest’ultima che la legge affida il compito di regolare le tariffe, la qualità dei servizi e lo stato delle infrastrutture, indipendentemente dalla forma assunta dalla società di gestione che può essere pubblica, mista o privata.

In realtà c’è un’altra area su cui l’intervento del Governo potrebbe portare dei benefici sotto l’aspetto dell’efficienza e della qualità del servizio, ma riguarda quelle situazioni dove ancora delle gestioni sono assicurate in economia dai Comuni.

Questa situazione è largamente diffusa nel centro-sud del Paese sia per il settore idrico che per il settore dei rifiuti. Sull’acqua, ad esempio, l’ultima relazione annuale Arera evidenzia ad esempio che la popolazione gestita ancora direttamente dai Comuni in economia e probabilmente non inserita completamente nella regolazione tariffaria è di circa 11 milioni di abitanti, quasi il 20% della popolazione residente.

Nel settore dei rifiuti l’organizzazione istituzionale è ancora largamente da completare, e la gestione dei servizi è estremamente frammentata, come conferma Utilitatis nel Green book del 2020. Il campione realizzato da Utilitatis comprende 637 gestioni per un totale del 78% dei Comuni e per l’89% della popolazione residente, e le gestioni in economia da parte dei Comuni riguardano il 33% della popolazione residente.

Nel settore idrico e della gestione dei rifiuti vi è dunque una parte importante della popolazione che non può beneficiare della regolazione, o comunque che è caratterizzata da una gestione non industriale, con le difficoltà conseguenti riguardo alla realizzazione degli investimenti necessari e alla qualità del servizio.

In conclusione, se non si dà attuazione alle leggi già esistenti che riguardano l’insediamento delle istituzioni locali e l’affidamento del servizio, una buona parte della popolazione continuerà ad avere un assetto non industriale e una regolazione limitata.

Sarebbe quindi opportuno che si raccomandasse al Governo più un intervento sull’applicazione delle leggi esistenti e il completamento delle istituzioni locali preposte all’affidamento del servizio piuttosto che su una limitazione all’affidamento in house providing, che comunque porterebbe alla privatizzazione di monopoli locali, la cui efficienza e qualità del servizio rimarrebbe comunque legata alla regolazione indipendente e non alla forma di gestione.

È auspicabile che sia iniziativa del Governo, proprio nella consapevolezza della necessità dell’impegno pubblico nella ripartenza, promuovere processi di sviluppo industriale degli strumenti pubblici locali, oltre a dare impulso verso processi aggregativi sfidanti che diano dignità ai territori e predispongano il nostro sistema industriale alla sfida con le realtà europee.

Bisogna anche specificare altresì che ci sono molti casi di aziende pubbliche moderne virtuose, anche in Toscana, che superano il concetto di municipalizzate inefficienti e in perdita. Comuni azionisti che hanno dimostrato grande capacità di innovazione e Comuni proprietari impegnati nell’evoluzione industriale pubblica, necessaria allo sviluppo e alla competitività dei propri territori.