Classifiche olimpiche e le varie dimensioni della missione universitaria

Cosa ‘producono’ le università? In primis capitale umano, la cui qualità è misurabile ma difficilmente nel breve periodo, e lo stesso discorso vale per la ricerca

[24 Settembre 2021]

Vanno molto di moda le classifiche universitarie in anni recenti, e una nota a margine è spesso la posizione non eccelsa delle nostre università. Due considerazioni iniziali.

Prima di tutto, la maggior parte dei nostri atenei, e in generale nel mondo non anglosassone, sono ‘generalisti’ e, anche se vi sono oggi dinamiche di specializzazione nel livello di magistrali e dottorati, rimangono e rimarranno meno specializzati rispetto ad esempio al modello anglosassone. Questo ha un impatto sulle classifiche.

In secondo luogo, gli indicatori relativi sono spesso più utili di quelli assoluti, ad esempio brevetti o articoli scientifici pro capite, per occupato.

Il punto principale è però ‘cosa’ stiamo valutando. In molti casi non è spiegato. Anche nel caso di un’impresa privata la performance può certo essere misurata dagli utili, in estrema sintesi, ma anche l’occupazione e la sua ‘qualità’ (es. genere), le emissioni per fatturato, etc sono indicatori utili. Durante le ultime Olimpiadi si discuteva di come varia la posizione di un Paese se si assume come variabile principale gli ori, o le medaglie totali; anche in quel caso potremmo classificare in base a medaglie/ori pro capite o per unità di Pil. Tutto cambierebbe.

Cosa ‘producono’ le università? Capitale umano, la cui qualità è misurabile ma difficilmente nel breve periodo, lo stesso discorso vale per la ricerca (articoli, brevetti, etc). In aggiunta abbiamo i rapporti con il territorio, le relazioni costruite e l’impatto del capitale umano e della ricerca. Si potrebbe continuare nella costruzione della multi dimensionali, che è un processo in divenire.

Inoltre, le istituzioni collaborano. Nella fase di implementazione del piano Next generation Eu, la maggior parte delle progettualità richiederà sforzi di scala almeno regionale, collaborazioni tra istituzioni, data la scala dei finanziamenti europei e nazionali.

Le ‘relazioni’ sono un altro elemento cruciale che richiede un’analisi attenta delle classifiche. Come di fronte alla crescita di import export, i ranking di Pil e di sostenibilità (CO2 emessa da un Paese) devono tener conto degli scambi tra Stati per una profonda interpretazione dei dati, cosi andrebbe posta più attenzione a indicatori che tratteggino i ‘ponti’: progetti esistenti in collaborazione, articoli scientifici in collaborazione, etc. I dati esistono e gli indicatori pure, andrebbe aumentata l’enfasi posta su questi indicatori di integrazione e progettualità comune.

In conclusione, proseguiamo nello sforzo di valutazione, che richiede attenta analisi dei dati e conoscenza delle missioni delle istituzioni. Con qualche accorgimento. Valutiamo ceteris paribus, ovvero guardando alla scala. Le stesse interessanti classifiche dello sviluppo umano sono soprattutto utili per capire come un paese trasforma un livello di Pilin sviluppo, e se un Paese progredisce, più che a generare classifiche ‘sportive’.

Valutiamo consapevoli della multidimensionalità del ‘prodotto’ e processo. Valutiamo soprattutto in questa fase le relazioni tar istituzioni, che sono la base per cogliere con responsabilità le sfide poste dal piano di investimento per raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030 e la decarbonizzazione delle società attraverso un new deal di conoscenza. La responsabilità è sui singoli ma soprattutto sul sistema intero, che deve generare un moltiplicatore di Pil, sviluppo, conoscenza dallo shock positivo dell’onda di investimenti.