[14/04/2011] News

Il gas da scisti emette pił gas serra del carbone?

Intanto la Francia pensa di vietare il "fracking" per gli idrocarburi

LIVORNO. Negli Usa e in Francia (e non solo) si infiamma la polemica ed aumentano le proteste contro quella che sembra una nuova fonte abbondante di gas naturale, che molti in America vedono già come un'alternativa pulita al petrolio e al carbone.

Una convinzione proprio in questi giorni smentita da un rapporto di Robert Howarth, un ecologo della Cornell University, che dice che in realtà questo combustibile fossile produce ancora più emissioni di gas serra. L'industria gasiera Usa ha subito accusato il professor Hovarth  di aver prodotto un documento politico.

Howarth ha difeso il suo lavoro dagli attacchi dell'industria del gas dicendo che risponde ad elevati standard accademici e scientifici: «E' in corso di pubblicazione in una rivista di tutto rispetto ed è stato rigorosamente peer-reviewed. Questo non è attivismo. Questa è scienza».

La critica al lavoro di Howarth è iniziata più di un anno fa, quando ha reso noti i risultati preliminari in un riassunto di due pagine. Da allora, Howarth ha fatto aggiornamenti periodici. Il suo ultimo articolo dovrebbe essere pubblicato oggi su Climatic Change Letters, ma già da due giorni è disponibile sul giornale The Hill.

Lo studio sostiene che il "fracking" per l'estrazione di gas shale emette più gas serra addirittura rispetto al carbone, anche se riconosce che bruciare gas è più pulito degli altri combustibili. Il maggiore inquinamento deriverebbe dalle perdite accidentali, o appositamente progettate, per alleviare la pressione nei pozzi. Qualcuno ribatte che i progressi tecnologici potrebbero risolvere il problema, ma Howarth dice di dubitare che questo sarebbe economicamente sostenibile, visto che si vuole tenere ostinatamente basso il prezzo del gas.

Il vero e proprio boom che sta avendo in Nord America la produzione di gas di scisti, presentato come l'alternativa al petrolio straniero, ha fatto diminuire i prezzi del gas, anche se il petrolio è aumentato vertiginosamente. Le industrie del gas hanno subito bollato il rapporto contro il gas shale come sciatto e incompleto. Ma gli ambientalisti statunitensi (e ora anche europei ed italiani) sono sempre più preoccupati per questa tecnica, la fratturazione idraulica, o "fracking", che prevede la "fatturazione" del sottosuolo e l'immissione di sostanze chimiche che finiscono per infiltrarsi nelle faglie idriche

Le perdite di metano negli impianti di gas shale variano dal 3,6 al 7,9%, rilasciando così nell'atmosfera grandi quantità di un gas serra particolarmente potente, ma gli industriali dicono che si tratta di stime esagerate e che non permetterebbero mai perdite così elevate del loro prezioso gas.

Secondo lo studio «L'impronta del gas shale è superiore a quella del  gas di petrolio convenzionale, se visto  da qualsiasi prospettiva temporale, ma in modo particolare per oltre 20 anni. Rispetto al carbone, l'impronta del gas shale è almeno il 20% più grande e forse più di due volte più grande in una prospettiva di 20 anni ed è paragonabile se confrontato in più di 100 anni».

Intanto in Francia si sono costituiti diversi gruppi ed associazioni che si battono contro lo sfruttamento degli idrocarburi degli scisti nelle zone dove ci sono progetti di perforazione e il dibattito sul gas ed il petrolio da scisti è arrivato in Parlamento.

Il 10 maggio l'Assemblée nationale esaminerà la propsta di legge di Christian Jacob, un parlamentare dell'Ump, il partito del presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, che punta a vietare l'esplorazione e lo sfruttamento di gas e petrolio da scisti in Francia. Greenpeace France sottolinea che «la decisione del governo di permettere l'esame urgente di una proposta di legge mirante a vietare lo sfruttamento di questi idrocarburi non convenzionali, costituisce una tappa importante». Ma secondo gli ambientalisti francesi «Conviene rimanere prudenti fino a che la legge non sarà adottata. Può essere benissimo svuotata del suo contenuto da eventuali emendamenti, come si è potuto vedere con la defunta Grenelle de l'Environnement. Deve essere anche seguita dai decreti applicativi! La vigilanza si impone anche sul più lungo periodo perché, anche se il primo ministro si pronuncia a favore dell'annullamento delle autorizzazioni di esplorazione già date, lascia ugualmente la porta aperta ad un'eventuale sfruttamento, se per caso un giorno si potessero estrarre questi idrocarburi attraverso altre tecniche giudicate più pulite... Quel che sappiamo è che dobbiamo rivolgerci verso le alternative energetiche e fermare la nostra fuga in avanti verso le energie fossili, per evitare le peggiori conseguenze dei cambiamenti climatici».

Ma i lobbysti non mancano nemmeno a Parigi e l'organizzazione «L'Amicale des Foreurs et des Métiers du Pétrole» ha pubblicato una lettera aperta ai deputati, in particolare ai 124 firmatari della proposta di legge n. 3301, nella quale scrivono: «Siamo sorpresi di trovare tra questi i nomi di un ex ministro dell'industria che dovrebbe sapere che il film GasLand non è che una grande impostura, truffaldina e menzognera e contro la verità  e quello di un ex ministro del bilancio la cui conoscenza dello stato delle nostre finanze dovrebbe impedirgli di voltare le spalle alla manna provvidenziale che si presenta al nostro Paese. Si possono stimare in un centinaio di anni, ai tassi attuali del consumo annuale francese, le riserve di gas di scisti delle quali disponiamo!»

Greenpeace France risponde «Dobbiamo quindi leggere che questa manna della quale dispone la Francia è una vera chance e deve essere sfruttata, a non importa quale prezzo, quali che siano le conseguenze per chi vive nei dintorni, per l'ambiente e per il futuro!».

La manna che l'Amicale des Foreurs et des Métiers du Pétrole vorrebbe far salire dal sottosuolo alla superficie della Francia,sembra aver sortito l'effetto contrario: la Coordination nationale des collectifs contre la prospection et l'exploitation du gaz et de l'huile de schiste ha indetto per il 15, 16 e 17 aprile tre giornate di mobilitazione in tutti i territori interessati dai permessi di prospezione accordati finora dal ministero dell'ecologia.

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