[12/04/2011] News

Decreto sui reati ambientali nel Codice Penale. Legambiente: «Un’occasione persa, ennesimo nulla di fatto»

LIVORNO. Legambiente analizza il testo specifico dello schema di decreto legislativo con cui il Parlamento ha recepito le direttive 2008/99 e 2009/123, dando seguito all'obbligo imposto dalla Ue di tutelare penalmente l'ambiente, e il giudizio non è affatto tenero.  Il presidente nazionale del Cigno Verde, Vittorio Cogliati Dezza, spiega che «L'Italia, che contrariamente a molti Paesi europei, sconta fenomeni di ecomafia e di criminalità ambientale gravissimi e del tutto sconosciuti altrove, avrebbe dovuto sfruttare l'occasione della Direttiva europea per porre un freno a questa situazione. Ma il recepimento della Direttiva, invece, è ben lontano da questo obiettivo. Se lo spirito europeo era, infatti, quello di assicurare un'adeguata tutela penale dell'ambiente, individuando una lunga serie di reati ambientali da punire con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, il nostro Paese l'ha recepito in modo assolutamente fiacco, elaborando una legislazione penale ambientale solo "di facciata", completamente inefficace e scarsamente deterrente. Con questo schema di decreto i crimini ambientali continueranno, quindi, ad essere puniti solo con sanzioni di tipo contravvenzionale, peraltro di scarsa portata, con tempi di prescrizione bassissimi, l'impossibilità di usare adeguati strumenti investigativi e di chiedere rogatorie internazionali. Caratteristiche, queste, che pongono il nostro Paese palesemente in contrasto con i principi e lo spirito della Direttiva europea».

L'impietosa analisi di Legambiente evidenzia che «Nello schema di decreto i reati ambientali continuano ad essere considerati di serie B dal momento che chi li compie rischia poco o praticamente nulla. Se per un piccolo furto, infatti, in Italia si incorre in un processo per direttissima, nel caso di crimini ambientali la clemenza del legislatore continua ad essere massima. E' per questo che alcuni imprenditori mettono già in "bilancio" l'eventualità di dover pagare qualche spicciolo per essere stati scoperti. E' il caso, ad esempio, del reato di discarica abusiva per cui si prevede solo l'arresto da tre mesi a due anni (misura cautelare praticamente mai applicata) e una risibile "ammenda da duemilaseicento a ventiseimila euro". Così come, chi "cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio", che sostanzialmente, quindi, avvelena l'ambiente, rischierà l'arresto da sei mesi a un anno e l'ammenda da 2.600 a 26.000 euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente. E' chiaro che a chi inquina converrà pagare questa piccola multa, piuttosto che sostenere i costi altissimi, circa 200.000 euro a metro quadrato, per la bonifica del territorio. Stesso discorso per l'immissione in atmosfera di sostanze inquinanti di natura industriale in ambiente che, per una lunga serie di casi, è punibile al massimo con un'ammenda di 1.032 euro o scarico di acque reflue industriali per cui si rischia di pagare al massimo 52.000 euro. Cifre molto modeste che non fungono da deterrente per aziende che fatturano milioni di euro, e che il recente schema di decreto approvato dal governo non ha modificato. La Direttiva 98/2009, inoltre, non prevede nulla per i reati nell'ambito del ciclo del cemento. Così la legislazione italiana, non elaborando niente di specifico, lascia senza un'adeguata tutela il paesaggio e la fragilità geomorfologia e urbanistica dei territori, mentre tutela chi costruisce abusivamente, ex novo o parzialmente, perché non punibile con la reclusione. Per chi realizza cave illegalmente l'ammenda massima rimane infatti di 1.032 euro, mentre per l'abusivismo edilizio l'unico deterrente è costituito dall'eventuale demolizione, evento, peraltro, quanto mai eccezionale».

Nel decreto secondo gli ambientalisti c'è solo un solo un passo positivo di rilievo: «L'introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Queste, finalmente, saranno chiamate a rispondere con il proprio capitale per i reati ambientali. Fino ad oggi tale responsabilità, prevista dal decreto 231/2001 non era prevista per gli illeciti ambientali, è quindi merito dell'Ue se si risolve una palese ingiustizia ai danni dell'ambiente. Altra novità, di piccola portata, è invece la previsione della tutela dell'Habitat già protetto: in concreto, ciò permetterà una migliore applicazione del principio di tutela di aree già vincolate».

Cogliati Dezza conclude che «Lo schema di Decreto approvato dal governo fa  compiere un passo avanti e due indietro verso una riforma che Legambiente definisce di "civiltà". Se infatti riconosce la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche rimane su un piano sanzionatorio blando e non delittuoso, lasciando pene assolutamente inefficaci. Una riforma efficace, dunque, sarebbe quella che prevede l'introduzione nel Codice penale dei delitti contro l'ambiente, condannando con pene reclusive, crescenti in base alla gravità degli illeciti, l'inquinamento ambientale, la frode, il disastro, il delitto di ecomafia. Di tutto ciò non c'è traccia nel nuovo schema di Decreto e nemmeno un barlume di discussione all'interno della compagine governativa, nel mondo politico. Discussione che, invece, avrebbe dovuto coinvolgere, non solo i tecnici e gli esponenti del governo, ma anche gli addetti ai lavori, magistrati, le forze dell'ordine e le associazioni ambientaliste».

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