[11/04/2011] News

Via libera alle ricerche petrolifere alle Tremiti. Legambiente: ĞUna folliağ

Nichi Vendola: ĞAssurdo. No senza se e senza mağ

ROMA. Legambiente è più che arrabbiata per l'approvazione del decreto n. 126 del 29 marzo 2011, del ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, e di quello per i beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, che autorizza la ricerca sismica con la tecnica dell'air gun alla società Petroceltic Italia,  che dà il via libera  alle ricerche petrolifere offshore davanti alle isole Tremiti.

Secondo il presidente de Cigno Verde della Puglia, Francesco Tarantini, «Trivellare al largo delle Isole Tremiti, magnifico patrimonio ambientale è una follia, una scelta incomprensibile che va in controtendenza rispetto a quelle fatte dalla Regione Puglia che negli ultimi cinque anni ha puntato sul turismo di qualità, sull'agroalimentare e in particolare sullo sviluppo e sulla tutela delle aree protette. Senza dimenticare gli incidenti come il disastro ecologico nel Golfo del Messico o lo spiaggiamento, nello scorso dicembre, dei capodogli nel parco nazionale del Gargano Legambiente si opporrà, a fianco degli Enti locali e dei cittadini all'autorizzazione alle ricerche petrolifere nel mare delle isole Tremiti. Il futuro della Puglia è nell'efficienza e nella produzione di energia da fonte rinnovabile e nella promozione di un turismo sostenibile e di qualità. Per andare in questa direzione, però, è necessario mettere un freno a questa nuova corsa all'oro nero, che rischia di ipotecare  il futuro del nostro territorio, spesso anche in zone sensibili e protette. Aree in cui le vocazioni territoriali, culturali, ambientali ed economiche, vanno in senso contrario rispetto all'ipotesi di diventare un distretto petrolifero con tutto quello che comporta in termini di degrado ambientale e rischio per le popolazioni e l'ambiente».

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha detto che «È semplicemente assurdo autorizzare una ricerca di petrolio a poca distanza dalle isole Tremiti e dal quel magnifico patrimonio ambientale che è la riserva marina presente. Trovo singolare che le Regioni Molise e Abruzzo non abbiano avuto la sensibilità, l'attenzione ed il tempo per esprimersi nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale di competenza del ministero dell'ambiente, nonostante le numerosissime opposizioni formali di cittadini ed associazioni dei rispettivi territori, e trovo poco istituzionale il mancato coinvolgimento delle amministrazioni della Regione Puglia nonostante l'oggettivo impatto che tale attività potrebbe avere sull'intera provincia di Foggia e della Bat. Abbiamo già detto il nostro no, convinto, senza se e senza ma (e con atti formali) alle richieste della Petroceltic di cercare il petrolio nei nostri mari perché siamo convinti che tale attività contrasta inevitabilmente con le attività economiche già presenti sul territorio e che trovano, nella tutela e valorizzazione delle risorse naturali, la loro ragione di essere».

Vendola ha ribadito che «L'opposizione della Regione non è ideologica. La Regione ha espresso la propria negatività anche alla realizzazione, nella stessa area, di parchi eolici off-shore, anch'esse considerate in contrasto con la naturale vocazione del territorio. È noto che in quell'area il petrolio sia di scarsa qualità. E allora ci chiediamo perché autorizzare una ricerca sismica, con un mucchio di attenzioni e prescrizioni, avendo in mente, anche solo sullo sfondo, di poter avere, un giorno, trivelle che estraggono petrolio in quell'area? E perché ostinarsi sulla ricerca di fonti tradizionali da collocare, possibilmente, nel Mezzogiorno d'Italia? Ribadisco che noi siamo fermamente contrari a questa ipotesi di attività economica nell'area e la Regione sta già valutando le iniziative da avviare, sul piano giuridico, per fermare questo scellerato tentativo di aggressione del nostro territorio, delle nostre bellezze, della nostra fonte di reddito duraturo e sostenibile».

Gli ambientalisti ricordano che «In Italia sono state estratte 4,5 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 6% dei consumi totali nazionali di greggio. Ma la quantità rischia di aumentare, perché stanno aumentando sempre di più le istanze e i permessi di ricerca di greggio nel mare e sul territorio italiano. Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre le 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello Sviluppo economico, sono ancora recuperabili da mare e terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Infatti, visto che il Paese consuma 80 milioni di tonnellate di petrolio l`anno, le riserve di oro nero made in Italy agli attuali ritmi di consumo consentirebbero all'Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi. Ma estrarre il greggio nostrano sarebbe solo un'ipoteca sul nostro futuro».

Il responsabile aree protette di Legambiente, Antonio Nicoletti, sottolinea: «Ogni anno recuperiamo e salviamo diversi esemplari di tartarughe Caretta Caretta tipiche di queste zone. L'ultima, che vorremmo reinserire a breve proprio alle Isole Tremiti, ha rischiato di morire per aver ingerito catrame. Dobbiamo decidere allora qual è il vero patrimonio di queste terre: i paesaggi naturali, il mare pulito e la sua fauna straordinaria oppure un tipo di sviluppo completamente diverso che mette seriamente a rischio turismo e ambiente».

«Si è dimostrata per l'ennesima volta l'incapacità di raccogliere gli insegnamenti che derivano dai disastri, come quello recente della BP nel Golfo del Messico, per arrivare a fare scelte compatibili con l'ambiente. L'indisponibilità del Governo ad accogliere la lezione dai precedenti ecodisastri è ancora più grave nel caso delle Tremiti se si considera che le trivellazioni verranno condotte ai confini virtuali della riserva marina, quindi con un forte impatto ambientale», ha dichiarato Antonio de Feo, presidente di Wwf Puglia.

«I fondali marini nel Mediterraneo brulicano di vita, specie uniche, endemiche del nostro mare. Non possiamo permettere che prospezioni ‘alla cieca' provochino danni irreversibili alla biodiversità delle acque profonde», ha aggiunto Marco Costantini, responsabile del Programma Mare del Wwf Italia. «Questi ecosistemi marini esistono solo nel nostro mare, sono fragili e vulnerabili ad ogni interferenza con le attività umane, si sono evoluti in una condizione stabile dove la scarsa disponibilità energetica ha condotto alla nascita di ecosistemi particolarmente rari».

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