[05/04/2011] News

Pipistrelli americani e capitali della natura

NAPOLI. Colpita da una malattia di origine non ancora ben chiarita, la sindrome del naso bianco (White-Nose Syndrome, WNS), e disturbata in parte anche dalle pale eoliche, la popolazione di pipistrelli negli Stati Uniti sta velocemente diminuendo. Generando un danno economico per l'agricoltura che Justin G. Boyles, del Dipartimento di Zoologia ed Entomologia della University of Pretoria (Sud Africa) e tre suoi colleghi americani valutano in circa 3 miliardi di euro l'anno. Un'enormità.

Una dimostrazione che l'erosione di un "capitale della natura" - in questo caso del capitale biodiversità (la diminuzione del numero di specie, ma anche della popolazione delle singole specie) - non si rivela solo un danno per l'"economia della natura", ma si rivela spesso un danno per l'"economia dell'uomo".

I motivi alla base di questa valutazione sono contenuti in un articolo che i quattro studiosi hanno pubblicato nei giorni scorsi su Science. La popolazione dei pipistrelli del Nord America è minacciata dalla WNS, una malattia - si è scoperto di recente - causata da un fungo, il Geomyces destructans, che attacca la pelle dei mammiferi volanti mentre se ne stanno appesi, a testa in giù, nelle caverne durante il letargo invernale. A quanto pare l'epidemia è iniziata nel 2006 e, in pochi anni, ha ucciso oltre un milione di pipistrelli. In alcune regioni ha trovato la morte silenziosa il 70% della popolazione invernale dei piccoli mammiferi. Una specie in particolare, quella dei piccoli pipistrelli marrone (Myotis lucifugus), è prossima all'estinzione in varie aree.

Nel medesimo periodo e per motivi ancora più misteriosi, migliaia di pipistrelli vengono falciati dalle pale delle turbine eoliche la cui diffusione negli Stati Uniti è in fase fortemente accelerata. Si calcola che entro il 2020, al previsto ritmo di crescita dell'eolico, le pale uccideranno ogni anno un numero compreso da 33.000 a 110.000 pipistrelli ogni anno, se i mammiferi non impareranno a stare lontani dalle turbine.

I pipistrelli sono voraci cacciatori di insetti notturni: si calcola che la morte di un milione di pipistrelli abbia causato un aumento della popolazione di insetti che in "peso" è compreso tra 660 e 1.320 tonnellate. A loro volta gli insetti sono voraci fagocitatori di piante coltivate. In breve, la scomparsa dei pipistrelli si traduce in un aumento delle pesti nei campi e in una perdita annua per l'agricoltori stimata, per le piantagioni di cotone del Texas, tra i 10 e i 130 euro per acro.

Le stime più prudenziali dei quattro ricercatori indicano una perdita minima di almeno 3 miliardi di euro l'anno per l'intera agricoltura Usa. Ma nello scenario peggiore la perdita potrebbe sfiorare i 40 miliardi di euro l'anno. Un'enormità, appunto.

Il problema sembra locale, confinato (si fa per dire) al Nord America. Ma i quattro ricercatori ne traggono una conseguenza che ha un carattere generale. Finora, di fronte alla crisi demografica dei pipistrelli americani, l'approccio negli usa è stato quello del "wait-and-see", aspetta e guarda cosa succede. È un po' quello che succede nel mondo di fronte ad altre perdite di biodiversità. Questa politica fatta di non politica non paga. Occorre intervenire in maniera attiva per bloccare l'erosione della biodiversità. Anche (ma non solo) perché l'erosione di quel "capitale della natura" si traduce sempre, talvolta in maniera diretta, nell'erosione dei "capitali economici dell'uomo".

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