[31/03/2011] News

Obama, il petrolio, la sicurezza energetica e i finanziamenti della lobby nucleare

LIVORNO. Per cercare di rintuzzare l'assalto dei repubblicani che (insieme ad un bel gruppetto di democratici "moderati") stanno cercando di fare piazza pulita delle nuove norme ambientali dell'Epa e di quel che rimane della politica di riduzione dei gas serra, ma anche per cercare alternative al petrolio del sempre più turbolento Medio Oriente, dove le rivoluzioni democratiche rischiano di spazzar via anche tiranni e monarchi assoluti amici e fornitori degli Usa, ieri il presidente Usa Barack Obama, con un impegnato discorso alla Georgetown University di Washington, ha annunciato che «Gli Stati Uniti avvieranno uno sforzo per ridurre di un terzo in 10 anni la loro dipendenza dalle importazioni di petrolio con l'aumento della produzione interna di energia, aumentando l'uso dei biocarburanti e del gas naturale, e migliorando l'efficienza energetica degli autoveicoli e dei camion costruiti negli Usa.

«Non possiamo andare avanti da uno shock ad una trance sul tema della sicurezza energetica, precipitandoci a proporre di agire quando i prezzi della benzina aumentano, e quindi premendo lo snooze button quando scendono di nuovo. Gli Stati Uniti d'America non possono permettersi di puntare la loro prosperità e sicurezza a lungo termine su una risorsa che finirà per esaurirsi», ha detto Obama. Che poi ha aggiunto di essere consapevole che «Il petrolio importato rimarrà una parte vitale del portafoglio energetico degli Usa per molti anni ancora. Ma invece di importare petrolio da Paesi lontani, gli Stati Uniti possono collaborare con i vicini come Canada, Messico e Brasile, che solo di recente hanno scoperto nuove significative riserve petrolio e con i quali la tecnologia e il know-how possono essere condivisi. E' un obiettivo significativo a lungo termine che richiede due cose: trovare e produrre più petrolio negli Stati Uniti e offshore e ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio con combustibili alternativi puliti e con maggiore efficienza».

Secondo il governo Usa  «Nel 2010, la produzione di petrolio degli Stati Uniti ha raggiunto il suo livello più alto da dopo il record stabilito nel 2003. E per la prima volta in oltre un decennio, il petrolio importato dagli Stati Uniti è sceso a meno della metà del petrolio che consumano». Obama ha confermato che «Gli Stati Uniti incoraggiano attivamente l'esplorazione petrolifera offshore di petrolio che sia sicura e responsabile. E' passato circa un anno dalla marea nera della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, che è stata la più grande fuoriuscita di petrolio nella storia Usa». Nell' energy security fact sheet  pubblicato il 30 marzo dalla Casa Bianca in coincidenza con il discorso di Obama si legge che «Un recente studio condotto dal Dipartimento degli interni Usa ha rilevato che il 57% delle federal land in concessione per l'esplorazione petrolifera ed il 70% delle aree offshore in concessione sono inattive, non esplorate o in sviluppo».

Obama ha sottolineato: «Dato che sono stati imposti nuovi standard per le trivellazioni a seguito della fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon, il governo ha approvato 39 nuove autorizzazioni per la trivellazione in acque poco profonde e 7 permessi in acque profonde. In un anno, il governo ha emanato due permessi di perforazione per ogni nuovo pozzo che l'industria del petrolio ha iniziato a trivellare». Ma Obama ha riconosciuto che «Con solo il 2% delle riserve di petrolio conosciute del  mondo, gli Stati Uniti devono sviluppare al meglio soluzioni a lungo termine per trovare nuovi luoghi per trivellare petrolio».

Il piano di sicurezza energetica di Obama prevede una serie di passi che dovrebbero portare gli Usa ad una maggiore indipendenza energetica: Lo sviluppo di alternative al petrolio importato, compresi i biocarburanti, il gas naturale e la produzione di energia nucleare. Obama ha detto che entro due anni negli Usa verranno realizzati quattro nuovi impianti di advanced biofuel; Aumentare le forniture di gas naturale e sostituzione del petrolio con gas naturale nelle centrali elettriche e negli impianti produttivi; Ridurre il prezzo della benzina alla pompa per auto e camion espandendo gli investimenti per migliorare l'efficienza dei carburanti, aumento dei treni ad alta velocità che collegano le città e maggiore uso dei trasporti pubblici a livello nazionale; Maggiori incentivi per la costruzione di nuove case, aziende e fabbriche con progetti più efficienti per ridurre il consumo energetico, prevedendo anche programmi per il finanziamento della ristrutturazione energetica  di vecchi immobili ed edifici; Ampliare il programma Advanced research project agency-energy (Arpa-E) per progetti che vanno dalla tecnologia smart-grid,  alla cattura del carbonio, alla tecnologia delle batterie per veicoli elettrici.

Michael Brune, il direttore di Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa, ha commentato che «La vera indipendenza energetica inizia in casa nostra e ci sentiamo incoraggiati dall'impegno del presidente a  portare la nostra nazione fuori dalla sua pericolosa dipendenza dal petrolio. Come ha detto il Presidente, con i prezzi del petrolio, il Medio Oriente in agitazione, le preoccupazioni per la sicurezza nazionale e disastri come quello Bp nel Golfo, non possiamo permetterci di premere di nuovo il pulsante snooze della nostra indipendenza energetica».

Proprio ieri, Sierra Club, Center for american progress e League of conservation voters hanno presentato il piano "Cleaner Cars, Less Foreign Oil", chiedendo ad Obama ed al  Congresso di «Fissare obiettivi precisi per porre fine alla morsa delle Big Oil sull'economia Usa». Le tre associazioni spiegano: «Per risparmiare i soldi americani alla pompa di benzina, proponiamo il seguente piano in quattro parti: Ridurre l'uso di petrolio estero del 5% all'anno e della metà entro il 2022; Costruire entro il 2025 automobili da XXI secolo che facciano  60 miglia per gallone e  investire in scelte di trasporto intelligenti come le ferrovie ad alta velocità; Fine della scappatoie fiscali e delle dispense del governo per le Big Oil e  investire un centesimo per ogni dollaro di profitto delle Big Oil nella ricerca puliti e nello  sviluppo di veicoli ultra-clean; Stop agli speculatori che determinano i prezzi del petrolio».

«Ci uniamo al Presidente nel suo appello per l'ingegno e l'innovazione americane e condividiamo la sua visione per una Nazione più sicura più sana e più prospera - dice Brune - Tuttavia, Sierra Club si oppone fermamente al malinteso che il carbone o il nucleare potranno mai essere puliti. Invece di perpetuare la nostra sporca dipendenza energetica, chiediamo al Presidente e al Congresso di adottare azioni significative per portare l'America ad un'economia dell'energia pulita».

Anche se negli Usa non ci sono grandi manifestazioni antinucleari come in Germania o in Italia, la posizione neo-nuclearista di Obama, che si era presentato con un'immagine "verde" e per le energie rinnovabili ed annunciando lo stop al nucleare,  è sempre più criticata dagli ambientalisti, soprattutto dopo che il 12 marzo (il giorno dopo il terremoto/tsunami giapponese) i media Usa hanno rivelato che la Duke Energy, uno dei giganti del nucleare americano, finanzierà con 10 milioni di dollari l'host committee della convention democratica per organizzare i party della convenzione nazionale per la rielezione di Obama nel 2012. Nel 2003 i dipendenti e i dirigenti della Exelon, la più grande utility nucleare Usa, hanno versato contributi per almeno 227 mila dollari per le campagna elettorale di Obama per il Senato e per le primarie per la presidenza. «Il vice presidente della Exelon, Frank Clark, e il direttore John Rogers Jr. sono fra i principali raccoglitori di fondi per Obama -  ha rivelato Bellona web - Un altro donatore di  Obama, John Rowe, presidente della Exelon, è anche presidente del Nuclear energy institute, un  lobbying group dell'industria nucleare, con sede a Washington. Il sostegno di Exelon ad Obama supera di gran lunga il suo sostegno a qualsiasi altro candidato presidenziale».

Big Oil, King Coal e Nuke lobby continuano a condizionare pesantemente la politica Usa e quindi anche Obama, sempre più anatra zoppa energetica, che deve mantenere il più che precario equilibrismo del discorso della Georgetown University e intanto fare i conti sia con i repubblicani sempre più radicalmente eco-scettici che con i suoi esigenti finanziatori elettorali nucleari.

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