[25/03/2011] News

Un tribunale svedese vieta l’alleanza Bp-Rosnef per estrarre il petrolio nel mare di Barents

LIVORNO. Un tribunale arbitrale di Stoccolma ha vietato alla società statale russa Rosneft, la maggiore compagnia petrolifera del Paese, di allearsi con la Bp per esplorare e sfruttare insieme l'area russa della piattaforma continentale del mare di Barents.

Dietro però non c'è la difesa dell'ambiente artico dalle trivellazioni offshore, né la paura che la Bp ripeta il disastro combinato nel Golfo del Messico, ma una faida societaria. Infatti esulta Stan Polovets, dirigente del gruppo Alfa-Access-Renova (Aar), azionista russa della joint-venture russo-britannica Tnk-Bp, «Abbiamo vinto e il tribunale ha vietato l'alleanza ».

A metà febbraio gli azionisti russi della Tnk-Bp avevano protestato contro l'accordo Bp-Rosneft  che secondo Aar «Viola le clausole del patto di azionariato di Tnk-Bp». Secondo l'accordo Rosneft-Bp concluso a gennaio, i rissi di Rosneft sarebbero entrati con il 5% nel capitale della Bp e la multinazionale britannica, a sua volta, avrebbe acquisito il 9,5% di Rosneft, una transazione da circa 8 miliardi di dollari, con investimenti immediati previsti nell'Artico russo da 1,4 a 2 miliardi di dollari. Invece, secondo il patto di azionariato con la Tnk, la Bp deve realizzare tutti i suoi progetti in Russia e in Ucraina attraverso la joint-venture Tnk-Bp.

Ora un tribunale svedese sembra aver messo fine al contenzioso. Il portavoce di Aar Mikail Loskutov, ha detto a Ria Novosti: «Abbiamo ricevuto la decisione del tribunale che ha preso le parti di Aar». Solo a febbraio l'alleanza strategica Rosneft-Bp aveva giudicato impossibile la cooperazione con il consorzio russo-britannico Tnk-Bp nella valorizzazione delle risorse petrolifere della piattaforma continentale artica. In realtà il vicepresidente di Rosneft, Peter O'Brian, aveva stoppato con una dichiarazione in questo senso le aperture dell'amministratore delegato della Bp, Robert Dudley, che aveva dichiarato che la sua multinazionale non si sarebbe opposta (anche perché aveva i piedi in tutte e due le staffe) alla partecipazione della Tnk-Bp ai progetti congiunti Bp-Rosneft.

La sentenza del tribunale svedese è una brutta tegola anche per il vice-premier e ministro dell'energia russo Igor Setchin (che è anche presidente del consiglio di amministrazione di Rosneft) che annunciò le nozze strategiche tra la Bp e Rosneft avvenute il 26 gennaio direttamente al Forum economico mondiale di Davos: «Abbiamo firmato un accordo di partenariato strategico tra Rosneft e Bp».

Il 31 gennaio scorso un comunicato del ministero dello sviluppo economico russo annunciava che Rosneft voleva investire circa 50 milioni di euro entro il 2030 per l'esplorazione scientifica della piattaforma continentale artica.  Il programma prevedeva la creazione di un Centro delle tecnologie artiche, di un Centro di sorveglianza ambientale e di supervisione dei lavori marittimi, in vista della prevenzione degli incidenti. E visto che la Bp di incidenti se ne intende parecchio (molto meno di prevenzione), il ministero russo dava notizia che «Rosneft esplorerà il settore russo della piattaforma continentale del mare di Barents (Artico) con la britannica BP, avendo i due gruppi raggiunto un accordo a metà gennaio sulla prospezione congiunta dei giacimenti di idrocarburi in questa zona».

Prima che spuntasse il giudice di Stoccolma, Rosneft e la Bp pensavano di iniziare ad estrarre insieme petrolio nell'Artico entro il 2020. Il 17 gennaio Robert Dudley, in un'intervista al network satellitare russo Russia Today, aveva spiegato che «Si tratta di un programma su 50 anni di prospezioni di nuovi giacimenti petroliferi che potrebbero essere messi a sfruttamento entro 5  o 10 anni».

Setchin assicurò che «La cooperazione con la Bp si inscrive nella nuova strategia della società russa che cerca di trasformarsi in una holding internazionale. Rosneft e Bp possiedono una lunga storia di relazioni, così come un'esperienza in progetti comuni quali la prospezione dei giacimenti sull'isola di Sakhalin e la cooperazione nell'industria petrolifera in Europa».

Ma se Rosfnet vuole diventare una holding deve sottostare alle regole del mercato internazionale del capitalismo globalizzato e abbandonare il comodo rifugio dell'oligarchia statale energetica russa, come le ha appena bruscamente e dolorosamente ricordato un tribunale svedese.

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