[24/03/2011] News

Ancora sangue in Siria e Yemen

Europarlamento: la chiave per i diritti umani nel Golfo è il petrolio

LIVORNO. Il presidente libanese Walid Jumblatt è arrivato in visita ufficiale a damasco proprio mentre il regime dittatoriale siriano di Bachar al-Assad si trova per la prima volta a fare i conti con l'opposizione, resuscitata dall'esempio delle rivoluzioni dei gelsomini.  Il governo baathista della Siria non sembra però molto incline al dialogo ed ha risposto alle manifestazioni con  una strage per sedare la rivolta di Daraa, nel sud del Paese.

Se la dinastia degli Assad sembra ancora in grado di controllare con il pugno di ferro la situazione, le cose sembrano precipitare più a sud, nella penisola arabica. A cominciare dallo Yemen dove oggi la Guardia repubblicana fedele al presidente Ali Abdallah Saleh si è scontrata con le forze armate che hanno defezionato a Mukalla, capoluogo della province nella provincia di Hadramout, nel sud secessionista del Paese.

La "rivoluzione della gioventù" yemenita sembra sempre più avviarsi verso un epilogo ancora più sanguinoso di quello che ha seminato il suo cammino di vittime. L'opposizione ha respinto una "approvazione scritta" dl presidente Saleh nella quale accettava una precedente offerta di dimissioni entro il 2011 fatta dagli stessi oppositori. Ora i rivoltosi vogliono che il dittatore filo-occidentale se ne vada subito.

L'opposizione dice che la proposta del presidente è arrivata troppo tardi ed ha respinto l'iniziativa di conciliazione in 5 punti. Saleh ha fatto immediatamente sapere che ora accetta anche la conciliazione. Secondo l'agenzia stampa yemenita Saba, «L'iniziativa di conciliazione dell'opposizione comprende la formazione di un governo nazionale, la redazione di una nuova Costituzione, la riscrittura della legge elettorale e la formazione di una Commissione suprema per i referendum e le elezioni». Infatti la Costituzione dovrebbe essere sottoposta a referendum, dopo di che dovrebbero essere indette entro il 2011 nuove elezioni per il parlamento e il presidente. Ma il tempo sembra davvero scaduto: l'opposizione vuole farla finita con il regime di Saleh che dura da 33 anni e per domani ha indetto un «Venerdi di marcia verso il palazzo presidenziale nella capitale Sana'a, con centinaia di migliaia di manifestanti per costringere il presidente Saleh a partire». Le ultime manifestazioni sono finite in un bagno di sangue.

Intanto, mentre continua la guerra in Libia, il Parlamento europeo e la Lega Araba condannano la violenta repressione dei manifestanti nel Bahrein che esprimono le loro legittime aspirazioni a riforme democratiche negate dalla monarchia assoluta sunnita. L'Europarlamento ha approvato a larga maggioranza una risoluzione proposta dal popolare francese  Dominique Baudis  molto preoccupata per quel che succede negli Stati che fanno parte del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc) che con l'Ue hanno forti rapporti commerciali energetici. Il parlamento Ue sottolina «La necessità di garantire il rispetto dei diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare il diritto alla libertà di espressione e di riunione».

Le volontà di democratizzazione delle monarchie assolute del Golfo passa per «La fine immediata  della repressione violenta dei cittadini che manifestano pacificamente da parte delle autorità del Bahreïn e gli eurodeputati sioono molto preoccupati per il sostegno alla repressione dato dalle truppe provenienti dall''Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e dal Kuwaït sotto la bandiera della Gcc. Il Parlamento Ue «Invita gli Stati della regione a riconoscere le aspiraazione dei cittadini e ad inserirsi in un dialogo politico con la società civile emergente per una vera transizione democratica e pacifica».

Difficilmente i petro-monarchi del Golfo lasceranno qualche briciola di democrazia e vengono i brividi se si pensa che l'occidente ha fatto due guerre con la scusa della democrazia per difendere questi ricchi dittatori e le loro cricche dinastiche da Saddam Hussein, viene da piangere a vedere il Kuwait « liberato » dagli invasori irakeni dalle armate democratiche, invadere il Bahrein per impedire che la gente si liberi da un dittatore espressione di una minoranza della popolazione e di una visione integralista dell'Islam.

Il Parlamento europeo è però consapevole che ogni soluzione passa per il petrolio. Infatti «Deplora che l'accordo di libero ascambio, in corso di negoziazione da 20 anni tra l'Ue e la regione non sia ancora stato concluso, mentre la maggior parte del lavoro è stato compiuto, Sostiene che una soluzione definitiva possa essere trovata intorno a questo strumento di mutua prosperità  che potrebbe favorire la stabilità geopolitica. Nel settore dell'energia, il Parlamento stima che delle sinergie tra Gcc, Unione per il Mediterraneoed Unione europea  debbano essere incoraggiate soprattutto nel settore dell'efficienza energetica, della lotta contro il cambiamento climatico, del gas naturale e della sicurezza nucleare».

Sulla situazione nel mondo arabo interviene anche il ministro degli esteri francese Alain Juppé: «Le  autorità dei Paesi del Medio Oriente  e dell'Africa del nord in preda a delle manifestazioni antigovernative devono prestare attenzione alle rivendicazioni dei loro popoli. Penso che questi non siano reprimibili. Col tempo si imporranno dappertutto e spero nel minor tempo possibile. Sarebbe bene che tutti i Paesi si rendessero conto che oggi le aspirazioni popolari devono essere tenute di conto». Juppé  ha espressamente citato la situazione in Bahrein, Yemen e Siria: «Noi condanniamo l'utilizzo della violenza e ci appelliamo al dialogo ovunque, in Bahrein, nello Yemen, in Siria. E' una regione molto difficile, bisogna anche tener conto delle specificità di ogni Paese, dei problemi delle comunità, delle relazioni tra sunniti e sciiti è un elemento fondamentale».

Anche un comunicato congiunto Ue-Russia definisce «Inaccettabile il ricorso alla forza e tutte le altre forme di violenza contro i manifestanti nel Medio Oriente ed in Africa del Nord. Insistiamo sulla cessazione immediata di tali pratiche. Soprattutto,  riproviamo categoricamente l'uso della forza contro i civili in Libia che ha fatto centinaia di vittime».

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