[21/03/2011] News

World water day 2011: la sfida si concentra nelle aree urbane

FIRENZE. Come ogni anno (da quando è stata istituita nel 1992 dalle Nazioni Unite), domani 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell'acqua. Come sempre saranno moltissimi i numeri citati per sintetizzare lo stato della risorsa idrica ma (purtroppo) non molto diversi da quelli riportati negli anni passati. Il tema scelto per il 2011 è "Acqua per le città, rispondere alla sfida urbana".

«La sfida delle acque urbane deve essere riconosciuta per quello che realmente è: una crisi di governance, politiche inadeguate e cattiva gestione, piuttosto che una crisi dovuta alla scarsità della risorsa- ha sottolineato Joan Clos, sottosegretario generale delle Nazioni Unite. Abbiamo bisogno di puntellare la sicurezza idrica contro i problemi dell'inquinamento e del cambiamento climatico. Abbiamo bisogno di idee innovative e buone pratiche da attuare».

L'urbanizzazione è in continua crescita e ormai circa la metà della popolazione a livello mondiale vive nei centri urbani (intorno ai 3,3 miliardi di persone) percentuale che entro due decenni salirà al 60%, con punte del 95% nei Paesi in via di sviluppo: è quindi necessario incrementare gli sforzi per fornire buona acqua a tutti. Quello dell'accesso equo all'acqua rimane una delle maggiori criticità globali anche se si declina in modi diversi nelle varie parti del mondo.

Complessivamente sono circa 900 milioni le persone che non hanno accesso ad acqua potabile sicura (dato Unep) e circa 2,6 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base. Inoltre il 12% della popolazione mondiale consuma l'85% dell'acqua disponibile. Questi dati riguardano principalmente paesi del Sud del mondo ma anche in Italia ancora oggi alcuni milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile, mentre specialmente in alcune aree del paese nel periodo estivo molti cittadini vivono sotto la soglia minima del fabbisogno idrico (50 litri al giorno).

Riduzione dei consumi nelle aree ricche del pianeta con incremento dei ricicli e dei riusi e tutela di tutte le fonti naturali, con prelievi più vicino possibile alle concentrazioni di utilizzo: questa è la strategia sostenibile da mettere in pratica in qualsiasi parte del mondo per evitare, ad esempio, che 1,8 milioni di bambini muoiano ogni anno per malattie connesse alla mancanza d'acqua potabile.

Migliorare le condizioni igienico-sanitarie è l'assunto contenuto nel documento finale dell'ultimo Forum mondiale dell'Acqua tenuto in Turchia nel 2009. Ma se consideriamo che in Italia, uno dei paesi più industrializzati al mondo, solo il 70% dei cittadini italiani è servito da un impianto di depurazione (Rapporto Blue Book 2009 di Utilitatis e Anea) possiamo capire come la strada per centrare l'obiettivo a livello globale sia ancora lunga. Guardando solo in casa nostra, l'acqua all'origine (nelle falde, nei fiumi, nei laghi) non è in buono stato.

In Italia secondo l'annuario Ispra lo stato di qualità buono, è raggiunto solo dal 36% delle acque sotterranee, dal 48% circa dei fiumi dal 44% dei laghi. La conseguenza di avere acqua di qualità degradata nell'ambiente, significa adottare trattamenti più sofisticati per renderla potabile per molti utilizzi e quindi incrementare i costi (aumentano anche le spese energetiche). Secondo alcune stime per rendere funzionale il settore idropotabile e colmare le lacune sono necessari circa 60 miliardi di euro per i prossimi tre decenni.

La cifra può essere plausibile ma è necessario capire come le risorse economiche vengono spese. L'impressione è che l'Italia non si muova in linea con i paesi più avanzati nel settore. Ad esempio la "sustainable sanitation" cioè l'adozione di una serie di accorgimenti per gestire in modo sostenibile le acque e gli scarichi è lasciata solo ad alcune sperimentazioni ed è argomento di tecnici ed esperti. Ma invece è pratica corrente in molti paesi europei specialmente nel nord del continente. Minori consumi, incremento del riuso dell'acqua e dei fertilizzanti sono gli obiettivi che si attuano attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti liquidi possibile anche nelle nostre abitazioni.

E' necessario separare le acque grigie (es lavandini, docce..) che si depurano più velocemente delle acque nere (water) e riutilizzarle per usi non potabili anche all'interno degli edifici. Nelle acque nere vanno recuperati i nutrienti (azoto e fosforo) con ulteriore raccolta differenziata per renderli disponibili per altri settori di utilizzo (agricoltura) o per irrigare aree verdi urbane. I cicli, quelli virtuosi, vanno chiusi per risparmiare risorse primarie e soldi e garantire la sostenibilità ambientale. Invece usiamo litri e litri d'acqua per allontanare i rifiuti e moltissime risorse economiche per abbattere i nutrienti (vedi nitrati) negli impianti tecnologici di depurazione; gli agricoltori poi vanno a comprare i fertilizzanti (urea agricola realizzata con un processo industriale) contenti azoto e fosforo per far crescere le loro colture. Qualcosa evidentemente non torna. E questo è solo un esempio di come non si intervenga con il paradigma della sostenibilità.

Del resto bisognerebbe investire in innovazione e ricerca e scommettere su questo settore anche per il rilancio dell'economia. Invece siamo in piena fase di stallo. Le Autorità di bacino incaricate cioè facenti funzione di Autorità di distretto (altro esempio), bene o male hanno elaborato i Piani di gestione di distretto idrografico (approvati all'inizio del 2010) ed individuato le misure da attuare per raggiungere l'obiettivo di qualità buono al 2015 (2021 o 2027 secondo deroghe o proroghe) per tutte le acque. Ma le Autorità di distretto effettive non sono ancora state nominate ufficialmente, i ritardi nell'attuazione delle misure suddette si accumulano e il dibattito di merito su questi aspetti è palesemente assente.

Il tema complessivo di governo dell'acqua nel nostro paese deve quindi trovare asilo anche nella campagna referendaria che sta per aprirsi: gli italiani sono chiamati ad esprimersi (probabilmente a giugno) sul referendum che riguarda l'acqua e la sua gestione nel settore idropotabile. La consultazione si è resa necessaria dopo l'accelerazione imposta dall'ex ministro Ronchi (Andrea) che con il suo decreto (poi converto in legge) ha spalancate le porte ai privati e alle multinazionali. I cittadini andando a votare e sostenendo il Comitato referendario "2 Sì per l'Acqua Bene Comune" possono aiutare a bloccare una deriva molto pericolosa in un settore peculiare come quello dell'acqua, dove le linee strategiche devono essere dettate da una filiera pubblica ed attuate secondo i parametri della sostenibilità.

Sul piano globale possiamo solo auspicare che il Forum Mondiale dell'acqua di Marsiglia previsto nel marzo 2012 riconosca l'acqua come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo, e si possa attuare quello che è un grande piano pubblico per l'acqua governato dall'Onu che qualcuno ha definito "il protocollo di kyoto" per la risorsa idrica. Se ciò si avverasse sarebbe proprio un anno da fine del mondo.

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