[18/03/2011] News

La no-fly zone in Libia e le ipocrisie arabe di cinesi e occidentali

LIVORNO Il voto con il quale ieri il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha autorizzato gli Stati membri a prendere le misure necessarie a proteggere la popolazione civile della Libia dagli attacchi dell'esercito e dei mercenari di Gheddafi (ciò da quello che è ancora il legittimo governo) e la proclamazione di una no-fly zone apre probabilmente una nuova pagina della possibilità di intervento. Non a caso la risoluzione è passata con 10 voti a favore e 5 pesantissime astensioni: Brasile, India Cina e Russia, (il Bric diventato Brics con l'ingresso del Sudafica, cioè il nocciolo duro delle nuove potenze planetarie) e la Germania, l'economia portante del'Ue.

E' vero che viene escluso un intervento militare diretto ma viene confermato anche l'embargo sulle armi e l'alt a Gheddafi sembra netto, probabilmente anche per fermare i sauditi che stanno facendo più o meno le stesse cose con gli sciiti del Bahrein e che hanno già bombardato quelli dello Yemen.

Il Sudafrica ha votato a favore della risoluzione, ma probabilmente il Brics si sta affidando per una mediazione proprio al presidente sudafricano Jacob Zuma che il 17 marzo aveva detto che sulla questione libica, «Il Sud Africa, insieme agli altri paesi, attraverso l'Unione africana e le Nazioni Unite, sta lavorando per porre fine ai combattimenti. Il governo ha fin dall'inizio considerato la questione come grave e non è stato silente o inattivo. Il Sudafrica non opera nel vuoto sulle questioni internazionali. Opera nell'ambito dell'Unione africana e delle Nazioni Unite. Abbiamo anche invitato il governo e il popolo della Libia a cercare una soluzione rapida e pacifica alla crisi attuale, secondo la volontà del popolo».

La Cina dice di approvare «Un'azione appropriata e necessaria per stabilizzare al più presto la situazione in Libias e fermare gli atti di violenza contro i civili», ma ieri aveva già avvertito l'Onu di avere «serie difficoltà» a sottoscrivere la risoluzione. Il rappresentante cinese all'Onu, Li Baodong, non ha però esercitato (come i russi) il diritto di veto di cui la Cina dispone nel Consiglio di sicurezza dell'Onu e ha detto che «Il continuo aggravarsi della situazione in Libia costituisce una grande preoccupazione per la Cina». Ma non condivide la risoluzione approvata perché «Il Consiglio di sicurezza deve conformarsi alla Carta dell'Onu ed alle norme che reggono la legge internazionale e deve rispettare la sovranità, l'indipendenza, l'unità e l'integrità della Libia e risolvere per via pacifica l'attuale crisi in Libia. La Cina si è sempre opposta all'uso della forza nelle relazioni internazionali (quando non l'ha usata lei, ndr). Nel corso delle consultazioni del Consiglio di sicurezza sulla risoluzione 1973, la Cina e qualche altro Paese membro hanno posto un certo numero di questioni specifiche. Ora, è spiacevole che molte di queste questioni non siano state chiarite o che non abbiano trovato risposta». Ma comunque la Cina «Affida una grande importanza alla decisione presa dai 22 Paesi membri della Lega Araba sulla creazione di una no-fly zone sopra la Libia. Affidiamo anche una grande importanza alla posizione dei Paesi africani e dell'Unione africana».

Li Baodong ha concluso: «Noi sosteniamo l'invio di un rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu in Libia e gli sforzi dell'Unione africana e della Lega Araba per risolvere la crisi in Libia per via pacifica». Peccato che Gheddafi stia bombardando Misurata, abbia chiuso lo spazio aereo e minacci di allearsi con Al Qaeda, dopo averla accusata di istigare la ribellione libica...

E' chiaro che i cinesi guardando alla Libia pensano a casa loro, al loro regime ed alle rivolte in Tibet e nello Xinjiang Uigur e soprattutto ai lucrosi affari con i vari dittatori africani e a quelli con Gheddafi che potrebbero diventare molto più ricchi dopo l'esodo degli occidentali.

Cinesi e russi si fanno forti del doppio binario (visto che loro hanno una monorotaia) adottato dagli occidentali e dall'Onu; fly-zone e intervento in Libia, inorridita tolleranza per quanto accade nella Penisola Araba. Oggi è stato proclamato un nuovo venerdì della collera in Bahrein, Arabia Saudita e Yemen. Nel Bahrain l'opposizione al regime dittatoriale (che non è solo sciita) chiede la deposizione della monarchia sunnita degli Al Khalifa che ha represso le proteste nel sangue con l'aiuto dell'esercito saudita, facendo più di 12 morti e mille feriti.

In Arabia Saudita per la prima volta scendono in piazza migliaia di persone per chiedere alla monarchia integralista filo-occidentale riforme, il rilascio dei prigionieri politici e il ritiro delle truppe dal Bahrein. Nello Yemen, dopo gli scontri sanguinosi che durano da settimane, oggi nella capitale Sana'a la polizia ha sparato sulla folla che manifestava nella centralissima Piazza del cambiamento, uccidendo almeno 30 persone e facendo un centinaio di feriti tra la folla che manifestava per chiedere le dimissioni del presidente filoamericano Ali Abdullah Saleh, al potere da 32 anni.

Mentre Gheddafi annuncia il cessate il fuoco e Nicolas Sarkozy scalda gli aerei dell' Avion militaire français per «Intervenire entro qualche ora», sembrerebbe che gli occidentali, abbiano con le dittature petrolifere le stesse «serie difficoltà» dei cinesi a sanzionare Gheddafi.

Quello che potrebbe accadere, così come lo descrive oggi Le Monde, avrebbe aspetti paradossali. «Per la Gran Bretagna e la Francia, insieme agli Stati Uniti, è quindi essenziale che l'intervento militare non venga percepito come un'azione dell'Occidente in un Paese arabo. Gli Stati arabi sono quindi stati incoraggiati a prendere parte all'offensiva (...) Alcuni Paesi hanno deciso di partecipare direttamente alla messa in opera della no-fly zone ed all'attacco in Libia. E' il caso della Francia, della Gran Bretagna, degli Usa, del Canada, del Belgio e della Norvegia. Da parte dei Paesi arabi, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti dovrebbero ugualmente fornire dei mezzi militari e l'Arabia Saudita potrebbe unirsi a loro».

Così si avrebbero delle dittature che intervengono contro un dittatore e i Sauditi che sparano contro i ribelli democratici del Bahrein e dello Yemen per difendere i dittatori, spareranno contro l'esercito e i mercenari della dittatura libica che vuole fare piazza pulita dei ribelli democratici... Sembra il sequel di un film già visto in Iraq, quasi con gli stessi protagonisti. Un film che non è piaciuto molto agli arabi.

In mezzo come sempre l'Italia che, secondo Le Monde, «Potrebbe non partecipare direttamente agli attacchi ma facilitare l'intervento straniero mettendo a disposizione le sue basi di Trapani Birgi, in Sicilia, e Gioia del Colle, in Puglia», anche se il Consiglio dei ministri di oggi ha detto che il nostro Paese potrebbe mettere a disposizione della coalizione internazionale non solo le basi militari, ma anche mezzi e uomini.

Torna all'archivio