[30/05/2013] News

Un cassonetto dei rifiuti da 6 milioni di tonnellate: quello per i nostri sprechi alimentari

Lotta ad una piaga che vale 12,3 miliardi di euro. Cambiare la normativa per fare qualcosa subito

Il tema di Expo 2015 che si svolgerà a Milano sarà "Nutrire il Pianeta" in tutte le sue declinazioni
possibili: è dunque molto importante che specifiche analisi vengano dedicate anche all'importante
segmento degli sprechi alimentari, che rappresentano una piaga per i paesi sviluppati (compreso il
nostro).  Secondo una ricerca del Politecnico di Milano, in Italia sono 6 milioni di tonnellate, pari ad
un valore di 12,3 miliardi di Euro, le eccedenze alimentari generate per oltre il 55% dalla filiera
agroalimentare, e per il restante nell'ambito del consumo domestico.

Di queste, quasi il
50% è recuperabile per l'alimentazione umana con relativa facilità, ma solo il 6% viene recuperato a
fini solidali. Intanto milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e hanno bisogno di aiuto
anche per mangiare una volta al giorno. La situazione è insostenibile, tanto che è necessario portare
il problema alla piena attenzione della società. E badiamo bene, stiamo parlando solo delle
implicazioni socio-umanitarie, ma ci sarebbero anche quelle ambientali sulle quali non possiamo
sorvolare, perché sprecare cibo significa sprecare acqua, energia, materie prime e produrre molti
rifiuti che poi vanno gestiti.

Grazie all'azione di alcune organizzazioni che in questi ultimi
anni sono nate apposta per combattere gli sprechi alimentari e tutelare le fasce più deboli della
società, l'Italia ha dedicato il 2013 alla lotta allo spreco alimentare. Secondo la fondazione d'impresa
QUI Foundation, attiva nel settore degli aiuti alimentari ai bisognosi, le cifre più difficili da elaborare
riguardano gli sprechi delle piccole attività commerciali alimentari (ristoranti, bar, gastronomie, self-
service, ecc.), che comunque si attestano su una media di 100 kg annuali per singola attività. Per
arginare questo fenomeno la fondazione opera dal 2007 col progetto Pasto Buono, che solo nel 2012
ha recuperato e donato quasi 50 mila pasti.  

È stato calcolato che se tutti i pubblici esercizi
(350 mila in Italia), donassero il buon cibo sano invenduto a fine giornata, con una media di pasti
invenduti al giorno di 22 pasti (fra self-service, gastronomie e bar) si potrebbero recuperare e
donare oltre 7 milioni di pasti al giorno. «Un'iniziativa come Pasto Buono è semplice e attivabile
subito, in tutta Italia - ha dichiarato Gregorio Fogliani di QUI Foundation -  ma per farlo è necessario
prima risolvere il blocco legislativo attuale che favorisce chi il cibo lo ha e non chi è in difficoltà,
costringendo a gettare il cibo per poi vederlo ritirare dai cassonetti da coloro che potrebbero
consumarlo civilmente a tavola».

La severità normativa dal punto di vista igienico (che fa
lievitare anche i costi per i potenziali donatori), di fatto evita che i cibi ancora buoni finiscano nella
filiera del recupero e quindi vengano di fatto buttati nel cassonetto, dal quale sono poi recuperati
dalle persone bisognose ed affamate, con un tenore di salubrità immaginiamo decisamente minore
rispetto all'origine. 

Anche il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Nunzia De
Girolamo nei giorni scorsi ha posto l'accento sul tema della semplificazione del processo di recupero:
«Dobbiamo porci come obiettivo quello di dimezzare gli sprechi ottimizzando il ciclo del recupero
delle eccedenze attraverso una normativa semplificata» e al contempo «lavorare a una norma che
tuteli la salute di chi riceve poi effettivamente gli aiuti».

Auspichiamo quindi che qualcosa a
breve cambi. Nel frattempo ogni giorno  i volontari delle Onlus con cui collabora Pasto Buono, a
Genova, Roma e a breve anche a Milano, Palermo e Firenze, ritirano il cibo sano invenduto per
distribuirlo alle mense per bisognosi facendo sì che gli sprechi vengano trasformati in risorse a
favore di molti. «Rassicura e dà ulteriore conferma quanto espresso dal ministro De Girolamo, che
sottolinea la necessità di affrontare l'argomento con il massimo impegno soprattutto in sede
comunitaria: la sede in cui bisogna battersi per garantire gli aiuti alle persone in difficoltà è proprio
l'Europa», ha concluso Fogliani.

Sappiamo che non esistono "pasti gratis" ma un "Pasto
Buono" deve essere garantito a tutti, costi quel che costi.

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