[24/05/2013] News toscana

L'ambiente, la politica e il paesaggio

Tra le molte e complicate situazioni che il nuovo governo e il nuovo parlamento e con loro le regioni  dovranno affrontare rientra - e non tra le ultime - l'ambiente. E se per altri aspetti si tratterà come già sta accadendo di rimettere mano a vecchie agende bisognose di revisione e aggiornamento nel caso dell'ambiente urge trovargli finalmente un posto che finora non ha avuto  né nei programmi di governo quanto  negli impegni parlamentari al punto  da essere stato del tutto snobbato persino  in campagna elettorale.

Che per qualcuno si debba ripartire con un condono la dice lunga sui tempi che corrono e sui rischi che ancora una volta le cose non cambino. Qui per uscire dal tunnel bisogna sia chiara soprattutto una cosa, e cioè che la crisi sociale con i suoi effetti da macelleria dipende al pari dei disastri ambientali da  una politica economico-finanziaria che si è messa sotto i piedi insieme al diritto al lavoro e alla solidarietà i valori dei beni comuni, della sicurezza, della salute, del paesaggio  e della natura. Due facce insomma della stessa medaglia.

Ne deriva quindi l'estrema necessità e urgenza di una nuova politica economico-sociale, ma anche e non di meno quella di politiche di programmazione e pianificazione del governo del territorio di cui da tempo si sono perse  le tracce.

Per essere più chiari, onde evitare possibili ambiguità ed equivoci (che in qualche misura si avvertono già da tempo), bisogna finalmente imboccare politiche che puntino sulla green economy. Politiche che da sole tuttavia non rispondono alle esigenze complessive di nuove politiche ambientali in grado di fronteggiare adeguatamente e finalmente la gestione dei beni comuni, del suolo, del paesaggio, della natura. Politiche che non possono dipendere in nessun caso esclusivamente  da quelle economiche e che devono  ‘sottostare' costituzionalmente al governo pubblico.

Qui è indispensabile  una riflessione seria sul carattere di queste nuove politiche ambientali, con le quali si devono misurare le istituzioni e la politica ma anche i tanti movimenti i quali  hanno l'indiscutibile merito di non essersi rassegnati a quel che finora ha passato il convento. Essi hanno il merito con le loro denunce, comitati, petizioni di essersi opposti a impianti insicuri o pericolosi, a infrastrutture invasive e molto altro ancora. Ma dall'insieme di queste iniziative locali o anche più ampie innegabilmente legittime spesso non emergono proposte, progetti, ipotesi in grado di configurare per aree vaste, regionali e nazionali quelle nuove politiche di cui ha bisogno oggi il governo del territorio. Vale sul piano nazionale, ma anche regionale. 

Se guardiamo in questo momento alle vicende toscane abbiamo conferma di questa contraddizione, che vede Regione e comuni quasi ai ferri corti sul paesaggio, che si teme possa diventare un impedimento a interventi e operazioni a cui i comuni non possono sottrarsi. Qui si avverte subito quanto la rete istituzionale si sia smagliata in questi anni rispetto anche al passato che aveva visto entrare in gioco con la Regione e i comuni le province, i parchi e le aree protette, le autorità di bacino come interlocutori fondamentali di nuove politiche nazionali. Protagonisti oggi sempre più deboli, scomparsi o quasi, il cui ruolo appare sempre meno incisivo nonostante normative spesso importanti che lo stato ha però spesso smantellato o messo in mora; la legge sul mare, la legge sul suolo, la legge sui parchi e le aree protette e tutte le nuove disposizioni comunitarie.

Qui la politica per le sue responsabilità istituzionali e non solo sul piano nazionale  ha bisogno di riconquistare credibilità, fiducia, consenso. E tanto maggiori sono le responsabilità dei singoli protagonisti tanto maggiore deve essere la loro capacità di farlo, e presto.

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