[23/05/2013] News toscana

Povertà alimentare in aumento, anche in Toscana: un piano di lotta agli sprechi non può aspettare

Allocca: «Basterebbe tassare case sfitte di 10€ al mese per ricavare 50 milioni di euro da destinare ai poveri»

La povertà alimentare sta diventando un fenomeno sociale ad ampio raggio, con numeri che solo 10-15 anni fa erano inimmaginabili. L'Istat ha stimato nel 2011 che 2,8 milioni di famiglie sono in condizioni di povertà relativa, circa 8,2 milioni di individui. La povertà assoluta nel 2011 ha riguardato il 5,2% delle famiglie, 3,4 milioni di residenti, in crescita rispetto al 2010 (4,6%). In Italia circa la metà della spesa sociale (in termini assoluti è il valore più alto fra i Paesi Ue) è assorbita dalla protezione della vecchiaia; risorse residuali sono dedicate al sostegno delle famiglie, alla disoccupazione e al contrasto delle condizioni di povertà ed esclusione sociale.

Riequilibrare i supporti in questa situazione non è facile anche se ciò poi avviene di fatto con le pensioni degli anziani che servono ad aiutare figli e nipoti. La Toscana, che fino a qualche tempo fa era un'isola felice, non si è sottratta alla morsa della crisi iniziata in maniera evidente nel 2007, e che ha messo in evidenza alcune debolezze strutturali della nostra Regione: crisi del manifatturiero, scarsa propensione ad investire in innovazione, contrazione dei consumi.

L'incidenza della povertà relativa tra le famiglie nel 2011 ha toccato il 5,2%, (anche se rimane uno dei valori più bassi a livello nazionale). Dal 2008 al 2011 il reddito reale delle famiglie toscane si è ridotto del 2,6%, varie le cause: perdita di lavoro, sia in termini di posti (-22 mila) che di ore, e distribuzione del lavoro in forme meno redditizie (Cassa Integrazione Guadagni, lavoro part-time, contratti atipici e forme di auto-impiego). Nel quadriennio sono peggiorati tutti gli indicatori occupazionali: disoccupati cresciuti del 29%, e occupati part-time del 6%, tasso di disoccupazione al 10%, in aumento anche il tasso di inattività tra le donne e tra i giovani, il tasso di disoccupazione giovanile (25%) e coloro che non cercano lavoro né studiano (NEET).

Questi i numeri inequivocabili riportati nel Rapporto sull'esclusione sociale in Toscana, realizzato dalla Regione attraverso l'Osservatorio Sociale regionale e la Rete degli osservatori provinciali. L'indagine fornisce un quadro conoscitivo approfondito su servizi e strutture che sul territorio toscano si occupano di contrastare il fenomeno della povertà alimentare, uno degli effetti della crisi che negli ultimi anni sta mettendo in difficoltà un numero sempre maggiore di famiglie, costrette ad affidarsi alla rete di associazioni ed enti che operano in questo settore.

«Siamo di fronte a vere e proprie patologie sociali che colpiscono l'Italia in misura maggiore degli altri Paesi dell'unione Europea, come la "scarsità dell'abbondanza" e l'estremizzazione delle disuguaglianze- ha dichiarato l'assessore regionale al welfare, Salvatore Allocca- E' per questo che dobbiamo essere capaci di costruire un'alleanza per aiutare i poveri, rendendo la povertà incostituzionale e illegale. Oggi il sistema degli enti territoriali toscani assicura circa 250 milioni di aiuto all'anno. Sarebbe sufficiente tassare di 10 euro al mese le case sfitte (ovvero dell'equivalente di un cappuccino e una brioche alla settimana) per ricavare altri 50 milioni di euro da destinare a questo scopo».

L'assessore ha motivato l'inadeguatezza dei servizi sociali italiani in confronto con quelli degli altri Paesi europei (i "successi" contro la povertà in Europa rappresentano il 10% del totale degli interventi, in Italia solo il 4%) con la mancanza di adeguate politiche abitative e di un reddito minimo per tutti. «La Toscana sta meglio di altre regioni italiane - ha aggiunto l'assessore - ma una parte sempre crescente della popolazione sta scivolando nella povertà che oggi colpisce anche famiglie italiane che finora ne erano fuori. Per questo intendiamo anche sviluppare un sistema informativo per incrociare meglio domanda e offerta, diffondere i centri di distribuzione anche nelle città meno popolose e offrire sostegno economico alle numerose associazioni che garantiscono questa rete di protezione sociale».

Del resto le spese legate a voci non strettamente necessarie sono state eliminate da tempo e ora le famiglie guardano al settore alimentare cercando strategie di risparmio (in 6 anni sono più che raddoppiate quelle che vanno all'hard discount, toccando il 20% e più di 2 su 3 hanno modificato quantità e/o qualità dei prodotti acquistati).

Le organizzazioni hanno evidenziato un netto aumento della domanda di assistenza negli ultimi anni. Nello specifico, gli utenti di nazionalità italiana prevalgono relativamente al servizio di mensa sociale (53,2%) e per la distribuzione di pasti a domicilio (61,4%). Più rilevante la quota di stranieri per la distribuzione di pasti a bassa soglia (53,5%). Per quanto attiene le categorie di utenza, famiglie, minori, anziani, pazienti psichiatrici e disabili sono i soggetti principali che ricorrono a quei servizi che, più di altri, si accompagnano ad una presa in carico da parte dei Servizi sociali dei Comuni: buoni spesa e distribuzione di pasti a domicilio. Immigrati ed utenti inquadrabili nell'emarginazione grave (senza dimora, detenuti ed ex detenuti, nomadi, donne vittime di violenza, adulti con grave disagio socio-economico) ricorrono più frequentemente ai servizi di bassa soglia e ai buoni spesa. E' evidente che di fronte a questo quadro è inaccettabile che in Italia si registrino sprechi alimentari che ammontano a circa 150 Kg pro-capite annui.

L'indagine condotta dalla regione ha fornito anche il quadro sulle strutture che si dedicano al contrasto della povertà alimentare.  La Regione Toscana ha annunciato che entro l'estate presenterà una modifica alla legge regionale 32 del 2009 (Interventi per combattere la povertà ed il disagio sociale attraverso la redistribuzione delle eccedenze alimentari). Tra le varie proposte, accrescere e rendere più capillare la rete dei punti di distribuzione degli aiuti alimentari, estenderla anche al vestiario, garantire un aiuto economico alle associazioni che si occupano della somministrazione degli aiuti e chiedere una normativa nazionale per dare incentivi fiscali alle aziende che invece di distruggere gli alimenti in scadenza li mettono gratuitamente a disposizione degli indigenti. 

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