[17/05/2013] News

Comunità europea delle risorse e un'Agenzia Ue per l'occupazione: gli Stati uniti d'Europa ripartano da qui

I tedeschi, come ogni popolo, si rispecchiano nella loro lingua. Potente fino al ruvido, pragmatica fino al ridondante, la lingua tedesca contempla un vocabolo per (quasi) tutto. Ne esiste uno anche per battezzare lo spirito del tempo, ed è il famoso Zeitgeist. Da tempo, lo spirito che aleggia sull'Europa somiglia ad una cappa, e si concretizza nelle pastoie dell'austerità di matrice teutonica, che frenano la ripresa del Vecchio continente anche mentre Usa e Giappone hanno già ripreso la propria corsa. Qualcosa però sembra stia cambiando.

«L'Europa non è una scelta, è un imperativo categorico per sopravvivere nel mondo globale. Prima lo capiamo e agiamo di conseguenza e meglio sarà per tutti. Senza Europa - ma un'Europa vera - non si fermerà il nostro declino». Nell'intervista rilasciata dal leader di Confindustria Giorgio Squinzi al Sole24Ore c'è il sentore di un cambio di umore nello Zeitgeist che sta prendendo piede. Ieri, il presidente francese - il socialista François Hollande - ha celebrato il primo giro di boa del suo mandato (è stato eletto nel maggio dello scorso anno) imprimendo un deciso cambio di passo alla sua politica europea, finora piuttosto tiepida. «Il mio dovere è fare uscire l'Europa dal suo stato di prostrazione e ridurre la disaffezione dei popoli, che non può compromettere il futuro stesso dell'Unione europea». La recessione, ha aggiunto è «dovuta alle politiche di austerità».

Anche in Germania posizioni finora granitiche sul risanamento dei conti a tutti i costi si stanno giocoforza ammorbidendo. «Il modello di sviluppo tedesco è basato sulle esportazioni - osserva laconicamente Squinzi - Se l'economia europea rallenta, si ferma o va indietro, a chi venderà la Germania visto che il 60% del suo export è tuttora diretto verso l'Unione Europea?». Infatti, il Pil della Germania è cresciuto solo dello 0,1% nel primo trimestre 2013.

Un motivo in più per François Hollande per calare adesso l'asso del suo nuovo programma europeo. Si tratta di un progetto che si compone di quattro punti focali: «Instaurare coi paesi della zona euro un governo economico che si riunirà tutti i mesi intorno a un presidente previsto per questo solo incarico. Un'azione europea rivolta alle generazioni future con un piano per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Una comunità europea dell'energia per coordinare gli sforzi in particolare nelle energie rinnovabili. Un'unione politica, cui la Francia è disposta a dare contenuto; la zona euro deve dotarsi di un bilancio comune e essere in grado di prendere soldi in prestito». Il presidente di un popolo storicamente innamorato della propria grandeur accetta così di scendere in campo sul tema degli Stati uniti d'Europa provando a condurre le danze, giocando d'anticipo sui cugini tedeschi.

Il richiamo alla «comunità europea dell'energia», con specifico riferimento all'energia rinnovabile, è particolarmente rilevante. Vincoli ambientali, economici e sociali di questo XXI secolo globalizzato impongono al nostro modello di sviluppo di trasformarsi verso orizzonti sostenibili per vincere davvero la sfida della competitività (nonché della mera sopravvivenza). Non solo dunque è urgente improntare un percorso verso una «comunità europea dell'energia», ma muoversi piuttosto verso una comunità europea delle risorse. Il manifesto per l'utilizzo efficiente delle risorse potrebbe già costituire una base di confronto.

A questo tema si lega strettamente quello di «un'azione europea con un piano per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro». Correre lungo i binari dell'efficienza delle risorse potrebbe infatti garantire la creazione di numerosi posti di lavoro qualificati e ad alto valore aggiunto. Un'Agenzia europea per l'occupazione, calibrata sul modello nazionale offerto dal sociologo Luciano Gallino potrebbe inoltre ricreare in Europa le condizioni per un lavoro minimo assicurato ai cittadini, e volto alla tutela del territorio e dello stesso tessuto sociale; inserire il progetto in ambito europeo ne sottrarrebbe il finanziamento dai vincoli angusti (benché ancora contenenti margini di manovra) nei quali i conti pubblici nazionali sono stati rinchiusi, nonché cementare l'attualmente assai scarsa fiducia dei cittadini verso le istituzioni comunitarie.

D'altronde, quando ancora l'Unione europea era di là da divenire un germoglio - ossia nel 1952 - già esisteva la Ceca, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio nata per ricostruire un Continente sfregiato dalla guerra. Nata proprio col trattato di Parigi, la Ceca era pragmaticamente orientata al governo delle risorse, energetiche e non. Anche adesso l'Europa si trova a dover essere ricostruita, e ricominciare dal terreno delle risorse non sarebbe affatto una cattiva idea.

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