[09/05/2013] News

Bangladesh, dopo la strage degli operai rimane un Paese a rischio terremoti e catastrofi naturali

Le vittime sono ormai più di 700 e i corpi delle operaie tessili vengono ancora estratti dalle macerie della più grande catastrofe industriale del Bangladesh, dove a Dacca il 24 aprile  è crollato un palazzo che ospitava diverse fabbriche. Ora la polizia che ha fatto finta di non vedere un palazzo abusivo di 8 piani dive c'erano fabbriche illegali che producevano per i grandi marchi della moda pronta internazionale, ha arrestato Mohammed Sohel Rana, il proprietario dell'edificio e l'ingegnere che aveva approvato il progetto, ma la protesta dei lavoratori e dei familiari delle vittime sembra aver cambiato qualcosa. Finalmente il governo si sta ponendo il problema di evitare altre immani tragedie del lavoro.

Il giorno della catastrofe l'Asian disaster preparedness centre (Adpc) ha fatto una prima valutazione dei danni dalla quale emerge che «L'edificio, destinato ad ospitare attività commerciali era di fatto utilizzato a fini industriali. Ospitava 5 fabbriche di confezioni che impiegavano almeno 3.000 operai e che avevano installato macchinari pesanti sul pavimento (in particolare 4 enormi generatori elettrici e al secondo e terzo piano), dove il peso era quasi 6 volte superiore a quello che l'edificio poteva sopportare. Dei pilastri di sostegno erano stati eretti in maniera approssimativa. Quanto ai metodi ed ai materiali di costruzione, erano al di sotto della norma». La strage di operai del Rana Plaza è il frutto di un sistema autorizzativo e di controllo delle costruzioni inefficiente e corrotto. Secondo Anisur Rahman, un urbanista dell'ufficio dell'Adpc in Bangladesh, «Decine di migliaia di altri edifici  e milioni di persone si trovano nelle stesse condizioni, corrono lo stesso rischio. Ci sono tutti gli elementi riuniti perché si verifichi una nuova catastrofe».

Abdus Salam, un ingegnere dell'Housing and building research institute (Hbri) ha detto all'agenzia stampa umanitaria dell'Onu Irin che il crollo del Rana Plaza «E' per noi un segnale d'allarme, perché ci sono molte costruzioni, a Dacca e in altre città, dobbiamo quindi trovare a soluzione». Secondo il governo la strage del Rana Plaza  si spiegherebbe con le vibrazioni delle macchine tessili che hanno minato un palazzo che in realtà era un edificio abusivo costruito dove c'era una palude grazie alla corruzione dei funzionari della municipalità.

La legislazione, che risale agli anni '50 quando il Bangladesh era la provincia orientale del Pakistan, affida la pianificazione urbana al ministero della casa e dei lavori pubblici, mentre una legge municipale del 2009 trasferisce questo potere ai governi locali. Inoltre, le 5 municipalità della capitale del Bangladesh, compresa Savar dove è avvenuta la tragedia del Rana Plaza, a 30 km de Dacca, gestiscono direttamente la "pianificazione" urbanistica. «Questo è impossibile da gestire - spiega ad Irin K.Z Hossain Taufique, urbanista e direttore per l'urbanistica della governativa Capital Development Authority - Dagli anni '80, a causa del numero crescente di persone e di imprese nelle città, la responsabilità in materia di urbanistica è stata ripartita tra il ministero della casa ed il ministero del governo locale, creando così un mosaico di organismi autorizzativi e delle carenze inquietanti». 

Il Codice della costruzione del 1993 e le line guida per la costruzione di edifici del 2008 sono raramente o debolmente applicati, a secondo dei casi. Margareta Wahlstrom, repptresentante special del segretario generale dell'Onu per la riduzione dei rischi di catastrofe, ha chiesto la revisione del Codice delle costruzioni del 2012 e non ancora approvato dopo un anno di discussioni «Al fine di proteggere il Paese a forte attività sismica da importanti distruzioni».  Però, Mohammed Abu Sadeque, direttore dell'Hbri, ha detto che «Il problema dell'ultima catastrofe industriale non risiede nel Codice, che va abbastanza bene», Per Bashirul Haq, un architetto di Dacca che fa parte di una commissione governativa che si occupa del Codice delle costruzioni, dice che la colpa è della «Corruzione e la mancanza di integrità a tutti i livelli, dagli architetti agli ingegneri disonesti ai proprietari e ai funzionari dello Stato speculatori, che risparmiano sulle spese per la sicurezza. Dacca non dispone di spazi sufficienti. Gli immobiliaristi scelgono questo mercato solo per i soldi, vogliono far rientrare il più possibile su un dato spazio. Sì, una legge esiste, ma chi è incaricato di farla rispettare?».

Haq chiede un albo professionale degli architetti e degli ingegneri «Al fine di eliminare coloro le cui pratiche sono contestabili e di promuovere il rispetto delle norme. La progettazione deve essere più rigorosa, soprattutto in questo momento. Il Bangladesh è vulnerabile alle catastrofi naturali, ma la costruzione di fabbriche all'interno delle continua a ritmo sostenuto. Attualmente l'approvazione delle costruzioni è approssimativo ed inaffidabile. Mentre le imprese dovrebbero sottoporre piani dettagliati ai responsabili della pianificazione locale, che in seguito dovrebbero essere approvati da un architetto e da un ingegnere, oggi sono richiesti solo degli schizzi e dei disegni preliminari. I governi locali senza dubbio non beneficiano dei servizi di ingegneri o di architetti qualificati per dare la loro approvazione. Nell'insieme, la gestuione delle catastrofi orientata alla costruzione deve essere rafforzata».

In Parlamento sono state presentate degli emendamenti per rivedere il Codice delle costruzioni e Rahman dice che il crollo del Rana Plaza «Ha evidenziato i pericoli  dello sviluppo non pianificato il Dhaka Metropolitan Development Plan, che si sviluppa su 20 anni ed in vigore fino al 2015, la costruzione a Savar doveva beneficiare di un'attenzione particolare a causa delle faglie che attraversano la città e che le conferiscono il titolo di zona sismica "più intensa" del Paese. Questo piano è stato quasi totalmente ignorato e tutti ne sono responsabili a comnciare dal "‘Rajuk"», cioè la  Rajdhani unnayan kartripakkha,come si chiama in bengalese la Capital Development Authority, che però, a causa della legge municipale del 2009 non può intervenire nella pianificazione di Dacca, come conferma Nurul Huda, président della Rajuk ad Irin, «Se dovessi andare al consiglio municipale di Savar e porre delle domande sull'utilizzo del territorio, mi direbbero di occuparmi degli affari miei!. Il mio ufficio esige che il ministero della casa e dei lavori pubblici chiarisca la controversia intorno a queste leggi contraddittorie, in vista di riprendere il controllo della pianificazione della capitale».

L'immane tragedia del Rana Plaza ha forse fatto capire la necessità di rivedere la concentrazione dello sviluppo industriale per evitare di costruire eccessivamente e pericolosamente in alcune aree. Rahman evidenzia che «Esistono delle zone industriali inoccupate per installare le nuove fabbriche come la città di  Khulna nel sud-est, una ex zona industriale dove si produceva juta». E Salam aggiunge: «Definire un organismo regolatore per evitare una tragedia simile: questo è il nostro obiettivo. Circolano delle proposte per , un miglioramento delle conoscenze dei rappresentanti locali in materia di norme edilizie e di controllo della sicurezza, così come in materia di creazione di comitati di distretto di alto livello che mettano insieme architetti, ingegneri, responsabili sanitarie rappresentanti del governo locale e del ministero della casa e dei lavori pubblici». 

Nel frattempo, il servizio di sviluppo urbano del ministero della casa sta cercando di ottenere l'approvazione del governo per redigere la bozza di un Piano nazionale dell'urbanizzazione fino al 2021 che centralizzi di nuovo il potere di pianificazione nelle mani del ministero. 

Dopo la tragedia e la scoperta dell'inferno nel quale lavoravano (e lavorano) gli operai e delle etichette di grandi marche come la Benetton, l'associazione dei produttori e degli esportatori di vestiti del Bangladesh ha chiesto alle fabbriche di Dacca di rendere noti i loro dati strutturali, mentre il ministero del lavoro ha messo in piedi una commissione che indaga sulle fabbriche all'esterno della capitale. Secondo l'Organizzazione del commercio, in Bangladesh nel 2011 c'erano 5.100 fabbriche di vestiti nelle quali lavoravano 3,6 milioni di operai. 

L'Università di ingegneria e tecnologia del Bangladesh è stata incaricata di effettuare valutazioni dei rischi per determinare quali siano gli edifici più vulnerabili di Dacca ed ha già stata terminato la metà di una valutazione sismica realizzata dal programma globale della gestione delle catastrofi del governo che riguarda 400.000 edifici della regione della capitale, dove ci sono circa 1,26 milioni di strutture commerciali e residenziali. 

Ci sono già 5.000 denunce contro i proprietari di edifici pericolosi a Dacca e che, senza un ordinanza del tribunale, le municipalità non possono far sloggiare. Dal 2010, per accorciare i tempi delle sentenze, sono stati istituiti tre tribunali mobili che si dedicano ai procedimenti in ritardo. Rahman però è molto scettico sulle promesse di riforma dell'industria edilizia: «Ho già sentito promesse simili dopo il crollo di un edificio commerciale nel 2005 a Palash Bari, vicino al luogo della catastrofe di Savar, che aveva provocato la morte di circa 70 persone e la scomparsa di decine di persone, dopo l'esplosione che aveva fatto 120 morti in una zona residenziale della capitale a causa di prodotti chimici stoccati male; più recentemente dopo l'incendio di una fabbrica di abiti che aveva causato la morte di almeno 100 persone nel novembre 2012». 

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