[07/05/2013] News

Lo scivolone di Report e della Gabanelli sui parchi

Dispiace dirlo, ma la puntata "Belli da Morire" di Report del 5 maggio non è certo stata un bell'esempio di giornalismo d'inchiesta. Milena Gabanelli questa volta forse si è fidata un po' troppo di giornalisti che, per cercare uno scoop che non c'è, sono andati a spulciare tra le pulsioni antiparco e hanno preso per buone affermazioni che non trovano spesso riscontro nella legislazione vigente sulle Aree protette italiane.

Facciamo solo un esempio: far passare il Parco nazionale delle Cinque terre - che ha permesso il recupero e il mantenimento dei ripidi vigneti finanziando il mantenimento dei terrazzamenti e delle cremagliere per il trasporto dell'uva - per l'Ente che vuole impedire la coltivazione delle viti e quindi colpevole del loro degrado e delle frane, è veramente assurdo. Ma anche gli esempi (peraltro molto "modesti") fatti durante il  servizio sui parchi brillano per superficialità e disinformazione, presentando casi eccezionali, magari in riserve integrali, come la normalità.

Eccezionale invece è la vera e propria cantonata presa dalla Gabanelli che, seguendo lo sproloquio nazionalista di uno degli intervistati, crede che i Parchi nazionali siano sottoposti a regole decise in nord Europa, magari in Norvegia, che non è nemmeno nell'Unione europea. Memorabile l'affermazione finale: «Cioè noi non possiamo potare l'albero a candelabro perché ad Oslo hanno detto le foreste non si toccano e noi ci uniformiamo». Prima c'era stato il libero sfogo ad accuse da bar contro la protezione eccessiva, che è però troppo blanda nel resto dell'Italia.

Purtroppo l'ultima puntata di Report sull'abbandono e gli sfregi delle bellezze del nostro Paese è inciampata proprio nelle aree dove questa protezione e salvaguardia si mette in atto, pur con mille difficoltà e cose che non vanno (e quindi da denunciare), a cominciare dalla paralisi politica degli Enti e delle Comunità dei parchi e dal taglio di finanziamenti, che però la Gabaneli e la sua redazione non hanno voluto o saputo vedere, preferendo il "colore".  Ne è uscito fuori un concentrato di contraddizioni: troppa permissività e degrado fuori dalle aree protette, troppi vincoli dentro le aree protette che non permetterebbero di muovere nemmeno un sasso. Così si parla di "boscaglia informe", e poi ci si lamenta che si metta mano al territorio per realizzare impianti fotovoltaici...  Insomma, qualche minuto di televisione che non è servito certo a migliorare l'economia di una puntata che, in altri momenti, ha saputo mantenere quell'invidiabile precisione che contraddistingue Report, anche se si è notato che lo staff della Gabanelli sembra padroneggiare meglio i temi della politica e dell'economia di quelli dell'ambiente naturale.

Il programma sembra essere tornato indietro agli albori della discussione degli anni '80 pre-approvazione della legge quadro 394/91, e chi ha realizzato il servizio non sembra nemmeno essersi preso la briga di leggere quella legge sui parchi, altrimenti avrebbe saputo che si tratta di una legge (certamente con molti difetti e da manutenere) considerata nel resto nel mondo come un esempio da seguire per Paesi densamente popolati e con territori gestiti e trasformati dall'uomo, esattamente il contrario delle grandi aree selvagge degli Usa e dell'Europa del nord che secondo Report l'Italia avrebbe preso invece come obbligatorio modello.

Come non dar ragione al presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, che su Twitter  scrive: «Ho sempre guardato con molto interesse Report, ma dopo aver visto il passaggio sui parchi di ieri sera le mie certezze cominciano a vacillare. Report se anche gli altri servizi riferiti a cose che non conosco avessero stessa approssimazione e faziosità sarebbe da non guardarlo più».

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