[19/04/2013] News

Il cambiamento climatico ha più impatto sulla vegetazione delle attività antropiche

Diminuisce la copertura vegetale a sud dell’equatore ed aumenta nell'emisfero nord

Negli ultimi 30 anni in tutto il mondo la vegetazione è cambiata in modo significativo e fino ad ora non era chiaro se di queste mutazioni fosse più responsabile il cambiamento climatico o le attività antropiche. Due recenti studi di un gruppo interdisciplinare dell'università di Zurigo, guidato dai geografi Rogier de Jong e Michael Schaepman e dal matematico Reinhard Furrer, e dei loro colleghi olandesi dell'università di Wageningen, rivelano che oltre la metà di questi cambiamenti sono causati dal clima, mentre le attività umane o le interazioni uomo-clima causano più di un terzo delle modifiche della vegetazione, circa il 10% non può essere spiegato appieno sia dal clima sia dall'attività umana.

Il team dell'università di Zurigo spiega che «Il clima governa l'attività stagionale della vegetazione; il genere umano la influenza. Alle medie latitudini umide, la temperatura è il più grande fattore che influenza la crescita delle piante. Tuttavia, nelle aree prevalentemente secche a farlo è la disponibilità di acqua ed alle latitudini elevate è la radiazione solare incidente. Senza dubbio, anche l'umanità ha un impatto di modificazione dell'ecosistema. I satelliti stanno registrato come la vegetazione sulla superficie della Terra stia cambiando dagli anni '80. Per esempio, negli ultimi 30 anni l'attività vegetativa è aumentata nell'emisfero settentrionale, ma è in declino nel sud del mondo. Fino a poco tempo fa, non era possibile quantificare la misura in cui la variabilità climatica, l'attività umana o una combinazione dei due fattori siano responsabili di tutto questo».

I ricercatori svizzeri ed olandesi, aiutati dai colleghi austriaci dell'università di Innsbruck,  hanno sviluppato un modello che può illustrare separatamente le influenze delle attività antropiche e della variabilità del clima sulla vegetazione. Per far questo hanno utilizzato i dati satellitari sul declino e l'aumento della vegetazione degli ultimi 30 anni, le misurazioni ed i modelli climatici ed i dati sul tipo di copertura del suolo. Alla fine è venuto fuori che «Circa il 54% delle variazioni dell'attività vegetazionale globale può essere attribuito alla variabilità del clima».

I due studi, "Spatial relationship between climatologies and changes in global vegetation activity" pubblicato su Global Change Biology, e  "Shifts in Global Vegetation Activity Trends" comparso su Remote Sensing, arrivano quindi ad un sorprendente e forse inaspettato sviluppo: mentre la vegetazione è diminuita a sud dell'equatore, è aumentata nell'emisfero settentrionale, ma ovunque gli esseri umani influenzano la vegetazione e ne sono influenzati, in una miriade di modi, alcuni dei quali ci sono sconosciuti.

Ci sono prove che l'arido deserto del Sahara, in epoche poi non così lontane, fosse abbastanza umido da ospitare una vegetazione lussureggiante, tanto da essere noto come il granaio del Nord Africa. Un processo inverso è in corso in Groenlandia, dove il rapido riscaldamento dell'Artico  sta facendo diventare verdi alcune aree che si sono liberate dai ghiacci.

De Jong, che lavora ai Remote sensing laboratories dell'università di Zurigo, sottolinea però che «La maggior parte dei cambiamenti, oltre il 30% complessivamente, sono stati causati dalle attività umane. L'attività vegetazione è prevalentemente in declino a sud della regione del Sahel, come ad esempio in Tanzania, Zimbabwe e in Congo. Partiamo dal presupposto che questo sia stato causato dal taglio a raso, dalla trasformazione della foresta in piantagioni o dai cambiamenti nell'agricoltura in generale». Schaepman, che è a capo del team di ricerca, aggiunge: «Circa il 10% non può essere spiegato interamente dalla climatologia o dall'attività antropica. Sospettiamo che questo sia dovuto ad effetti inspiegabili delle interazioni tra gli esseri umani e il clima». Schaepman e il suo team continueranno a lavorare per cercare di trovare una spiegazione nell'ambito di un programma prioritario di ricerca, "cambiamento globale e biodiversità", appena creato dall'università di Zurigo.

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