[17/04/2013] News toscana

La moria dei delfini non si placa: il ministero dell’Ambiente fa il punto sulle ricerche

Morbillo, infezioni batteriche, carenza di cibo e competizione alimentare. Tra questo variegato ventaglio di ipotesi non è ancora stata individuata la causa della moria di stenelle che si sta verificando da inizio anno nel Mar Mediterraneo: per il momento la versione più accreditata - riporta una nota ufficiale del ministero dell'Ambiente - è che la responsabilità sia da attribuire un po' a tutti i fattori citati, anche se resta da stabilire il peso specifico di ognuno.

Di fatto, quel che è certo è il superamento di quota 100 esemplari di delfini della specie stenella striata (stenella coeruleoalba) morti da inizio anno. Per la precisione 101, con la più recente segnalazione comunicata dalla Bds (Banca dati spiaggiamenti) che risale all'8 aprile a Cetraro Porto (Cosenza) anche se le regioni più colpite restano comunque il Lazio e la Toscana, rispettivamente con 31 e 29 carcasse recuperate.

Altra cosa certa è che l'evento è comunque fuori dalla norma, come precisa l'ultimo rapporto sugli spiaggiamenti registrati dalla Bds (Banca dati spiaggiamenti) realizzato dal professor  Gianni Pavan in collaborazione con Elisabetta Bernuzzi e Michela Podestà: «Appare molto superiore alle medie mensili registrate negli anni precedenti e in particolare la specie stenella (Stenella coeruleoalba) mostra un incremento di circa 8 volte rispetto alle medie degli ultimi 10 e 20 anni».

Al momento tra i principali indiziati per la strage di cetacei c'è il morbillo (morbillivirus delphini), rintracciato in circa il 35% delle carcasse finora analizzate ed il batterio photobacterium damselae. I ricercatori però ora sembrano concentrare le loro attenzioni sul fatto che tutte le stenelle ritrovate presentano un quadro immunitario fortemente compromesso.

Inoltre, la popolazione di stenelle presenti nelle nostre acque è notevolmente aumentata nel corso degli ultimi anni, invadendo habitat un tempo occupati dal delfino comune (delphinus delphis, scomparso dalle acque italiane nel corso degli ultimi 10 anni e migrato in aree estreme come il mar Egeo e le acque adiacenti lo stretto di Gibilterra).

È dunque possibile- hanno spiegato i ricercatori- che l'aumento demografico abbia esposto le stenelle a habitat costieri con acque meno salubri rispetto al mare aperto. Infine in quasi tutti gli animali analizzati non sono state trovate tracce di cibo nello stomaco. Le stenelle si cibano prevalentemente di piccole prede come naselli, seppie, calamari, sgombri e sogliole, tutte specie soggette a attività di pesca intensiva. La moria potrebbe derivare da un indebolimento degli animali per la scarsità di cibo che potrebbe renderli facilmente esposti a malattie e parassiti.

Mettendo insieme tutti questi elementi, la Rete nazionale spiaggiamenti mammiferi marini di cui fanno parte tra gli altri, gli Istituti zooprofilattici sperimentali (Izs), coordinati dall'Izs di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, la Banca dati spiaggiamenti (Bds) dell'Università di Pavia, il Cetaceans stranding emergency response team (Cert) e le Università di Padova, Siena e Teramo, afferma che non si tratterebbe più di una sola causa scatenante, ma di una serie di concause: la somma di un aumento della popolazione di stenelle; scarsità di cibo a causa della pesca intensiva; il poco cibo disponibile è più inquinato a causa dell'invasione di habitat costieri.

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