[10/04/2013] News

Gas, quanto mi costi. Ma è necessario ridurre i sussidi alle energie fossili: ecco perché

Pubblicato il nuovo rapporto della Cassa depositi e prestiti

«Nel periodo 2013-2035 il 50% circa della crescita della produzione mondiale di gas sarà riconducibile a risorse non convenzionali, provenienti in misura prevalente da Cina, Stati Uniti e Australia». È la primavera dello shale gas che sta sbocciando, quella descritta nello studio di settore della Cassa depositi e prestiti dedicato al gas: uno sviluppo che, preannuncia, arriverà presto a toccare anche il futuro dell'Italia. La fatturazione idraulica (e tutte le problematiche ambientali che si porta dietro) rimane fortunatamente un'ipotesi lontana per il nostro Paese, ma secondo la Cdp lo sviluppo del gas non convenzionale potrebbe ugualmente incidere in profondità nello sviluppo energetico italiano.

L'analisi della Cdp (società per azioni a controllo pubblico, che gestisce il risparmio postale) non si allontana molto da quella tracciata nella Strategia energetica nazionale, approvata dall'uscente governo Monti con un intervento definito dalle associazioni ambientaliste come un «colpo di mano della politica fossile», ma è utile ripercorrerne le tappe essenziali.

«Il fabbisogno energetico italiano complessivo - si legge nel rapporto - ha raggiunto nel 2011 i 183,9 mln/TEP, evidenziando una contrazione del 2,1% rispetto all'anno precedente (187,8 mln/TEP)», proseguendo una graduale riduzione dei consumi che prosegue dal 2006, a causa della crisi ma anche delle iniziative di mitigazione nell'emissione di CO2. Scendendo in dettaglio, nel biennio 2010-2011 il petrolio ha registrato un calo del 3,5% e il gas del 6,3%, più che compensato dall'incremento della quota di energie rinnovabili (+6,6%): in particolare, il fotovoltaico ha registrato l'incredibile «crescita del 463%». Nonostante la generale «flessione dei consumi di energia (-2,1%)» nel 2011 l'incidenza della fattura energetica sul Pil, è salita dal 3,7% del 2010 al 4,4%: il saldo fra l'esborso per le importazioni e gli introiti derivanti dalle esportazioni, infatti, «ha subito un incremento del 18,4%, passando dagli € 52,96 mld agli € 62,73 mld»

Date queste premesse, per le utenze domestiche in Italia il gas nel 2012 è costato ancora il 20% in più rispetto alla media Ue (vedi grafico per la composizione del prezzo finale). L'Italia importa dall'estero il 90% del gas di cui ha bisogno: è il Paese europeo che evidenza il maggior ricorso a questa fonte energetica, coprendo il 35% dei consumi primari. Per il futuro, «il governo delinea come "utili e necessari" un solo nuovo grande gasdotto importazione più un unico nuovo rigassificatore. Cassa depositi - sintetizza Federico Rendina sul Sole24Ore - alza l'asticella. Guai a temere una sovrabbondanza di infrastrutture, rigassificatori in testa. Ben vengano. Perché il continente europeo, non appena doppiato il problematico passaggio della crisi in corso, riprenderà a chiedere gas a tutta mandata».

La stessa Cdp afferma che «Snam, Ministero dello Sviluppo Economico e IEA sono sostanzialmente concordi nel ritenere che i consumi di gas naturale in Italia», da qui al 2030, avranno un incremento medio annuo del solo 1%, passando comunque dagli attuali 75 mld/mc agli 80 ai 90 nel 2030. Siamo sicuri di essere sulla strada giusta?

Connie Hedegaard, commissario Ue responsabile per l'Azione per il clima, in un intervento su Project Syndicate ricorda che «secondo l'IEA, le sovvenzioni ai combustibili fossili sono aumentato di quasi il 30%, a 523 miliardi di dollari nel 2011. Nel frattempo, il Programma Ambiente delle Nazioni Unite riferisce che gli investimenti globali in energia rinnovabile sono stati pari soltanto a 257 miliardi dollari nello stesso anno. Il supporto all'efficienza energetica e le fonti energetiche rinnovabili è in ritardo, mentre i governi di tutto il mondo spendono centinaia di miliardi di dollari di sovvenzioni per una catastrofe incipiente. Questo deve cambiare».

In Italia non è diverso. Come ricorda un recente studio di Legambiente, tra aiuti diretti e indiretti nel 2011 i sussidi alle energie fossili sono arrivati a quota 9 miliardi di euro. Esattamente la direzione contraria da quella indicata dal commissario Ue all'Ambiente Janez Potočnik, che durante la sua visita in Italia ha ricordato come dovremmo invece «rimuovere tutti gli incentivi che danneggiano l'ambiente». Senza nulla togliere all'importanza del gas in questa fase di transizione energetica, decidere di sviluppare la nostra politica energetica seguendo l'andamento di una tecnologia impattante (e, secondo alcuni, nient'affatto così promettente) come il fracking non appare saggio per favorire uno sviluppo economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile. Vogliamo dunque puntare sul gas? Benissimo, ma il quadro degli incentivi pubblici va ridisegnato al più presto. Probabilmente, dopo avremo un'idea più chiara su come muoverci.

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