[08/04/2013] News

Tutela della biodiversità, tra orsi e volpi: così l'uomo utilizza due pesi e due misure per la natura

Recentemente sono successi due fatti che mi hanno indotto ad alcuni riflessioni sulla conservazione e gestione della fauna selvatica in Italia. La Provincia di Siena è stata al centro di una polemica per gli interventi di abbattimento delle volpi negli istituti faunistici. Media e vari soggetti si sono scagliati contro la "caccia alla volpe", ottenendo il risultato di far fare marcia indietro alla provincia di Siena (così scrivono i giornali). In questo contesto c'è stato anche il cosiddetto "fuoco amico" (termine molto in voga in questo periodo) rappresentato da una nota inviata da 12 senatori del PD al presidente della provincia Bezzini dello stesso partito, invitandolo a non reiterare provvedimenti di controllo sulla volpe.

Sempre sulla stampa, in modo molto meno evidente, negli ultimi periodi sono apparse notizie allarmanti sulla situazione dell'orso marsicano, anche per il ritrovamento di un individuo morto. Infine, e questa è notizia recente, le Province autonome di Trento e Bolzano, la Regione Lombardia, la Regione Veneto e la regione autonoma Friuli Venezia Giulia hanno richiesto l'aggiornamento del "Piano d'azione per la conservazione dell'Orso bruno nelle alpi Centro-orientali" inviando una nota al ministro dell'Ambiente Clini. Il cuore della richiesta di aggiornamento è rappresentato dal fatto che ci sono soggetti "problematici", che producono danni ad attività umane o possono essere pericolosi e per i quali si chiede un autonomia operativa, seppure sulla base di criteri predeterminati da Ispra e dal ministero dell'Ambiente. In buona sostanza si chiede maggiore operatività per rimuovere  alcuni orsi dal territorio, cosa per altro già successa nel recente passato, con  pareri negativi del ministero dell'Ambiente e relativi contenziosi. A supporto di questa tesi si scrive che la popolazione di orsi delle alpi centro-orientali è cresciuta negli ultimi anni ed ha ormai superato quella soglia della "popolazione minima vitale" fissata dallo studio di fattibilità in 50 individui.

Ma c'è una differenza di valore conservazionistico tra volpi e orsi in Italia? Dal punto di vista normativo è abissale: ai sensi della legge nazionale 157/92 la volpe è una delle 57 specie cacciabili, l'orso invece è inserito non solo tra le specie non cacciabili, ma tra quelle particolarmente protette anche sul piano sanzionatorio. L'orso è inserito dalla direttiva UE 52/92 (habitat) nell'allegato II tra le "specie animali d'interesse comunitario che richiedono la costituzione di zone speciali di conservazione" (oltretutto come specie prioritaria) e nell'allegato IV tra le "specie d'interesse comunitario che richiedono  una protezione rigorosa. La volpe nella direttiva non è citata nemmeno nell'allegato V dove sono elencate le "specie d'interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione".

Dal punto di vista della consistenza numerica è difficile dire quale può essere quella delle volpi in Italia, visto che, come affermano Luigi Boitani e Paolo Ciucci nella fauna d'Italia (mammalia III) "....il suo areale di distribuzione appare oggi pressoché continuo in tutto il territorio nazionale...e si può osservare anche nelle ville al centro di Roma...". Aggiungono poi che "...anche se sono state rilevate densità massime di volpe di 5-8 per Km2....in Italia le densità medie più probabili sono state valutate nell'ordine di 1-2,5 per Km2". Considerando che la superficie dell'Italia è di 301.000 Km2, anche al netto delle zone fortemente urbanizzate, stiamo verosimilmente parlando di alcune centinaia di migliaia di individui presenti sul territorio nazionale e quindi, come confermano le normative italiane ed europee la volpe è una specie che non ha particolari problemi di conservazione.

L'orso marsicano invece è stimato in una cinquantina di individui (forse meno) presenti essenzialmente nel Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise, tenacemente difesi dal Parco sin dalla sua istituzione del 1922, con pochi mezzi e nell'indifferenza generale, se non nell'ostilità di altri soggetti. Senza entrare in termini tecnici sul rango di sottospecie o meno, basti dire che se l'orso marsicano si estingue nell'appennino centrale, non esisterà più nel mondo e si aggiungerà purtroppo alla lunga serie di estinzioni degli ultimi due secoli determinate dall'uomo.

In Trentino l'orso era praticamente estinto alla fine degli anni '90 (sopravvivevano 2 o 3 individui non più riproduttivi) dopo che la persecuzione dell'uomo, intensificata sin dal Medioevo, lo aveva cancellato da tutta l'Europa occidentale. Con un lodevole progetto promosso dal Parco dell'Adamello Brenta, si è provveduto alla traslocazione di orsi dalla vicina Slovenia. Con tale progetto, oltre che essere finanziato dalla Unione Europea ha avuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, gli orsi introdotti hanno incominciato a riprodursi, ad aumentare e, come è nella loro natura, ad estendersi. Quando sono usciti dal nostro paese hanno fatto uno brutta fine: uno è stato abbattuto in Germania nel 2006 e uno in Svizzera lo scorso anno.

Ovviamente, come era prevedibile, sono presto aumentate le  interazioni con le attività umane con aggressioni ed uccisioni di animali domestici. È questo che ha spinto le regioni e le province autonome ad azioni tese alla rimozione dei cosiddetti "individui problematici" cioè quelli più inclini a comportamenti del genere. Su questo punto vorrei fare la mia prima considerazione: il danno che può fare l'orso in Italia alle attività agricole e zootecniche in termini economici quanto è rispetto a quello che fa il cinghiale? 1/10.000? 1/ 100.000? 1/1.000.000? 1/10.000.000? Ecco, secondo me siamo inferiori anche all'ultima cifra. I danni fatti dai cinghiali, specie di nessun interesse conservazionistico, vengono indennizzati: non si può (deve) fare lo stesso anche per una specie dell'importanza dell'orso? Anzi, bisognerebbe seriamente stanziare risorse per favorire la convivenza tra questa specie e le attività umane.

Oggi gli orsi nell'arco alpino italiano non hanno ancora raggiunto, come affermano anche le regioni interessate, una soglia che scongiuri il pericolo di una nuova estinzione, per cui anche un singolo individuo è prezioso. Ecco perché quando, qualche anno fa la provincia di Trento ha ottenuto l'autorizzazione alla rimozione di un individuo problematico, il ministero dell'Ambiente con il parere dell'Ispra ha dato l'indicazione di sostituirlo con un altro, proveniente sempre dalla Slovenia. Peccato che la Provincia di Trento abbia rimosso l'orso ma ancora non l'ha sostituito. È giusto che gli enti locali e le regioni rivendichino un ruolo da protagonisti nella gestione dell'orso nelle Alpi, ma lo Stato deve essere presente con azioni, supporto tecnico e risorse.

La considerazione finale che volevo fare è questa: perché c'è stato un interesse straordinario di media, associazioni e politica per la volpe di Siena e praticamente niente per gli orsi marsicani e trentini? Voglio sperare che sia dipendente solo dalla non conoscenza dello stato di conservazione delle due specie, in tal caso forse questo mio articolo, se letto, a qualcosa potrà servire.

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