[04/04/2013] News

Putin riparte alla conquista dell'Artico: via libera al gasdotto Yamal-Europe-2

Rosneft punta sul Gnl per il mercato asiatico insieme a ExxonMobil

Il presidente russo Vladimir Putin ha dato l'incarico al gigante energetico statale Gazprom di riprendere il progetto del gasdottoo Yamal-Europe-2 per «Rafforzare l'affidabilità degli approvvigionamenti di gas in Polonia, Slovacchia e Ungheria», come recita un comunicato nel Cremlino.

Putin, durante un incontro con il capo di Gazprom Alexei Miller gli ha detto che  «A causa di Nord Stream e di South Stream, abbiamo praticamente rinunciato al progetto del gasdotto Yamal-Europe-2. Per quanto riguarda South Stream, abbiamo già avviato i lavori e vi chiederei di riprendere il progetto Yamal-Europe-2»

Il Yamal-Europe-2  partirà dal territorio dove vivono le tribù di pastori di renne dei yamalo-nenets e collegherà con i suoi 4.196 Km i giacimenti di gas della Siberia occidentale all'Unione europea, passando dalla Bielorussia e dalla Polonia. Si tratta di un nuovo itinerario che aggira ancora una volta l'Ucraina «Per evitare ogni interruzione degli approvvigionamenti per i clienti che dipendono dal gas naturale russo», come scrive Ria Novosti.

Intanto la Russia guarda anche all'oriente e all'America: l'holding pubblica Russa Rosneft e la multinazionale statunitense ExxonMobil stanno studiando la possibilità di realizzare insieme un impianto di gas naturale liquefatto (Gnl) in Alaska nel quadro del progetto Point Thomson.

L'amministratore delegato di Rosneft, Igor Setchin, ha spiegato che «Il progetto Point Thomson prevede la produzione di gas in Alaska. I giacimenti della regione potrebbero alimentare un impianto Gnl la cui costruzione è ugualmente prevista. Questa impresa punterà al mercato della regione Asia-Pacifico. Rosneft ha completato il suo ingresso nel progetto Point Thomson e per questa ragione tutti i suoi accordi sono vincolanti. Penso che entro il 2018 il consumo di Gnl nell'Asia Pacifico aumenterà del 90%, il che costituirà praticamente il doppio del consumo attuale. La nostra partecipazione al progetto Point Thomson ci permetterà di reagire a questa domanda crescente».

Rosneft punta ad ottenere il 25% delle azioni del progetto Gnl di ExxonMobil in base ad un accordo regolamentare firmato già a febbraio. Secondo le stime di ExxonMobil, nel campo gasiero di Point Thomson ci sarebbero il 25% delle riserve conosciute del nord dell'Alaska.

Insieme a questo accordo le due compagnie hanno firmato un protocollo d'intesa per vsalutare la praticabilità economica di un progetto per costruire un impianto Gnl nell'Estremo Oriente russo che potrebbe essere impiantato nell'isola di Sakhalin. Come si vede tutti ambienti molto delicati e che vedono una forte opposizione degli ambientalisti contro le trivellazioni petrolifere e gasiere.

Nonostante tutto questo attivismo, secondo il patron del gruppo Renova, il miliardario russo  Viktor Vekselberg, ha detto in un'intervista alla televisione Rossiya 24 che «La Russia offre attualmente poche opportunità di investimento nel settore energetico tradizionale. Attualmente, il livello di consolidamento nel settore petrolifero e gasiero in Russia  è molto elevato. Il ruolo e l'influenza dello Stato sono considerevoli. Così le possibilità di investimento sono molto limitate. Essendo la piattaforma continentale dell'Artico ancora chiusa alle imprese private, non vedo molte opportunità in questo campo».

Un attacco nemmeno tanto velato all'oligarchia statale-energetica putiniana che tiene ben saldo nelle sue mani il controllo del rubinetto delle risorse e dei rubli che ne sgorgano.

Comunque Vekselberg ha detto che gli investimenti nel settore energetico straniero per lui non sono un fine: «Penso che dobbiamo investire con prudenza all'estero, perché gli investimenti di questo genere non costituiscono le nostre priorità strategiche, ma siamo uomini d'affari e se si presenta un'occasione interessante perché non coglierla?»

Il 21 marzo Rosneft ha acquistato il 100% delle azioni della  Tnk-Bp che riuniva a multinazionale britannica Bp ed il consorzio russo Aar, costituito da Alfa-group, Access Industries e Renova,  che si è così messo in tasca 27,7 miliardi di dollari per il 50% delle quote della Tnk-Bp che deteneva.  La Renova di Vekselberg  aveva il 12,5% delle azoni e quindi il ricco ma scontento magnate degli idrocarburi si è ritrovato con 7 miliardi di dollari in più. Il giorno dopo ha annunciato di non voler più investire nella produzione di petrolio in Russia, ma non ha escluso la possibilità di partecipare a progetti energetici all'estero.

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