[03/04/2013] News

Confisca antimafia record da 1,3 miliardi di euro a Vito Nicastri, il "re dell'eolico" del sud

Legambiente: «Fuori la criminalità organizzata dal settore delle energie pulite»

La sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani ha disposto in primo grado la confisca del  patrimonio di Vito Nicastri (nella foto), considerato il "re dell'eolico" dell'Italia meridionale.  Il Tribunale di Trapani ha disposto «La confisca della totalità delle quote sociali e dei beni aziendali delle società, nonché dei beni mobili, immobili e delle disponibilità bancarie riconducibili al Nicastri ed al suo nucleo familiare, di seguito indicate: a) 43 tra società e partecipazioni societarie; b) 98 beni immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni); c) 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni); d) 66 disponibilità finanziarie (rapporti di conto corrente, polizze ramo vita, depositi titoli, carte di credito, carte prepagate e fondi di investimento). Il valore complessivo dei beni confiscati  ammonta a oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro», la più cospicua misura di confisca antimafia mai effettuata prima d'ora.

Secondo Legambiente, «Il provvedimento, che fa seguito al sequestro effettuato nel 2010, conferma la bontà delle indagini svolte dalla Direzione investigativa antimafia in un settore per molti aspetti strategico  per il nostro paese come quello delle energie rinnovabili».

In un comunicato stampa  la Direzione investigativa antimafia spiega di aver «ultimato l'esecuzione del provvedimento di confisca di beni, emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Trapani-Sezione Misure di Prevenzione (Presidente dott. Piero Grillo) che ha riguardato il patrimonio di Vito Nicastri, 57enne alcamese, affermato imprenditore nel settore della produzione alternativa dell'energia elettrica, segnatamente fotovoltaico ed eolico. La misura di prevenzione patrimoniale e personale scaturisce dalla proposta d'iniziativa del Direttore della D.I.A. che, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali nei confronti dell'imprenditore alcamese, ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent'anni e di rilevare, altresì, l'esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati. L'attività imprenditoriale del Nicastri è quella di imprenditore specializzato nello "sviluppo" di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, che consiste nella realizzazione e nella successiva venditachiavi in mano, di parchi eolici/fotovoltaici, con ricavi milionari.

Enrico Fontana, responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente auspica che «Inchieste come questa continuino per fare piazza pulita delle infiltrazioni mafiose in uno dei comparti di punta della Green economy, denunciate ogni anno da Legambiente nel Rapporto Ecomafia. La produzione di energia pulita va tutelata e sviluppata nella legalità e trasparenza. E' grazie alla cosiddetta "zona grigia", infatti, se prosperano gli affari dei clan, capaci di mettere radici ovunque sia possibile fare business e di sfruttare collusioni e connivenze. La crescita dell'impero che oggi è finito sotto confisca è anche il frutto della scarsa trasparenza con la quale sono state gestite per molti anni le concessioni autorizzative per la realizzazione di nuovi impianti soprattutto in Sicilia».

La Dia spiega che «Le indagini si sono sviluppate anche attraverso una approfondita ricognizione dei procedimenti penali e dei numerosi eventi ritenuti rilevanti che hanno interessato il Nicastri, i quali confermano relazioni con numerosi esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra, ovvero con personaggi che a loro volta sono entrati in contatto con pregiudicati, anche della criminalità organizzata. E' stata rilevata, infatti, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, una "vicinanza" del Nicastri a noti esponenti mafiosi, che qualifica la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della Corte Suprema, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all'occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione. La valenza assunta dall'imprenditore trapanese nell'ambito di "cosa nostra" trova riscontro anche nell'interessamento alle vicende imprenditoriali del Nicastri dei noti boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come rilevano i "pizzini" rinvenuti in occasione del loro arresto. Il Nicastri, nei cui confronti sono stati riscontrati, in passato,  interessi anche all'estero, è stato pure coinvolto in alcune operazioni di polizia fra cui quella  denominata "Eolo", che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di Trapani. Ha intrattenuto rapporti con soggetti della consorteria mafiosa del trapanese, molti dei quali ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro. Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l'aggressione patrimoniale odierna si inserisce».

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