[28/03/2013] News

La Commissione Ue ci riprova (senza convincere) con le tecnologie di cattura della C02

Ieri  la Commissione europea adottato un Libro verde che avvia una consultazione pubblica sui contenuti del quadro strategico per le politiche in materia di cambiamenti climatici e energia da oggi al 2030, adottando anche una comunicazione che sintetizza lo stato di avanzamento dello sviluppo delle tecnologie Carbon capture and storage, il discusso Ccs, de «Individua gli ostacoli che hanno frenato l'introduzione di queste tecnologie in Europa al ritmo previsto inizialmente nel 2007». Per cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs) si intende un insieme di tecnologie che catturano la CO2 emessa dagli impianti industriali che utilizzano combustibili fossili, la trasportano in un luogo di stoccaggio e la immagazzinano in formazioni geologiche sotterranee o marine, per rimuoverla "definitivamente" dall'atmosfera.

Una tecnologia contrastata da quasi tutte le associazioni ambientaliste (ad esclusione di alcuna come la norvegese-russa Bellona) sia per i costi elevati, sia perché distoglie dalla necessità di tagliare urgentemente le emissioni di gas serra, spostando risorse verso progetti pilota che richiedono lunghi tempi di attuazione e verifica e dei quali non si è certi del successo.

La comunicazione Ue sembra rilanciare la tecnologia Ccs dopo la brusca frenata dei mesi scorsi che riguardava proprio costi e sicurezza a lungo termine del Ccs e presenta «Alcune delle possibili opzioni per promuovere la tempestiva dimostrazione e la rapida diffusione delle tecnologie Ccs in Europa e per rafforzare il loro interesse commerciale a lungo termine». La Commissione Ue «Invita le parti interessate a indicare quale sia, a loro avviso, il quadro politico migliore per garantire che la dimostrazione e l'ulteriore diffusione delle tecnologie Ccs, se valide dal punto di vista tecnico e commerciale, abbiano luogo senza ulteriori ritardi».

Secondo la commissione avremmo bisogno di tecnologie Ccs perché «L'Unione europea si è impegnata a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dell'80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990, per limitare ad un valore inferiore a due gradi l'aumento della temperatura globale. Vi sono vari modi per realizzare la decarbonizzazione, tra cui l'efficienza energetica, un maggiore uso delle energie rinnovabili e il ricorso alle fonti energetiche prive di carbonio. Tuttavia, in un contesto di domanda crescente di energia, che sarà presumibilmente soddisfatta in gran parte dai combustibili fossili, la diffusa introduzione del Ccs sarà probabilmente una delle soluzioni necessarie per attenuare il fenomeno». Il rapporto della commissione si spinge a dire che «Il ruolo delle tecnologie Ccs per una mitigazione climatica efficace in termini di costi è stato confermato dalla tabella di marcia per l'energia per il 2050 e dalla tabella di marcia verso un'economia a basse emissioni di carbonio per il 2050, entrambe pubblicate dalla Commissione europea nel 2011, in cui tutti gli scenari presentati implicano l'uso delle tecnologie Ccs».

Il documento cerca anche di capire - questione spinosa - se le tecnologie Ccs siano mature dal punto di vista tecnico, ma sottolinea cose già note:  «A livello mondiale sono attivi con successo oltre 20  progetti di dimostrazione su piccola scala delle tecnologie Ccs, due dei quali in Europa (Norvegia), e nessuno nel territorio dell'Ue. La maggior parte sono applicazioni industriali, come la trasformazione del petrolio e del gas o la produzione chimica, che catturano CO2 per ragioni commerciali. 8  di questi progetti utilizzano tutta la catena Ccs e 5  di questi sono realizzabili dal punto di vista economico grazie ad un migliore recupero del petrolio in quanto utilizzano la CO2 per aumentare l'estrazione del petrolio grezzo». Ma la Commissione Ue ammette che «Tuttavia, le tecnologie Ccs non sono state ancora applicate su larga scala per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Di conseguenza la riduzione dei costi e la creazione di un interesse commerciale rappresentano ancora una sfida».

Un altro problema incontrovertibile è che «L'attuazione dei progetti di dimostrazione previsti in Europa si è rivelata più difficile rispetto a quanto inizialmente previsto a causa di una serie di fattori, in particolare alla mancanza di interesse commerciale a lungo termine e al costo delle tecnologie Ccs. Con gli attuali prezzi del carbonio molto bassi, e in assenza di ulteriori vincoli legali o incentivi, gli operatori economici non hanno alcuna motivazione per investire nelle tecnologie Ccs. Alcuni progetti (quelli che prevedono lo stoccaggio terrestre) hanno suscitato una forte opposizione da parte dei cittadini. Anche se probabilmente in Europa esiste una sufficiente capacità di stoccaggio, non tutta risulta accessibile o ubicata in prossimità di impianti responsabili di emissioni di CO2. Alcuni Stati membri hanno deciso di vietare o limitare lo stoccaggio di CO2 nei rispettivi territori nazionali. Inoltre, è necessaria un'adeguata infrastruttura dei trasporti per collegare efficacemente le fonti di CO2 ai pozzi di assorbimento».

Anche per i costi presenti e futuri le prospettive per il Ccs non sembrano rosee: «Secondo recenti valutazioni del Centro comune di ricerca - si legge nel rapporto - la prima generazione di centrali per le tecnologie Ccs costerà circa il 60-100 % in più rispetto ad un impianto tradizionale analogo, a seconda della tecnologia di cattura selezionata» e uil tutto sembra rimandato ad un successo della tecnologia che non sembra prossimo: «Una volta che il loro numero aumenterà i costi diminuiranno grazie alle attività di ricerca e sviluppo e alla realizzazione di economie di scala. Anche il costo della cattura di CO2 per le applicazioni industriali varierà in base all'applicazione, ma potrà, in molti casi, essere inferiore al costo per la produzione di energia a causa della maggiore concentrazione di CO2 nel gas di combustione. I costi operativi stimati delle tecnologie CCS variano a seconda del tipo di combustibile, della tecnologia e dello stoccaggio, ma la maggior parte dei calcoli per i costi attuali rientrano nell'intervallo tra i 30 euro e i 100 euro/t CO2 immagazzinata (in media 40 euro/tCO2 per le centrali a carbone e 80 euro/tCO2 per le centrali a gas naturale. In aggiunta è necessario tener conto dei costi di trasporto e stoccaggio)».  

Di fronte ad un quadro del genere la cosa che sembrerebbe più sensata sarebbe quella di abbandonare al loro destino progetti costosi, rischiosi  di difficile attuazione e che non godono il favore dell'opinione pubblica, ma a quanto pare queste settimane sono servite alla lobby pro-Ccs a fare un fruttuoso pressing a Bruxelles e Strasburgo e la Commissione europea trae da tutto questo la conclusione opposta perché «Si attende una sostanziale diminuzione di tali costi man mano che la tecnologia viene sperimentata su scala commerciale». Tutte le questioni relative agli impatti economici ed alla sottrazione di fondi alle tecnologie già esistenti per diminuire i gas serra e mitigare il global warming ed i cambiamenti climatici sembrano rimossi dalla comunicazione filo-Ccs.

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