[15/03/2013] News

Combustibili solidi secondari (Css): ecco quando cessano di essere considerati rifiuti

Il legislatore italiano stabilisce quando determinate tipologie di combustibili solidi secondari (Css) cessano di essere rifiuti (coerentemente all'articolo 184-ter del Dlgs 152/2006).

E' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di ieri il regolamento (decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22) sui criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di Css siano escluse dalla qualifica di rifiuto.

Secondo il legislatore italiano (coerentemente a quanto stabilito dalla direttiva europea sui rifiuti del 2008) alcuni rifiuti cessano di essere tali quando sono sottoposti a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, la preparazione per il riutilizzo e soddisfino criteri conformi a determinate condizioni. Ossia quando i materiali sono comunemente utilizzati per scopi specifici; esiste un mercato o una domanda per tali materiali; i materiali soddisfano i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettano la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e l'utilizzo non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

E sempre secondo il legislatore italiano, tali criteri sono adottati "in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare".

Dunque, il nuovo regolamento stabilisce le procedure e le modalità affinché le fasi di produzione e utilizzo del Css, comprese le fasi propedeutiche alle stesse, avvengano senza pericolo per la salute dell'uomo e senza pregiudizio per l'ambiente. In particolare senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la fauna e la flora; senza causare inconvenienti da rumori e odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

Il regolamento si applica al Css-Combustibile, definito dallo stesso legislatore come "il sottolotto di combustibile solido secondario (Css) per il quale risulta emessa una dichiarazione di conformità" e all'utilizzo dello stesso come combustibile nei cementifici e nelle centrali termoelettriche rispettivamente, ai fini della produzione di energia elettrica o termica.

Dove per cementificio si intende un impianto di produzione di cemento avente capacità di produzione superiore a 500 ton/g di clinker e per centrale termoelettrica si intende un impianto di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW. Entrambe in possesso di autorizzazione integrata ambientale (Aia) purché dotato di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001 oppure, in alternativa, di registrazione a un sistema di ecogestione e audit (Emas).

Per la produzione del Css-Combustibile sono utilizzabili solamente i rifiuti urbani e i rifiuti speciali, purché non pericolosi. Anche se alcuni rifiuti non pericolosi (elencati nell'allegato 2 del regolamento) non sono ammessi. Mentre possono essere utilizzati materiali non classificati come rifiuto purché non pericolosi ai sensi del regolamento sulla classificazione, sull'etichettatura e sull'imballaggio delle sostanze e delle miscele.

Dunque, il Css cessa di essere qualificato come rifiuto con l'emissione della dichiarazione di conformità nel rispetto di quanto disposto dal regolamento. Esce dalla disciplina prevista per i rifiuti per rientrarci nel momento in cui viene meno la conformità alle caratteristiche di classificazione. Una classificazione che si basa sui requisiti della norma tecnica armonizzata UNI EN 15359 "Solid recovered fuels" (SRF). Una norma che individua, a livello europeo, la classificazione del Css tenendo conto di tre parametri (e relative classi), riconosciuti strategici per importanza ambientale, tecnologica e prestazionale/economica, quali PCI (parametro commerciale), Cl (parametro di processo) e Hg (parametro ambientale).

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