[13/03/2013] News

Le trivellazioni petrolifere offshore alla Conferenza Stato-Regioni. Tutte le aree a rischio

Legambiente: «Da Regioni e enti locali no alle concessioni e alle deriva accentratrice del governo»

La questione al centro della Conferenza Stato Regioni di oggi pomeriggio è chiara. Le Regioni
vogliono svolgere un ruolo di primo piano nella valutazione e nel rilascio dei permessi di ricerca e
estrazione di petrolio, non solo sul territorio di competenza ma anche nel mare italiano: la richiesta
era già stata avanzata nell'autunno 2012 a Venezia, nel corso della Conferenza internazionale delle
regioni adriatiche e ioniche, ma il governo tecnico Monti/Passera l'ha ignorata.


Legambiente ricorda oggi che «Sono più di 65.000 i km2 ipotecati per
prospezione, ricerca e estrazione di greggio. Un rischio enorme per l'ambiente e l'economia del
sistema marino costiero in nome di una presunta indipendenza energetica, contro la volontà di
Regioni ed enti locali delle cui richieste il governo uscente non sembra voler tenere conto. Anche la
nuova Strategia energetica nazionale accentra ancora di più il ruolo dell'esecutivo lasciando alle
Regioni e agli enti locali solo una parte marginale e non vincolante per il rilascio di concessioni».

Secondo il vice presidente del Cigno Verde, Stefano Ciafani, tutto questo è per «Favorire
la corsa all'oro nero delle compagnie petrolifere che continua senza sosta. Il governo uscente sta
cedendo migliaia di kmq di mare alle compagnie petrolifere, in nome di una presunta indipendenza
energetica che durerebbe appena 7 settimane, stando ai consumi attuali e alla stima delle riserve
accertate sotto il mare italiano. La forte accelerazione delle richieste per la ricerca e l'estrazione di
petrolio nel mare italiano ci preoccupa molto, soprattutto se associata agli ultimi atti normativi, che
annullano i vincoli per la tutela delle aree marine di pregio e per le coste. Questa deriva petrolifera
deve essere assolutamente fermata, a partire dall'abrogazione dell'articolo 35 del decreto sviluppo e
delle altre norme pro trivelle. Confidiamo in una forte azione congiunta di Regioni e Enti locali per
assicurarsi un ruolo determinante in scelte così importanti per il loro futuro».

Attualmente
nel mare italiano ci sono più di 34 richieste di ricerca per oltre 16.251 km2, 3 istanze
di prospezione per un'area di 45.000 km2, che comprende praticamente tutto
l'adriatico, 13 permessi di ricerca già rilasciati per 5.469 km2 e 8 istanze di
concessione per altri 732 km2.

Legambiente fa una ricognizione delle
concessioni: «A settembre la Commissione Valutazione impatto ambientale ha dato parere positivo
alle richieste per la prospezione in mare avanzate da due compagnie straniere,
l'inglese Spectrum Geolimited e la Petroleum Geo Service Asia Pacific con sede a Singapore. L'area
interessata riguarda circa 45.000 km2,  praticamente tutto il mar Adriatico da Ravenna
fino all'estremo sud della Puglia. In Adriatico centrale, lo scorso 25 gennaio la Commissione VIia ha
sbloccato il pozzo Ombrina Mare 002 della Medoilgas a sole 3 miglia dall'istituendo Parco nazionale
della costa teatina, nonostante la contrarietà di cittadini e delle stesse amministrazioni lovali e della
Regione Abruzzo. La richiesta nel 2010 era stata fermata dai vincoli imposti dal Dlgs 128/2010,
perché troppo vicino alla costa, vincoli azzerati dall'articolo 35 del decreto Sviluppo. Nel Canale di
Sicilia la Norther Petroleum ha presentato richiesta per allargare i permessi di ricerca in fase di
autorizzazione per un'area di oltre 1300 km2, prima vincolati perché troppo vicini ad
aree protette e di pregio e ora di nuovo disponibili alle attività petrolifere.


Nello Ionio la Shell è titolare di due richieste di ricerca per oltre 1350 kmq, che hanno già
ricevuto parere negativo dalle Regioni Puglia e Basilicata. Come se non bastasse il Ministero dello
sviluppo economico, con un decreto approvato il 27 dicembre scorso ha esteso l'area di mare da
destinare alla ricerca e l'estrazione di petrolio intorno alla Sicilia (Zona C), istituendo una nuova
area, "Zona C - settore sud" che occupa un ampio tratto a est dello Ionio Meridionale e a sud-est del
Canale di Sicilia, "considerato il potenziale interesse alla ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle
aree di sottosuolo marino sopra richiamate"».

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