[08/03/2013] News toscana

Alla scoperta dell'archinatura: il cuore toscano delle costruzioni con stampanti in 3d

Ingegnere civile, imprenditore, inventore, artista, creativo e soprattutto innovatore. Tutte queste professionalità e caratteristiche si ritrovano in Enrico Dini (Nella foto in gallery), toscano famoso per l'invenzione della stampante 3d che partecipa tra l'altro ad un progetto insieme all'Esa (Agenzia spaziale europea), lo studio Foster e la Scuola Superiore S. Anna di Pisa, per "stampare" in 3d una base lunare utilizzando materiali locali. Greenreport ha voluto conoscerlo in particolare per un altro suo progetto da realizzare questa volta sulla Terra, che se riesce a trovare applicazione potrebbe portare una rivoluzione nel mondo dell'edilizia: si tratta della stampa in 3d di interi edifici.

Ci spieghi intanto qual è la "filosofia" che sta dietro alla stampa in 3d per grandi costruzioni.

«Come ho spiegato anche in una Ted tenuta alla Bocconi, la stampa tridimensionale nel settore delle costruzioni permette di materializzare un algoritmo. Tutti i meccanismi di accrescimento seguono algoritmi, tipo frattali, serie di Fibonacci e il mio mima quanto avviene in natura, pensiamo ai fenomeni geologici di erosione delle rocce, per questo l'ho chiamata "archinatura". Si seguono algoritmi di accrescimento, dando una nuova forma all'architettura».

Quali sono le difficoltà di stampa 3d per oggetti di grandi dimensioni come sono appunto gli edifici?

«Da un punto di vista della fattibilità tecnica oggi nel 2013, per grandi aziende di costruzioni, non ci sono assolutamente difficoltà per stampare in 3d oggetti di dimensioni notevoli. Ma facciamo un passo indietro. Quando sono partito 8 anni fa e ho avuto questa intuizione, sono stato scambiato per un visionario e la difficoltà più grande è stata ottenere risorse, qualcuno che credesse nella fattibilità del progetto. La materia prima di base di questa tecnologia è la sabbia ma siccome non è previsto l'impasto come invece avviene con il cemento nell'edilizia tradizionale, si devono usare dei collanti. Ho proposto l'idea anche a grandi aziende cementizie, in modo che investissero in ricerca sulla chimica dei leganti ma poi ho dovuto praticamente fare da solo. Oggi il quadro è molto diverso ci sono materiali di varia natura che possono fare da collanti: additivi, enzimi, nanomateriali tutti ovviamente che non hanno impatto sull'ambiente. Quindi le difficoltà per stampare anche le case oggi non ci sono. Ci vuole qualcuno però che creda e sostenga questi progetti. Il seme comunque è stato gettato».

Pare quindi che oggi gli "ingredienti" tecnologici siano disponibili e anche alcuni esempi di realizzazioni che lei ha fatto in giro per il mondo, eppure manca ancora un ultimo passo per convincere l'industria a rischiare e sostenere questa nuova modalità di costruire nel settore edilizio

«La tecnologia per stampare in 3d grazie al mio brevetto è ora disponibile e realizzazioni sono state fatte per grandi sculture, pezzi di barriere coralline, edilizia in campo marittimo ect.  Per stampare case si tratta di mettere tutto in bella copia e partire.  Le difficoltà sono date dal fatto che specialmente in Italia i grandi gruppi industriali e la politica  mi osservano che con questa tecnica si riducono i posti di lavoro nell'edilizia e mi chiedono ora i costi al m2... senza comprendere che questo processo può dar luogo a nuove professionalità, innovazione e modificare il paradigma delle costruzioni. Attualmente ho molti contatti con l'estero, ad esempio con gli Stati Uniti, dove l'interlocuzione è avanzata, con il Giappone che spero possano dare frutti. Si tratta di raccogliere risorse per fare una ricerca industriale di prodotto, visto che l'idea c'è già, con l'obiettivo di fare costruzioni pilota in cui si mette insieme il macchinario, il processo, il design. Per dare una "fotografia" precisa: attualmente siamo in una fase sperimentale pre-industriale».

Quali sono i vantaggi economici e ambientali dell'utilizzo della tecnologia brevettata dalla Dinitech Spa?

«I macchinari sono specifici e le tecniche operative sono certificate ma tengo a sottolineare che il processo è assolutamente economico: le macchine da cantiere possono stare all'aperto, basta avere un po' di spazio, sono a controllo semi-meccanico, consumano poca energia e possono essere utilizzate da un  tecnico con normali livelli di istruzione. La stampante realizza in modo automatico e rapido grandi oggetti, disponendo strati di sabbia uno sopra all'altro, amalgamati da un collante ecologico per dare una struttura solida simile a roccia. Quindi si risparmia energia, si risparmia tempo, costi del materiale perché si utilizza sabbia estratta in loco. Si realizza quindi un conglomerato in situ, con risparmi sulla logistica rispetto all'edilizia tradizionale, pensate ai trasporti dei materiali, alla movimentazione delle betoniere e quant'altro, con riduzione quindi  di consumi energetici, ed emissioni di CO2 nell'ambiente. Per quanto riguarda il collante come detto può essere di vari tipi comunque ecologico, ad esempio può essere naturale di tipo enzimatico che attraverso un processo di "digestione" trasforma la sabbia in roccia, oppure attraverso un processo chimico di precipitazione lo posso estrarre anche dall'acqua di mare.  Non ho bisogno quindi di sbriciolare le montagne (aprire cave ndr) per avere la materia prima e utilizzare anche una chimica che lega la sabbia senza utilizzare acqua dolce e in alcuni paesi dove la risorsa idrica scarseggia, come ad esempio in Arabia Saudita dove stiamo lavorando, anche questo è un enorme vantaggio».

Forse la stampa tridimensionale in situ di edifici non è adattabile a tutte le situazioni e la sostenibilità specialmente dal punto di vista economico dovrà essere valutata caso per caso, ma possiamo scommettere che pur avendo l'idea e il brevetto in "casa", altri sapranno guardare avanti e cogliere gli aspetti innovativi della proposta.

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