[14/02/2013] News

Nuovo Patto Atlantico in vista per Europa e Usa? Puņ essere la base per un Green New Deal

Obama rilancia un accordo commerciale col Vecchio continente

«Prima inizieremo i negoziati, prima concluderemo l'accordo». Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, è entusiasta della presa di posizione di Obama, che durante il suo discorso sullo stato dell'Unione ha annunciato la volontà di stringere al più presto con l'Europa un accordo di libero scambio. «Lanceremo colloqui per un accordo transatlantico su scambi e investimenti con l'Unione europea - ha dichiarato il presidente Usa - perché il commercio libero ed e            quo tra le sponde dell'Atlantico alimenta milioni di posti di lavoro americani ben pagati».

La portata dell'accordo, per il quale si preannunciano lunghi mesi (se non anni) di negoziati, appare in realtà abbastanza modesta, in termini economici, ad un occhio europeo. «Quando l'accordo di libero scambio tra Ue e Usa sarà pienamente operativo - ha sottolineato Barroso - darà uno stimolo dello 0,5% al Pil europeo». Grasso che cola, per la crescita anemica del Vecchio continente, ma certo niente di straordinario. Già adesso le pastoie che legano le possibilità commerciali tra le due sponde dell'Atlantico sono assai ridotte, e sarà battaglia soltanto sul terreno del comparto alimentare.

Gli Ogm sono ancora fumo negli occhi per la grande maggioranza degli europei, mentre negli Stati Uniti la norma. «Stessa sorte attende qualsiasi intesa sulla vendita in Europa di carni di animali allevati con ormoni della crescita o di pollame trattato con cloro per abbassarne la carica batterica - commenta il Sole24Ore - Non a caso, Barroso ha già cominciato a mettere le mani avanti», affermando che «il negoziato non metterà a repentaglio la salute dei consumatori per motivi commerciali», e che «le legislazioni sugli Ogm non entreranno nei colloqui». La pressione dell'agro-alimentare statunitense, però, non potrà che mantenersi alta su questo punto. Inoltre, quale tipo di commercio promuoverebbe quest'intesa? Siamo sicuri che un po' di beni scambiati, quali che siano, rappresenti un traguardo auspicabile? Una ripresa non selettiva dei consumi, da sola, non potrà certo aiutarci a raggiungere quella sostenibilità economica, sociale ed ecologica che la maggioranza dei leader occidentali afferma - a parole di voler raggiungere.

Dunque, è lecito domandarsi quali sarebbero i vantaggi per l'Europa da questo possibile accordo con gli Stati Uniti. Il problema non è però da porsi semplicemente in termini di bilance commerciali più o meno gonfie. L'Occidente sta infatti subendo un progressivo declino nello scacchiere delle potenze mondiali; la supremazia economica spetterebbe all'Ue, se questa fosse davvero uno stato federale, e «Unione europea e Stati uniti rappresentano, insieme, metà del Pil mondiale e quasi un terzo dei flussi commerciali globali». La spinta che viene dai Paesi emergenti, e soprattutto dalla Cina, è però impressionante. Il National intelligent council degli Stati Uniti, nel suo rapporto Global trends 2030, ha già pronosticato per i prossimi decenni un sorpasso della Celeste impero sugli Usa. Ecco che, come scrive il Corriere della Sera, un accordo di libero scambio tra Europa e Stati Uniti opera nell'ottica di «restituire all'Oceano Atlantico il ruolo di ombelico della crescita economica che negli ultimi decenni è invece finito, spinto dalla demografia, nell'altro oceano, il Pacifico, che separa (o unisce) l'Asia emergente e l'America».

Quel che è certo è che, per l'Occidente, la via per la futura prosperità passa dal dialogo, dall'unione e dalla coordinazione, non dal mantenimento di sterili e singoli interessi. Tuttavia, un percorso di integrazione lanciato e fondato su basi solo e strettamente economiche non potrà che rivelarsi un insuccesso. Un precedente c'è già, e si chiama Unione europea: unita, sì, ma incompleta, e adesso da riformulare sulla via dell'integrazione per un pieno successo.

La volontà di collaborazione mostrata da Barack Obama e dai vertici europei è dunque lodevole, ma in questi termini rischia di essere perfino, alla lunga, controproducente. Ad accordi economici è necessario accompagnare ambizioni ideali, se non politiche, per unire ciò che di meglio un nuovo Patto Atlantico potrebbe offrire. L'obiettivo stavolta non è quello di difendersi da un nemico esterno (proprio la Cina, magari) ma promuovere benessere. Nonostante la volontà di Obama, l'Europa rimane un leader nel settore della green economy e nelle politiche in difesa dell'ambiente. D'altro canto, gli Stati uniti stanno riuscendo a sfuggire dall'assurda tentazione dell'austerity e promuovere uno Stato intelligente che intervenga direttamente come volano di sviluppo. I presupposti per un Green New Deal che coinvolga entrambe le realtà sembrano esserci: perché non provarci?

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