[06/02/2013] News

Statit Uniti, è il fracking la seconda fonte di emissioni di CO2

«Il problema è che nessuno vuole toccare questa gallina dalle uova d’oro»

L'Environmental protection agency (Epa) Usa ha pubblicato il suo secondo "Greenhouse gas (GHGs) emissions data" che fornisce pubblicamente sul sito web dell'Agenzia i dati sulle emissioni di gas serra divisi per settore industriali e per area geografica.

I dati del 2011, raccolti su mandato del Congresso Usa nel Greenhouse Gas (GHG) Reporting, includono informazioni sui 41 tipi di impianti che emettono grandi quantità di gas serra e contengono anche nuovi dati raccolti in 12 categorie di fonti aggiuntive, tra le quali petrolio, gas naturale e miniere di carbone.

«Le centrali elettriche restano  la principale fonte fissa di emissioni di gas serra - dice l'Epa - con 2.221 milioni di tonnellate metriche di biossido di carbonio equivalenti (mmtCO2e), circa un terzo del totale delle emissioni degli Stati Uniti. Nel 2011, le emissioni provenienti da questa fonte sono state di circa 4,6% al di sotto delle emissioni del  2010, con un incremento costante nella produzione di energia da gas naturale e fonti rinnovabili».

Ma la vera sorpresa viene proprio da gas e petrolio, che balzano al secondo posto della sporca classifica delle emissioni Usa, con  225 mmt di CO2 nel 2011, il primo anno analizzato dall'Epa. Al terzo posto ci sono le raffinerie, con 182 mmt CO2 con lo 0,5% di aumento rispetto al 2010.

Il responsabile della seconda fonte di emissioni industriali statunitensi è facilmente individuabile: si tratta del boom della fratturazione idraulica, l'ormai famigerato fracking che sta evidentemente dando un contributo molto alto, e fino ad ora non quantificato, al global warming made in Usa.

Se i sostenitori del fraking e delle Big Oil dicono che si tratta solo di questioni tecniche e che ci sono già le risposte tecnologiche per impedire le fughe di gas serra dagli impianti di fracking, gli ambientalisti ribattono che il boom dello shale gas Usa non aveva previsto niente di tutto quello che ha rivelato l'Epa.

Nel frattempo, in cima alla lista dei cattivi ci sono due centrali a carbone della Southern Company di Atlanta ed una dell'Energy Future Holdings Corporation di Dallas; il rapporto precisa anche che il fracking ha avuto un effetto positivo proprio perché ha fatto diminuire l'utilizzo del carbone per produrre energia elettrica invadendo il mercato Usa di gas, ma aggiunge anche che un bel contributo lo hanno dato anche le energie rinnovabili, in particolare eolico e solare.

Per quanto riguarda petrolio e gas, il rapporto Epa analizza le emissioni dei bacini e delle aree di produzione di grandi dimensioni, non quelle dei singoli  pozzi. Tra i più grossi emettitori ci sono il bacino di San Juan nel New Mexico, gestito dalla  ConocoPhillips e le attività nel Permian basin in Texas, dove lavora l'Apache Corporation. La ConocoPhillips assicura che sta cercando i modi per ridurre le emissioni di gas serra, in particolare le perdite di metano, e l'Apache ha detto di aver realizzato nel 2012 alcuni progetti infrastrutturali che hanno migliorato le sue prestazioni.

L'Epa ha già proposto norme per ridurre le emissioni delle nuove centrali elettriche, stabilendo uno standard che impedirebbe la costruzione di nuovi impianti a carbone non dotati di impianti di Carbon capture and storage (Ccs), poi passerà a stabilire norme analoghe per le centrali elettriche esistenti. Ma alle associazioni ambientaliste non piace né il Ccs, ancora in fase sperimentale e molto costoso e rischioso, né il fracking, e chiedono all'Epa di stabilire norme per evitare fughe di metano dagli impianti di fratturazione idraulica e dal trasporto di petrolio e gas. Secondo gli ambientalisti, proprio il boom della produzione di shale gas in Stati come la Pennsylvania e North Dakota rende necessarie al più presto queste regole.

Anche l'Epa una qualche preoccupazione sembra averla, dato che evidenzia che, anche se  la durata del metano in atmosfera è più breve di quella della CO2, il metano cattura più radiazione solare con un impatto a breve termine 20 volte maggiore di quello dell'anidride carbonica. «Ridurre le emissioni di metano da fughe è una priorità assoluta, proprio perché sono così potenti, una forza per il global warming - ha detto Mark Brownstein, direttore dell'Environmental defense fund - Il problema è che nessuno vuole toccare questa gallina dalle uova d'oro». 

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