[04/01/2013] News

Fracking, troppe le fuoriuscite di metano: lo shale gas Usa non frena i gas serra

Emissioni di metano fino al +9%. Necessari dati più ampi sull’impatto ambientale del gas fracking

Due studi rivelano fuoriuscite di metano inaspettatamente elevate da giacimenti di petrolio e di gas negli Stati Uniti, risultati che sottolineano le preoccupazioni che i benefici per il clima del boom del gas naturale Usa possano essere sopravvalutati. 

Nature pubblica il rapporto "Methane leaks erode green credentials of natural gas" nel quale ricorda che già nel febbraio 2012 i ricercatori della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) e dell'Università del Colorado di Boulder evidenziarono che fino al 4% del metano prodotto in un giacimento vicino a Denver finiva nell'atmosfera. Il metano, un potente serra (molto più della CO2), si disperde dai giacimenti petroliferi e gasieri di tutti gli Usa e l'uso e l'abuso della tecnica della fratturazione idraulica, l'ormai famigerato fracking, potrebbe vanificare gran parte del beneficio per il clima che si prevedeva con la transizione dalle inquinanti centrali a carbone a quelle a gas.

La ricerca è stata subito contestata dalla lobby del fracking che gode di molti appoggi nell'amministrazione Obama ma, nel dicembre scorso, durante un meeting dell'American geophysical union (Agu), sono stati presentati nuovi dati che confermano le fuoriuscite di metano in Colorado e i risultati preliminari di uno studio nel bacino di Uinta, nello Utah, che presenta livelli ancora più elevati di dispersione di metano, fino al 9% della produzione totale, quasi il doppio delle perdite stimate per il settore, che erano già superiori nell' Utah che in Colorado.

Colm Sweeney, che si è occupato della componente aerea dello studio e che è a capo dell'aircraft programme dell'Earth system research laboratory della Noaa a Boulder, ha detto a Nature: «Ci aspettavamo di vedere livelli di metano alti, ma non credo che nessuno avesse realmente compreso la vera dimensione di quello che avremmo visto». Infatti, se i livelli delle perdite di metano in Colorado ed Utah  fossero la norma  in tutta l'industria del gas Usa che ha avuto un inarrestabile boom con il fraking, la cosa sarebbe molto preoccupante. Secondo Steven Hamburg,  dell'Environmental defense fund, i dati Noaa sono un'istantanea di un quadro molto più ampio. Nell'aprile 2012 l'Environmental protection agency Epa ha emesso norme destinate a ridurre l'inquinamento atmosferico provocato dal boom del fracking gasiero e petrolifero ed i sostenitori di questa contestatissima tecnica dicono di essere in grado di ridurre le emissioni di metano. Hamburg ha detto a Nature: «Ci sono chiaramente la possibilità di ridurre le perdite». .

Ma la comunità scientifica sta componendo il puzzle e le modalità di raccolta dei dati nel bacino Uinta, utilizzando apparecchiature a terra e un aereo per fare misurazioni dettagliate di vari inquinanti, tra cui le concentrazioni di metano, potrebbero diventare il modello da seguire. 

I risultati si basano su  un precedente studio nel Denver-Julesburg Basin in Colorado, condotto da Gabrielle Petron della Noaa, che nel 2008 aveva riscontrato emissioni di metano due volte superiore a quelle suggerite dai dati ufficiali. Ma la metodologia del team per il calcolo delle perdite, basate sull'analisi chimica degli inquinanti, è contestata da esperti come Michael Levi, un analista energetico del  Council on foreign relations che dice che basta una diversa interpretazione dei dati perché si allineino alle stime precedenti.

Petron ed il suo team stanno preparando una "difesa" per dimostrare che Levi si sbaglia ed intanto hanno presentato un altro studio all'Agu  sul  Denver-Julesburg Basin  che si basa sugli isotopi di carbonio e che è in grado distinguere le emissioni industriali dal metano prodotto dalla digestione delle mucche e dagli allevamenti intensivi, e i risultati preliminari confermano le loro scoperte precedenti.

Uno studio pubblicato nell'aprile 2012 dagli scienziati dell'Environmental defense fund (Edf) e dell'università di Princeton evidenziava che il passaggio dalle centrali a carbone a quelle a gas «Ha immediati benefici climatici, a condizione che il tasso di perdita cumulativa di gas naturale della produzione sia inferiore al 3,2%, i benefici si accumulano nel tempo e sono ancora più grandi se le centrali a gas sostituiscono vecchie centrali a carbone». 

Le ultime stime dell'Epa indicano che nel 2009  il 2,4% del totale della produzione di gas naturale è stata rappresentata da perdite. Per vedere se quel dato regge di fronte agli studi che denunciano livelli molto superiori gli scienziati Noaa stanno partecipando al "comprehensive assessment of US natural-gas emissions" condotto dall'università del Texas di Austin e dell'Edf con diversi partner industriali. 

L'iniziativa analizzerà le emissioni derivanti dalla produzione gathering, processing, trasporto a  a lunga distanza e locale di gas naturale e raccoglierà dati sull'utilizzo del gas nel settore dei trasporti. Inoltre, per chiarire meglio i dati dell'industria gasiera, i ricercatori effettuando misurazioni sul campo presso gli impianti in tutti gli Usa. Il primo di questi studi dovrebbe essere presentato entro febbraio e la ricerca verrà completata entro un anno.

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