[21/12/2012] News toscana

La Toscana che affolla l'Antartide: geologi senesi studiano nel ghiaccio i cambiamenti del clima

Non solo Pisa. Mentre l'attività del team di ricercatori universitari diretto in Antartide alla ricerca di meteoriti continua la sua attività, un'altra equipe di ricercatori toscani - stavolta dell'università di Siena - è infatti da tempo impegnata nel continente bianco per tentare di  ricostruire i cambiamenti ambientali e climatici attraverso lo studio delle geologia del terreno che si trova sotto i ghiacci.

Il 27 novembre scorso ha infatti avuto inizio la spedizione in Antartide delle università di Siena e Roma Tre, e lo stato di avanzamento dei lavori, come le immagini e le curiosità che stanno emergendo sull'attività quotidiana di indagine tra i ghiacci, sono disponibili sul blog Geoantartica, regolarmente aggiornato dalla stazione Mario Zucchelli nella Terra Nova Bay da Gianluca Cornamusini e Franco Talarico (dell'ateneo senese), e da Valerio Olivetti (ricercatore dell'ateneo romano).

«Le Montagne Transantartiche sono una regione del pianeta ancora molto poco esplorata e conosciuta. Fare il geologo in questa regione è un po' come fare l'esploratore all'inizio del secolo scorso sulle nostre Alpi - ha dichiarato Franco Talarico, docente di Petrologia dell'università di Siena e coordinatore del progetto - Dopo la scoperta di un filone aurifero nel dicembre 2005, in questa stagione studiando un' area a circa 250 km dalla base Mario Zucchelli ci siamo trovati di fronte arenarie (antichi sedimenti fluviali e lacustri) che si alternano con spessi livelli (anche oltre 4 m) di carbone, o con abbondanti resti fossili di tronchi, foglie e anche delicati ramoscelli».

La spedizione geologica che si svolge sulle Montagne Transantartiche in un raggio di oltre 300 km dalla stazione scientifica Mario Zucchelli a Baia Terranova nel Mare di Ross - precisa l'università in una nota - ha dovuto fare i conti con condizioni meteorologiche spesso avverse con venti sino a 100 km orari, temperature che toccano i -30° C, e la estesa copertura nuvolosa che limita spesso i voli degli elicotteri. Nonostante la complessità logistica dell'organizzazione (il supporto è dell'Enea), l'esplorazione geologica inizia a rivelare nuovi dettagli conservati nelle rocce, della storia geologica e degli ambienti e condizioni climatiche del passato in una estesa regione del continente antartico.

«Gli orizzonti di carbone sono i testimoni di grandi paludi e di un'estesa foresta fossilizzata ed almeno in parte incendiata a seguito di eruzioni vulcaniche o per l'impatto di un grande meteorite - ha sottolineato Gianluca Cornamusini, docente di Geologia stratigrafica e sedimentologia, università di Siena - La grande quantità di carbone suggerisce la presenza di un giacimento con potenzialità maggiori di quelli noti in Italia. In realtà i nostri studi non sono però finalizzati alla prospezione mineraria (giustamente vietata dal protocollo di protezione ambientale di Madrid del 1991), ma esclusivamente alla conoscenza scientifica. In questo caso, le indagini di laboratorio sui campioni raccolti permetteranno di ricostruire in dettaglio la storia di molteplici sistemi fluviali, lacustri o marini, che si sono sviluppati in questo settore dell'Antartide per un periodo lunghissimo, compreso tra 416 milioni di anni (Devoniano) e 175 milioni di anni fa (Giurassico inferiore).

A quel tempo l'Antartide ospitava estese foreste e paludi come l'attuale territorio canadese o la Siberia, e verosimilmente una ricca fauna con rettili e pesci: alcuni resti fossili sono già stati trovati ma confidiamo in nuovi ritrovamenti». «In questi depositi fluviali - ha aggiunto Talarico - in diverse località abbiamo campionato concentrazioni di sedimento più grossolano (ghiaie fini e ciottoli) che alle prime osservazioni al microscopio condotte nei laboratori della base, si sono rivelate ricche in minerali pesanti con abbondante granato, zircone, possibili gemme (rubini) e tracce di metalli (ossidi di ferro, argento, oro). Anche questi campioni, sottoposti ad analisi chimiche e datazioni, saranno un efficiente indicatore del tipo di terreni e rocce che costituivano le antiche montagne, anche nella regione che ora si trova sino a oltre 2 km di profondità sepolta sotto la calotta di ghiacci».

La ricerca sugli affioramenti di roccia e la raccolta di fossili e campioni, si sposterà a breve nei campi remoti presso Escalade Peak e Mt Jackman, sul ghiacciaio Rennick, il più grande della Terra Vittoria (lungo oltre 400 km e largo 80). «In queste regioni, poco esplorate - ha spiegato Valerio Olivetti, dell'Università di Roma Tre ed esperto di geologia strutturale - proseguiremo la ricerca in zone chiave che pensiamo ci forniranno ulteriori evidenze per comprendere meglio i processi di erosione e di sollevamento delle catene montuose durante diversi milioni di anni di storia glaciale e climatica. Il comportamento futuro delle calotte di ghiaccio antartiche è sotto attenta osservazione essendo questi ghiacci un fattore fondamentale di controllo delle variazioni del livello del mare in tutto il pianeta». Il tema delle relazioni tra clima, attività glaciale e i fattori legati ai processi più profondi attivi sotto la superficie terrestre (tettonici e vulcanici in particolare) è il filo conduttore del progetto, che si propone anche una comparazione della storia antartica con quella di alcune regioni in Artide (Siberia, Svalbard, Groenlandia).

«La nostra attenzione è soprattutto rivolta a quei periodi in cui il contenuto di CO2 in atmosfera è confrontabile con quello previsto per la fine di questo secolo, secondo le proiezioni dell'Ipcc, l'organismo mondiale preposto alla valutazione dei fenomeni riguardanti i cambiamenti climatici. I risultati ottenuti nelle perforazioni condotte nella regione di mare vicina a quella della nostra attività (i pozzi dei programmi internazionali Cape Roberts e Andrill), sono stati presi in considerazione dall'Ipcc nel suo prossimo rapporto, e hanno evidenziato l'importanza degli studi sulle rocce e sedimenti recuperati mediante carotaggi in prossimità delle calotte polari per capire meglio i complessi rapporti tra il sistema glaciale antartico, i cambiamenti climatici globali e le variazioni del livello del mare» ha concluso Talarico. Conclusa la spedizione, la grande mole di dati e campioni frutto della ricerca in Antartide e di quella in Artide, sarà studiata da 6 equipes di ricercatori di diverse università (Genova, Milano, Roma Tre, Padova, Siena) ed enti di ricerca nazionali (Ingv, Cnr, Ogs) in sinergia con numerosi ricercatori stranieri (USA, NZ, D, UK).

Il progetto include inoltre una specifica attività dedicata alla didattica delle scienze con una importante parte di divulgazione e comunicazione nelle scuole, mentre il gruppo di spedizione concluderà il suo lavoro il 20 gennaio 2013.

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