[20/12/2012] News

Fracking: la norvegese Statoil compra terreni negli Usa per estrarre gas di scisti

La corsa senza regole al gas shale preoccupa Bellona, Ndrc e il Government accountability office

La compagnia energetica Statoil, detenuta al 6t7% dal governo norvegese, ha annunciato di aver comprato 70.000 di terreni ricchi di e gas e gas liquido in West Virginia e Ohio. La spesa dichiarata è di 590 milioni di dollari che permettono al gigante petrolifero norvegese di espandere le sue attività nei giacimenti di gas del Marcellus Shale nella regione degli Appalachi. 

Il portavoce di Statoil, Baard Glad Pedersen, ha detto ai media norvegesi che la sua compagnia ha acquistato gran parte dei terreni,pari a 280 Km2, dalle società non quotate Grenadier Energy Partners, Protege Energy e PetroEdge Energy e che «Le prime stime del rendimento atteso dal nuovo acquisto di Statoils dovrebbe essere tra 300 e 500 milioni di barili di petrolio equivalenti». L'attuale equity production è di circa 5.000 barili di petrolio equivalenti al giorno.

La Statoil era già entrata nell'area di Marcellus nel 2008 con una partnership con Chesapeake Energy e  possiede anche depositi di scisti in Texas e gestisce licenze in Nord Dakota e Montana. Torstein Hole, a capo delle operazioni onshore Statoil negli Usa, ha detto al giornale norvegese Nationen che la sua compagnia «E' pronta a fare ulteriori acquisizioni negli Stati Uniti. Statoil è stata fra le prime a investire nello shale gas e nel tempo ha costruito un portafoglio diversificato in alcune delle zone più attrattive degli Stati Uniti. Stiamo già operando nel Bakken e siamo sulla buona strada nella preparazione delle licenze d'esercizio ad Eagle Ford per il prossimo anno e, con questa nuova operazione, Statoil sarà l'operatore del Marcellus».

La cosa preoccupa sia le associazioni ambientaliste Usa che l'Ong norvegese-russa Bellona che ha detto: «La nuova incursione Statoil nello  shale gas negli Stati Uniti porta con sé pericoli per i depositi d'acqua sotterranei, emissioni di metano un potente gas serra, uranio naturale e disturbi sismici».

Bellona, che è una delle oche associazioni ambientaliste favorevole alla Carbon capture and storage (Ccs)  è invece fortemente contraria al fracking e in un comunicato congiunto con il Natural resources defense council (Nrdc) critica la fratturazione idraulica per i danni che infligge alle risorse naturali e perché «Non è la miniera d'oro di petrolio e gas che promettono. La fratturazione idraulica è un processo di estrazione del gas sviluppato dalla Halliburton che pompa milioni di litri di "fracking fluids" nell'acqua e che contengono una miscela che contiene fino a 250 sostanze chimiche tossiche sotto pressione per spezzare la roccia, costringendo il gas ad arrivare in superficie».

Gli Usa stanno puntando pesantemente sullo shale gas per la la loro indipendenza energetica e per l'esportazione. Karl Kristensen di Bellona ha spiegato che la sua Ong era già critica in passato nei confronti della produzione di gas di scisti della Statoils e che «La  decisione di espanderla negli Stati Uniti è rischiosa. Penso che sia preoccupante, sia a livello ambientale e commerciale - ha detto alla televisione norvegese Ntb - Statoil sta prendendo rischi inutili quando numerose sfide ambientali devono essere risolti prima di avviare la rvoluzione dello shale gas».

Anche il Government accountability office (Gao) Usa  è preoccupato per i rischi del fracking e in due rapporti pubblicati ad ottobre ha detto che lo shale gas negli Usa dovrebbe essere fermato fino a che non ci sarà una  regolamentazione codificata. I due corposi rapporti, "Oil and Gas: Information on Shale Resources, Development, and Environmental and Public Health Risks" e "Unconventional Oil and Gas Development: Key Environmental and Public Health Requirements",presentano impietosamente tuitte le carenze delo shale gas e dell'estrazione di petrolio scoperti dall'Environmental protection agency (Epa), comprese violazioni del Clean water act, lo sversamento di olii utilizzati nei siti di produzione di gas nei fiumi e nei litorali e la mancanza di controlli, prevenzione e di piani di controllo e bonifica. I funzionari dell'Epa nel 2011 hanno controllato 120 siti e hanno scoperto che 105 (l'87,5%) non rispettavano le regole. Ma secondo il Gao i team Epa non avevano sempre le necessarie informazioni sui tipi di attività che si svolgono negli impianti di fracking e delle attrezzature utilizzate,  il che rende difficile all'Epa di sapere dove e quando effettuare ispezioni. Il Gao ha concluso che lo sfruttamento dello shale gas «Comporta rischi che non possono essere quantificati, e la dimensione o la probabilità dei potenziali effetti negativi non possono essere determinate a causa di diversi fattori, tra i quali un insufficiente studio scientifico».

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