[20/12/2012] News

Informazione sulla raccolta differenziata: non è tutto oro...

Nell'ambito dell'iniziativa «Municipium 2012», è stato presentato a Roma il Rapporto «Per le TeknoCittà.Comportamenti sociali più avanti dell'organizzazione urbana» realizzato dal Censis e dalla Rur (Rete Urbana delle Rappresentanze).

Il rapporto è stato introdotto da Giuseppe Roma, segretario generale della Rur e direttore generale del Censis, e da Stefano Sampaolo, ricercatore del Censis, e discussa dagli architetti Paolo Desideri e Massimiliano Fuksas, con le conclusioni di Giuseppe De Rita, presidente della Rur e del Censis. Tra i temi affrontati dalla ricerca, quello dei vantaggi derivanti dall'effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti. Dalla ricerca  risulta infatti che il 90% degli intervistati dichiara di operare una qualche forma di raccolta differenziata:  il 51,1% per cento utilizza i cassonetti presenti in strada mentre il 46% si avvale del "porta a porta"attraverso sacchi o bidoncini. Il Nord guida la classifica delle aree virtuose, con percentuali di raccolta "porta a porta" superiori al 60%, mentre il ritardo del Mezzogiorno appare gravissimo: ben il 30%  degli intervistati nel Sud dichiara che non esiste, nel loro contesto di residenza, un servizio di raccolta differenziata. Il Centro, come sempre,  si comporta come ..tale .

Cosa determina l'attenzione o meno al tema della separazione dei rifiuti? Metà degli intervistati attribuisce all'eccessivo impegno richiesto il motivo di scarsi risultati, mentre il 20% è ancora molto scettico sull'utilità. C'è poi il capitolo informazione, necessario a comprendere  ed esplorare perché si parla di "eccessiva difficoltà" o addirittura di "scetticismo" . Bene, secondo l'indagine più dei 2/3 degli intervistati ha affermato di aver ricevuto adeguate informazioni e di essere a conoscenza delle regole base per fare una buona raccolta differenziata; per contro un 20% non ha le idee ben chiare mentre il 13% si dichiara del tutto disinformato.

Un buon risultato? Dipende.....

Perché se incrociamo il dato di informazione con la dimensione del Comune di residenza, i risultati si stravolgono: nelle grandi città (>250.000 abitanti) i bene informati scendono dai 2/3 a poco sopra il 50%, mentre coloro che non hanno le idee chiare salgono al 25%; rimane stabile nelle grandi città la percentuale dei completamente disinformati (13%).

Se ci spostiamo nelle città piccole  e medie (tra 10 e 50.00 abitanti), dove più spesso è attivo un sistema domiciliare che per sua stessa natura pone l'informazione permanente come  fondamento,  la percentuale dei ben informati  oscilla alta tra il 60% e l'80%: in genere rappresentando proprio la percentuale di raccolta differenziata raggiunta dai rispettivi comuni piccoli o medi. In queste zone la percentuale di coloro che non ne sanno proprio nulla di raccolta differenziata precipita ad appena il 5%.

E' chiaro quindi che il rapporto "one to one" tra informazione e conseguente collaborazione nei sistemi domiciliari delle città medio/piccole precipita notevolmente nelle grandi città, dove il modello di gestione più presente, con contenitori stradali, è affiancato da un'informazione più generica o comunque che non torna in modo permanente su "dove- consegnare- che cosa ". E il passaggio successivo, scambiando il fine (il riciclo dei rifiuti) con la poca conoscenza del mezzo (la separazione dei rifiuti) è che si arrivi a quel 20% di intervistati che ancora oggi si fanno la madre di tutte le domande da quando esiste la raccolta differenziata dei rifiuti: ma servirà a qualcosa?

Se le percentuali di coloro che nelle grandi città non hanno le idee chiare su come fare una buona raccolta differenziata (o addirittura non ne sanno nulla) raggiungono il 38%, vuol dire che ogni giorno il 38% dei rifiuti prodotti da quel campione sono differenziati in modo pessimo, con enormi costi legati ad una frazione estranea molto alta e con risultati sulla qualità che poi sono sotto gli occhi di tutti. Con tutte le problematicità - ed i costi aggiuntivi a carico della collettività - per  gli impianti di selezione, di trattamento e infine riciclaggio.

Ma allora alle aziende di gestione, se voglio veramente perseguire le indicazioni dell'UE che parla di "società del riciclo", non conviene prima di tutto in termini economici ( se non ambientali) che l'informazione e la comunicazione all'utente diventino davvero un'infrastruttura primaria ? Se queste non comunicano bene, in modo continuo e diversificato, sono consapevoli che si avviano  -se non verso il fallimento - verso perdite di  tempo ed energie? Ancora qualcuno degli addetti ai lavori ha qualche dubbio?

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