[13/12/2012] News

Ricerca e sviluppo ambientale, quanto (poco) e come spendiamo per il futuro dell'Italia

Ferma al 3,4% la spesa in R&S degli enti statali e locali per «controllo e tutela dell’ambiente»

Gli stanziamenti pubblici per ricerca e sviluppo calano ancora. Se nel 2010 rimane invariata, rispetto al 2009, l'incidenza percentuale della spesa per R&S sul Pil (ferma al 1,26%, con una media europea attorno al 2%), le stime dell'Istat riportano per il 2012 una diminuzione degli stanziamenti delle amministrazioni centrali, regioni e province autonome: i fondi passano infatti dai 9.161 milioni del 2011 (dato assestato di spesa) agli 8.470 milioni del 2012 (previsioni iniziali di spesa). Si aggiorna così, e a fari spenti, il dramma dei mancati investimenti nel futuro del Paese.

La produttività italiana, si ripete, è al palo. Non dall'inizio della crisi, ma da vent'anni. Il dibattito nazionale è concentrato pressoché esclusivamente attorno al tavolo della flessibilità dei lavoratori, la cui promozione aiuterebbe miracolosamente la locomotiva dell'economia a tornare a sbuffare. Siamo talmente assorti in questa favola che i dati pubblicati ieri dall'Istat sullo stato della ricerca e sviluppo in Italia sono stati completamente dimenticati dall'informazione nazionale, fagocitati dal peso dell'altro comunicato dell'istituto - pur allarmante - sui mutui e le compravendite immobiliari, in caduta libera.

Ma l'economia del mattone non potrà costruire di nuovo, come in passato, le fondamenta per il nuovo modello di sviluppo di cui l'Italia abbisogna per risollevare la proprie sorti - e non solo economiche - da questi anni di crisi. Il rapporto dell'Istat ci concede dunque l'opportunità di osservare più da vicino quanto il Paese creda nei settori della gestione ambientale e delle risorse, investendo in ricerca.

Mettere in campo risorse per un uso intelligente e sostenibile del territorio diventa fondamentale in un tempo dettato dalla progressiva precarietà delle possibilità che questo mette a nostra disposizione. Eppure, il sistema-Paese su questo punto registra ancora significativi deficit. Dal punto di vista energetico - cui l'Istat dedica un focus specifico - negli anni 1985-2010 si registra infatti «una netta tendenza alla riduzione della R&S pubblica». Osservando gli ultimi dati disponibili (2010) «si può stimare che il 5,1% della R&S intra-muros svolta in Italia (con esclusione delle università) sia orientata ad applicazioni in campo energetico», per un «volume di spesa di circa 715 milioni di euro», da suddividersi tra istituzioni pubbliche e imprese.

Per quanto riguarda la aree di ricerca nel campo dell'energia è positiva la posizione di rilievo dedicata agli investimenti sull'efficienza energetica (25,8%), a cui si associa la ricerca sulle fonti di energia rinnovabili (19,2%) ma anche una fetta ancora molto rilevante dedicata all'utilizzo efficiente di combustibili fossili (16,1%). Numeri con luci e ombre, ma c'è di peggio: come al solito, le già magre somme che vengono destinate alla ricerca per la sostenibilità sono dirottate quasi esclusivamente sull'energia, trascurando il resto.

Sommando insieme l'attività di ricerca delle imprese nel settore delle «attività estrattive; fornitura di energia elettrica, gas e acqua; trattamento e smaltimento dei rifiuti» si mette insieme nel 2010 la cifra di 92 milioni di euro a livello nazionale. Una miseria, con un dimezzamento degli stanziamenti attuati l'anno precedente. L'apparentemente confortante +24% stimato per il settore nel 2012 va dunque letto alla luce di questo crollo.

Se le imprese rimangono indietro, il settore pubblico non è da meno. Nel 2010 le amministrazioni centrali, insieme alle regioni e province autonome hanno stanziato in «controllo e tutela dell'ambiente» appena il 3% dei loro stanziamenti totali in R&S. Non va molto meglio nel 2012, quando le previsioni di spesa sono di un +0,4% (vedi tabella). I dati duri dimostrano così che la cultura della gestione sostenibile delle risorse, nei fatti, non è ancora ritenuta prioritaria per il presente ed il futuro dell'Italia: nonostante le svariate dichiarazioni d'amore verso la green economy, una redistribuzione delle risorse - anche a saldi invariati - non è all'orizzonte. Ma tante promesse e pochi capitali (umani e finanziari) non ci porteranno lontano.

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