[23/11/2012] News

Rapporto della Cina contro il global warming: «Raggiunti gli obiettivi del Piano quinquennale»

Pechino a Doha vuole un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto

A pochi giorni dalla Cop18 dell'Unfccc di Doha, la Cina ha pubblicato il rapporto "Le politiche e le azioni della Cina per lottare contro il cambiamento climatico (2012)" che espone dettagliatamente gli sforzi fatti nell'ultimo anno dal gigante asiatico per attenuare il global warming e le iniziative per l'adattamento ai cambiamenti climatici. Inoltre il documento illustra «Le misure per promuovere la costruzione di comunità low carbon e per far progredire la cooperazione ed i negoziati internazionali».

Nel periodo 2006 - 2010, in Cina il consumo totale di energia per unità di Pil è calato del 19,1% in rapporto al 2005, con una riduzione di 1,46 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2, «Questo significa che la Cina ha realizzato i suoi obiettivo in materia di risparmio energetico inscritti nell'11esimo Piano quinquennale (2006-2010) - sottolinea il rapporto - Entro il 2015, il Paese punta a ridurre il consumo di energia per unità di Pil del 16% e le emissioni di CO2 per unità di Pil del 17%. Conta anche di aumentare la parte dei combustibili non fossili nel suo bouquet energetico primario».

Risultati ottenuti anche grazie ad oltre 4.500 progetti del Clean development mechanism (Cdm)  del Protocollo di Kyoto, approvati tra il 2004 e il 2012, che hanno ridotto le emissioni di CO2 di circa 730 milioni di tonnellate all'anno e il rapporto dice che le Certified e emission reductions (Cer)  potrebbero raggiungere i 730 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. 2.364 progetti cinesi sono iscritti al Consiglio esecutivo del Cdm dell'Onu  e rappresentano il 50,41% del totale mondiale, molti progetti Cdm cinesi sono spesso nel mirino  dell'autorità di controllo dell'Onu e diversi Paesi accusano (a ragione) la Cina truccare le carte per favorire industrie inquinanti utilizzando i fondi internazionali, ma il rapporto assicura che «Questi progetti riguardano essenzialmente le energie nuove e rinnovabili, la conservazione dell'energia, l'efficienza energetica ed il riciclaggio del metano. Le Cer dei progetti iscritti sono stimate a 420 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 all'anno, il che rappresenta il 54,54% del totale mondiale. La Cina si classifica al primo posto in termini di progetti registrati e di Cer annuali».

Nel rapporto si legge che «L'energia pulita, come il gas naturale e l'idroelettrico, rappresenta una quota sempre più importante  nel crescente consumo energetico della Cina» che ha consumato  «Circa 283 milioni di tonnellate di energia non fossile nel 2011, cioè l'8,1% del consumo energetico totale del Paese, un aumento di 3,4 punti in percentuale in rapporto al 2005».

Il governo cinese ha selezionato 108 distretti pilota per l'utilizzo di energia verde e stabilito linee guida per lo sviluppo di stazioni di ricarica per I veicoli elettrici in 5 città, tra le quali la megalopoli di Shanghai.

In Cina nel 2011 sono entrati in attività  nuovi impianti idroelettrici per 14 milioni di KW, portando la produzione di energia idroelettrica della Repubblica popolare a 230 milioni di  KW. Nello stesso tempo la produzione di energia eolica è aumentata di 16 milioni di KW e quella del fotovoltaico di 2,1 milioni di KW.  Poi il rapporto spiega quale sia la strana concezione di energia pulita della leadership cinese: «Il Paese non cessa di incoraggiare la costruzione di centrali pulite e di grande potenza alimentate a carbone (sic!), che fanno appello alla moderna tecnologia per migliorare la loro efficienza e ridurre l'inquinamento».

Anche se i dati ufficiali cinesi vanno presi con le pinze perché non vengono sottoposti a controlli esterni indipendenti, è indubitabile che la nuova dirigenza eletta dall'ultimo congresso del Partito comunista cinese debba affrontare immediatamente una situazione ambientale che è già (e rischia di trasformarsi ancora di più) una esplosiva questione sociale, con frequenti proteste e scontri causati dall'inquinamento e dal tentativo di realizzare impianti inquinanti. Lo stesso rapporto evidenzia che «Nel 2011, le catastrofi naturali provocate da eventi climatici e da condizioni meteorologiche estreme hanno colpito 430 milioni di persone in Cina e provocato perdite economiche per 309,6 miliardi de yuan (49,6 miliardi di dollari)».

Anche per questo il governo cinese considera la prossima Conferenza di Doha  «Di grande importanza per mantenere il quadro  giuridico  di base dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc) e del Protocollo di Kyoto». Secondo i cinesi «L'obiettivo primario della Conferenza deve essere quello di prendere delle disposizioni concrete per la messa in opera del secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto. Il meeting deve anche permettere di assicurare che il secondo periodo di impegno sia messo in opera il primo gennaio 2013».

Esattamente quello di cui non vogliono sentir parlare Paesi come Russia, Giappone e Stati Uniti, ai quali non piace molto  nemmeno , la teoria delle "responsabilità comuni ma diversificate" che la Cina riproporrà a Doha perché «Le emissioni cinesi di gas serra storiche e per abitante sono ben inferiori a quelle dei Paesi sviluppati», anche se Pachino ammette che «Lo sviluppo economico rapido e la dimensione importante della sua popolazione hanno fatto della Cina un grande produttore di gas serra».

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