[16/11/2012] News toscana

L'ateneo fiorentino fa il test di paternità alle testuggini di Hermann

Le femmine in grado di conservare lo sperma per almeno tre anni

Quattro ricercatori italiani: Giulia Cutuli, Stefano Cannicci, Marco Vannini e Sara Fratini del Dipartimento di biologia evoluzionistica "Leo Pardi" dell'università di Firenze, hanno pubblicato su Behavioral Ecology and Sociobiology  lo studio "Influence of mating order on courtship displays and stored sperm utilization in Hermann's tortoises (Testudo hermanni hermanni)" che svela i misteri dell'accoppiamento e della riproduzione della testuggine  di Hermann, una delle tre specie di Testudinidae endemiche in Europa (le altre sono Testudo graeca e Testudo marginata). La testuggine di Hermann, anche se in evidente rarefazione, è ancora presente in Italia in alcune aree dell'Italia centro-meridionale, sulla costa veneta ed in Sardegna, Sicilia ed Arcipelago Toscano, con popolazioni a bassa densità ed home range non esclusivi.  Il team di ricercatori fiorentini spiega che «Le femmine sono poliandriche, spesso hanno rapporti con più maschi durante la stessa stagione riproduttiva». Gli accoppiamenti avvengono durante tutto il periodo di attività (da inizio primavera a fine estate), con due picchi di attività del corteggiamento maschile: in aprile-maggio (dopo l'ibernazione) e settembre (prima del letargo). Le femmine di solito  hanno 2-3 covate per stagione riproduttiva, ad intervalli di 15-20 giorni, e le uova si schiudono circa 60 giorni dopo la deposizione. Il team fiorentino evidenzia che «Come in tutti i cheloni, la conservazione dello sperma a lungo termine si verifica nel tratto genitale femminile».

Così come nella maggioranza delle specie di tartarughe, il corteggiamento e la copula sono elaborati e si basano su un sistema di molteplici segnali olfattivi e acustici: il maschio insegue la femmina, la morde e la "sperona" cercando di immobilizzarla e di costringerla ad accoppiarsi e la femmina sembra voler sfuggire al maschio ritirandosi su un percorso circolare o semicircolare, tallonata all'esterno dal maschio che cerca di montarla da qualsiasi direzione sul carapace, con le zampe anteriori sul dorso della femmina e quelle posteriori a terra. Lo studio evidenzia che «Sono di solito necessari molti tentativi prima che possa aver luogo un attacco di successo», quando avviene il maschio estende completamente il collo ed emette una lunga sequenza di richiami «Il numero di vocalizzazioni è correlato al tempo trascorso in copulazione e, eventualmente, alla quantità di spermatozoi rilasciati nel tratto genitale femminile. Inoltre, queste vocalizzazioni visualizzano una struttura armonica, con modulazione di frequenza e ampiezza tipica per ogni specie e negativamente correlata alle dimensioni del corpo». Il corteggiamento maschile esige tempo ed energia ed in tutte e tre le specie di testuggini presenti  in Italia solo gli esemplari in salute sono in grado di accoppiarsi con successo. I precedenti studi sull'accoppiamento di questi rettili  hanno stabilito che il corteggiamento ed i richiami della copula sono segnali che riflettono in modo attendibile le qualità di un maschio ed influenzano fortemente il successo dell'accoppiamento.

Ma ai ricercatori fiorentini interessava capire come avviene la conservazione dello sperma, diffusa in molti gruppi di vertebrati e frequentemente associata a sistemi di accoppiamento promiscui: «Le specie di chelonidi sono uno degli esempi più notevoli di un gruppo promiscuo in grado di conservare lo sperma a lungo termine; strutture specializzate si sono evolute  negli ovidotti di questi vertebrati per garantire la vitalità degli spermatozoi attraverso i cicli riproduttivi». Finora, pochi studi avevano indagato i fattori che regolano la paternità multipla, l'utilizzo di sperma da parte delle femmine e l'attribuzione della paternità delle diverse covate. Lo studio, eseguito su individui in cattività durante la primavera e l'estate 2010 presso l'Associazione TartaEtruria di Firenze, ha cercato di farlo  combinando  dati comportamentali e genetici attraverso una serie di accoppiamenti programmati durante i quali 15 femmine sono state fatte accoppiare in sequenza con due maschi differenti (utilizzati 5 esemplari) in condizioni controllate.  4 delle femmine  non erano state montate  nei tre anni recedenti, tutti gli esemplari sono nati in cattività, con maschi e femmine allevati in ambienti separati. I ricercatori fiorentini spiegano che, in  uno scenario di competizione spermatica, «La capacità del maschio di riconoscere se una femmina è già stata fecondata può essere considerato altamente adattabile, permettendo maschi di bilanciare i costi e l'intensità del loro corteggiamento. Questi adattamenti si tradurrebbe in corteggiamenti diversi e nel successo della copula tra il primo e il secondo maschio di accoppiarsi con una femmina determinata. Di conseguenza, la paternità del maschio deve essere notevolmente sbilanciata a favore per l'ultimo maschio. I nostri risultati dimostrano chiaramente che comportamenti di corteggiamento diversi sono infatti associati a un attacco di successo. In particolare, tre comportamenti (mordere, correre dietro e cercare di montare la femmina) sono stati più frequenti nelle interazioni di successo (...)  Al contrario, altri comportamenti maschili, come osservare, odorare e spostarsi  circolarmente intorno alla femmina, che sono generalmente considerati parte del corteggiamento» e non sembrano aver peso sul successo o l'insuccesso dell'accoppiamento.

I 5 maschi utilizzati per gli accoppiamenti sperimentali avevano età e dimensioni simili, erano privi di  malattie e parassiti e sono stati assegnati in modo casuale alle femmine.  Gli studi hanno dimostrato che «Il tempo trascorso da ultimo accoppiamento di una femmina ha influenzato in modo significativo l'intensità del corteggiamento del maschio», ma i  risultati dello studio sembrano escludere la loro capacità di valutare i diversi livelli di ricettività delle femmine, anche se i maschi hanno passato più tempo a corteggiare le 4 femmine che non si accoppiavano da tre anni e la cosa con loro è stata molto più difficile. Dopo 71 accoppiamenti sperimentali che hanno avuto successo 14 delle 15 femmine hanno deposto le uova, ma solo 4  hanno fatto una seconda ovodeposizione. Due delle quattro femmine che non erano state montate nel corso dei tre anni precedenti sono state in grado di produrre uova fertili prima degli accoppiamenti sperimentali, a dimostrazione che lo sperma conservato nell'ovidotto rimane vitale per almeno questo arco di tempo. Inoltre i ricercatori hanno osservato «Una significativa variazione della percentuale di uova fertili prodotte dalle femmine nelle tre occasioni deposizione delle uova». In totale sono state raccolte 105 uova e da 54 (il 51,4%) sono nate testuggini.  

Le analisi effettuate sono state in grado di assegnare con sicurezza la paternità a 38 dei 54 neonati (71%), ma anche per il restante 29% è stato indicato il padre "più probabile candidato" ed hanno rivelato una paternità multipla in 6 ovodeposizioni: 4 con figli di 2 maschi e 2 da 3 maschi (quindi anche da accoppiamenti precedenti da quelli sperimentali). Le analisi genetiche effettuate su neonati sperimentali ha chiaramente rivelato che la paternità multipla  in una stessa covata è comune Pertanto, come previsto - si legge nello studio -  la poliandria nella tartaruga di Hermann è il risultato della conservazione dello sperma di maschi diversi all'interno del tratto riproduttivo della femmina e pone le basi per il conflitto sessuale e la competizione spermatica». I risultati supportano anche quelli di recenti studi: «Lo sperma conservato rimane vitale nel tratto genitale femminile per almeno 3 anni, garantendo così la fecondazione delle uova anche in assenza di un partner».

Quindi non è il rimo maschio ad accoppiarsi ad avere più successo riproduttivo, ma le femmine utilizzano in maniera casuale lo sperma conservato nel loro ovidotto. Infatti, i risultati dello studio non hanno rivelato alcuna differenza significativa nella paternità dei due maschi che si sono accoppiati con una singola femmina. Secondo il team dell'università di Firenze, queste mancanza di differenze significative nella paternità maschile Consente di sostenere l'ipotesi che la paternità maschile nella T.hermanni hermanni può essere causata da una "lotteria equa" (fair raffle - sensu Parker 1990). Inoltre, i nostri risultati suggeriscono che le femmine possono attivamente ottimizzare l'utilizzo di spermatozoi conservati seguendo un criterio di "sperm-vitality", dato che i contributi di paternità relativi ai partner degli anni precedenti tendono a diminuire nel tempo, mentre quello dei maschi sperimentali tendevano ad aumentare, suggerendo che femmine prima utilizzino i più vecchio, e presumibilmente meno praticabili, spermatozoi presenti nel SST fino ad esaurimento e, successivamente, utilizzano lo sperma appena acquisito. Tuttavia, questo modello di consumo di  sperma potrebbe semplicemente essere una conseguenza passiva della mortalità a lungo termine più alta nel tratto riproduttivo della femmina dello sperma dalle fecondazioni precedenti che dello sperma delle ultime inseminazioni».  Per questo «Sono necessari ulteriori studi per chiarire la variazione nel successo della fecondazione fra successive stagioni riproduttive e per chiarire l'utilizzo sperma maschile nella  T. hermanni hermanni».

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