[13/11/2012] News

Il diluvio dimenticato della Nigeria. 2,1 milioni aspettano aiuti nel fango

Il recupero dei mezzi di sussistenza delle popolazioni e il ripristino delle infrastrutture nigeriane colpite dalle recenti inondazioni, le peggiori degli ultimi 50 anni, secondo le Ong umanitarie richiederanno, se andrà bene, più di 6 mesi solo per tornare ad una precaria normalità.

La National emergency management authority (Nema) dice che in Nigeria tra luglio ed ottobre le alluvioni, che sono diventate un vero e proprio diluvio diffuso, hanno colpito più di 7 milioni di persone, circa 2,1 milioni delle quali sono state costrette ad abbandonare le loro case, mentre i morti accertati sono stati 363. 

Solo la scorsa settimana, il presidente Goodluck Jonathan ha promesso stanziamenti per 110 milioni di dollari ai 33 Stati colpiti dalle inondazioni ed ha messo in piedi un comitato di soccorsi e di recupero e fatto una colletta per raccogliere fondi per le popolazioni sinistrate, ma ha dichiarato lo stato di emergenza con grande ritardo e secondo diverse Ong il governo centrale ha tardato a dare risposte ed ha ostacolato il coordinamento dei soccorsi e degli interventi. 

Le coordinatrice umanitaria di Oxfam in Nigeria, Deirdre McArdle, ha sottolineato all'agenzia umanitaria dell'Onu Irin: «Non abbiamo mai conosciuto una catastrofe di una tale ampiezza. E' difficile trovare delle partnership in grado di far fronte alla situazione. Le valutazioni sono state ritardate. L'ampiezza della crisi è enorme [...] Non abbiamo dati sufficienti, e questo perché nessuno sa quante persone sono state colpite fino a poco fa. [...] C'è una mancanza di conoscenze tecniche sugli interventi di urgenza».

L'Office for the coordination of humanitarian affairs (Ocha) dell'Onu ha inviato un piccolo team di intervento di emergenza per aiutare la Nema a coordinare le informazioni disponibili sulle conseguenze delle inondazioni ed un'equipe umanitaria lavora in collaborazione con il comitato istituito dal governo.  

Olusoji Adebowale Adeniyi, dell'Unicef, ha detto all'Irin che «L'ampiezza della catastrofe ha tolto tutto ai più poveri. E' a causa dell'ampiezza della crisi che non abbiamo regolato rapidamente. Il governo aveva un piano di preparazione alle catastrofi, ma che era stato concepito per rispondere ai bisogni di 500.000 persone non di 2,1 milioni. Attualmente abbiamo un piano da portare avanti. Sappiamo quel che c'è da fare. Sono contento dei finanziamenti accordati dal governo, però i versamenti sono stati ritardati dalla burocrazia».
Secondo una valutazione di emergenza effettuata in 14 Stati da Nema, Onu ed Oxfam, saranno necessari 38 milioni di dollari per rispondere ai bisogni in materia di educazione, salute, approvvigionamento idrico, igiene, sicurezza alimentare e difesa delle popolazioni colpite dalle inondazioni.  Nei 14 Stati esaminati, il 63% degli sfollati sono stati ospitati da loro familiari o amici, gli altri sono in strutture e campi provvisori  o in edifici pubblici come le scuole, ma più della metà degli edifici scolastici sono inutilizzabili a causa dei danni subiti. 

Le Ong che sono al lavoro nell'enorme area del diluvio nigeriano sono preoccupate soprattutto per l'insicurezza alimentare "severa o molto severa" nell'82% delle comunità, nella maggior arte dei campi profughi la gente riceve razioni di cibo, ma in modo irregolare e che non soddisfa le norme internazionali. 

In molte località, come a Warri, nello Stato del Delta, I prezzi degli alimentari sono aumentati dal 30 al 70% e nelle aree più colpite un sacco di riso arriva anche a 70 dollari rispetto ai  57 di prima dell'alluvione, mentre un sacco di farina di tapioca è passato dai 25 dollari pre-diluvio ai 44 di oggi.  Nella comunità d'Iyede Ame, sempre nello Stato del Delta, i rifugiati del campo di Oleh accusano il personale che gestisce la cucina da campo di rubare e rivendere una parte degli aiuti. A Warri circa 2.000 alluvionati vengono ospitati in una scuola primaria, ma la maggioranza è costretta a dormire all'aperto alla mercé delle zanzare e della malaria. I profughi hanno a disposizione solo 20 toilette.

Ma c'è anche un problema di sicurezza: i profughi chiedono che la polizia li protegga,  Nema, Onu ed Oxfam confermano che la disposizione dei campi non tiene conto dei problemi della protezione della gente e sono stati denunciati almeno 19 casi di violenze sulle donne nei campi dello Stato di Benue.

In tutte le comunità inondate nei 14 Stati presi in esame, l'accesso all'acqua potabile è molto limitato e gli abitanti dipendono essenzialmente dai pozzi a cielo aperto e tutto questo mentre l'Africa Occidentale continua ad essere colpita da un'epidemia di colera. La McArdle ha sottolineato che , «E' urgente mettere in atto dei sistemi di approvvigionamento di acqua potabile e di depurazione, al fine di evitare delle contaminazioni». 

Non si conosce ancora l'ampiezza dei danni causati ai raccolti ma Friends of the Earth dice che nello Stato di Bayelsa la situazione è «Catastrofica» ed Emenike Umesi, coordinatore del Nema per la Nigeria meridionale, ha informato che «Una valutazione post-catastrofe della situazione agricola sarà condotta con l'aiuto dei nostri partner dopo la ritirata delle acque».  John Onuora, presidente del Nigerian institute of food Science and technology, ha detto all'Irin di sperare che «Le inondazioni non obblighino il Paese ad interrompere la sua strategia, che è quella di accrescere la sua produzione agricola e di diminuire la sua dipendenza dal riso importato attraverso l'imposizione dei diritti doganali». 

Diverse organizzazioni  stanno portando aiuti in questo disastro dimenticato: l'Unicef ha distribuito kit igienici a 250.000 persone; Medici senza Frontiere gestisce cliniche mobili; la Croce Rossa/Mezzaluna Rossa nigeriana sta aiutando almeno 10.000 famiglie negli Stati di Adamawa, Taraba, Kogi, Bauchi, Katsina, Cross River, Jigawa, Benue d Edo, fornendo ripari, prodotti igienici e derrate non alimentari. Ma tutto sembra una goccia d'acqua nel fango e nella disperazione del diluvio dimenticato della Nigeria.

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