[13/11/2012] News

Accesso al credito e investimenti green: la sostenibilità ripaga la fiducia

Il rapporto semestrale della Banca d'Italia sulla stabilità finanziaria si sofferma lungamente sulle condizioni delle famiglie e delle imprese del Paese. Apparentemente, riportando anche qualche buona notizia. Per quanto riguarda le famiglie, infatti, i loro debiti finanziari in rapporto al reddito disponibile «sono rimasti invariati sui livelli relativamente contenuti dello scorso biennio (intorno al 65 per cento)».

La brutta notizia è la motivazione: non un'improvvisa folgorazione sulla via dalla casa alla banca, che magari aiuti a riconoscere l'inutilità di alcune (molte) fette di credito desiderato, come quella parte di credito al consumo dedicato a beni superflui. Piuttosto, la quota di nuclei familiari indebitati (pari a circa un quarto del totale) risulta essere «in leggero calo, specie tra le famiglie a basso  reddito, soprattutto come conseguenza dell'irrigidimento delle politiche di offerta di credito da parte delle banche». Ci sarebbe poi da ricordare, prendendo a prestito dal Corriere della Sera, che «negli ultimi quindici anni il debito delle famiglie in Italia è salito dal 23 al 50 per cento del reddito». Più che raddoppiando, dunque, sebbene rimanga ancora «appena la metà o meno rispetto alla Spagna, agli Stati Uniti e persino all'Olanda»

Ancora adesso, dunque, domanda di credito ci sarebbe, ma i rubinetti del finanziamento sono sempre più chiusi. Stessa storia per quanto riguarda le imprese: «I più importanti fattori di rischio per le condizioni finanziarie delle imprese - si legge nel rapporto Bankitalia - sono rappresentati dallo sfavorevole andamento della congiuntura economica e dalle difficoltà di accesso ai finanziamenti bancari e di mercato». Il sistema finanziario, preso ad occuparsi delle proprie giunture arrugginite, poco si cura del complesso dei cittadini e delle imprese, giudicandone troppo bassa la capacità di riprendere a generare sufficiente ricchezza per poter restituire i prestiti chiesti (a lauti tassi d'interesse, s'intende).

A giocattolo ormai rotto - andiamo ormai per contare i sei anni dall'inizio della crisi, nel 2007 - è il momento di cambiare prospettiva per riconquistare reciproca fiducia tra le parti. Al consumatore (ai pochi rimasti, almeno) si chiede di frenare gli acquisti inutili, prima ancora di farsi sbattere la porta in faccia dalla banca: l'ultimo televisore da sessantacinque pollici pagato in comode rate può attendere. Chi ancora potrebbe permettersi di finanziarsi - ad esempio - la ristrutturazione della propria casa per aumentarne l'efficienza energetica, invece, dovrebbe essere accolto a braccia aperte dall'istituto di credito, la cui collaborazione rimane essenziale (e il governo potrebbe fare ancora molto per oliarla).

Per quanto riguarda le imprese, ci pensa la terza edizione dello studio Hnwi and Sustainable Investment dell'Eurosif - European Sustainable Investment Forum  a rilevare come gli investimenti sostenibili e responsabili da parte degli Hnwi europei (High Net Worth Individual, gli individui con alta disponibilità di patrimonio netto) abbiano registrato un aumento pari al 60%, a fronte di una crescita del 18% della ricchezza totale degli stessi nel medesimo periodo (negli ultimi due anni).

Questa tendenza degli Hnwi, individuabili come trend-setter, dovrebbe guidare il resto degli investitori: per quanto riguarda le motivazioni di tale scelta d'investimento, il risultato dello studio pone al primo posto il contributo allo sviluppo sostenibile, ma tra le principali motivazioni rientra l'opportunità finanziaria. La strategia d'investimento racchiusa nell'acronimo Rsi - Responsabilità sociale d'impresa, paga. E promette di farlo ancora. «Guardando alle prospettive future, l'87% degli intervistati ipotizza una aumento costante, o addirittura crescente dell'attenzione all'investimento sostenibile e responsabile da parte degli Hnwi, a maggior ragione, se si pensa che il settore Sri è sempre più interpretato come una pratica finanziaria estendibile a tutti i tipi di asset». Non solo: superato lo scetticismo iniziale circa la performance finanziaria di un investimento sostenibile, i Hnwi vi rimangono sempre più legati, nonostante (o forse proprio perché) la turbolenza sui mercati stia continuando». Per coloro che hanno in mente di presentare progetti d'investimento ad una banca per ricevere finanziamenti, tutto questo sembra indicare un chiaro suggerimento su quale tipo di investimento provare a orientarsi.

Il puro spirito di sopravvivenza dovrebbe dunque iniziare a suggerire ad investitori e consumatori ad essere in primo luogo attori di un cambiamento profondo nel modello di sviluppo, abbracciando l'orizzonte della sostenibilità. Senza regole ed input chiari di natura politica e pubblica, è chiaro, andremmo comunque ben poco lontano. Non possiamo aspettarci che, soli, gli animal spirits del mercato diventino la panacea per un'economia ormai malata. Intanto, anche loro sembrano però iniziare a muoversi in una direzione chiara: e questa non è affatto una cattiva notizia.

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