[12/11/2012] News

Raee come "miniere urbane"? La strada è ancora lunga

ReMedia ha presentato uno studio molto ampio sulla struttura del sistema e sulle prospettive future legate al recepimento della nuova Direttiva Europea sui rifiuti elettronici.

Lo studio ha messo in luce un aspetto di grande criticità, che desta   forte preoccupazione per le gravi conseguenze che derivano da comportamenti non ambientalmente corretti resi oggi possibili da una insufficiente chiarezza della normativa italiana vigente in materia di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche.

Sulla base del principio di "responsabilità estesa", le normative Europea e Italiana in materia di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche individuano nei Produttori di tali apparecchiature i soggetti che devono assicurare un trattamento ambientalmente corretto dei RAEE. I Sistemi Collettivi istituiti dai Produttori di AEE hanno il compito di realizzare sistemi di trattamento dei RAEE utilizzando le migliori tecniche di trattamento, di recupero e di riciclaggio disponibili, avvalendosi di impianti di trattamento conformi alle disposizioni vigenti in materia.

Per quanto riguarda i RAEE provenienti dai nuclei domestici, la fase di raccolta è invece affidata ai Comuni e  ai Distributori: questi possono infatti mettere in atto sistemi di raccolta efficienti ed efficaci dei RAEE, poiché si relazionano in modo continuativo con i Cittadini e i Consumatori.

Il punto di interfaccia tra i soggetti che effettuano la raccolta (Comuni e Distributori) è rappresentato dai Centri di Raccolta (attualmente circa 3.400 in Italia), nei quali i RAEE sono suddivisi in  5 Raggruppamenti dai quali i Sistemi Collettivi ritirano i RAEE.

Sempre più spesso capita che i Gestori dei Centri di Raccolta invece di consegnare i RAEE ai Sistemi Collettivi dei Produttori di AEE vendano in modo più o meno ufficiale i RAEE a soggetti diversi, talvolta neppure appartenenti alla categoria degli impianti contemplati dal decreto legislativo 15/05.

Questo fenomeno - che diventa più rilevante nei periodi in cui il valore delle materie prime aumenta - determina la dispersione dei RAEE in molti canali paralleli, spesso piuttosto "sotterranei", che nello studio di ReMedia  vengono  denominati "Canale Informale".

In particolare il suddetto studio ha valutato in circa 300.000 tonnellate il flusso sottratto ai Sistemi Collettivi dal Canale Informale nel 2011.

Quando opera il Canale Informale, nel migliore dei casi i Gestori dei Centri di Raccolta si limitano a verificare se il soggetto a cui vendono i RAEE è in possesso di una autorizzazione per questa tipologia di rifiuti, senza però poi poter controllare se e come è effettuato il trattamento dei RAEE; in molti altri casi, invece, i RAEE sono ceduti come materiali ingombranti o rottami ferrosi, oppure vanno ad alimentare il canale delle esportazioni illegali di RAEE, e se ne perdono così le tracce.

In ogni caso, la dispersione dei RAEE lungo questi canali paralleli determina un serio rischio ambientale, su cui i Sistemi Collettivi dei Produttori di AEE non hanno alcuna possibilità di controllo o intervento.

Basti pensare, a titolo di esempio, che il trattamento non ambientalmente corretto (cioè finalizzato alla sola estrazione delle materie prime economicamente interessanti - ferro, rame e alluminio - senza alcuna preoccupazione né per le sostanze inquinanti - che vengono liberate in atmosfera - né per le materie non riciclabili - che vengono abbandonate in qualche discarica più o meno abusiva) di un solo frigorifero ha un impatto ambientale pari a circa 1,45 tonnellate di CO2 equivalente e un "costo" energetico pari a 133 kWh. Se si considera che nel 2011 in Italia sono state gestite oltre 68.000 tonnellate di RAEE del Raggruppamento R1, il beneficio ambientale del corretto trattamento dei RAEE ha superato i 2 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Inoltre, i soggetti che cercano di acquistare i RAEE dai Centri di Raccolta per trarne il massimo profitto possibile non sono in grado di raggiungere gli elevati target di riciclo previsti dalla legge; infatti, ad esempio, nel trattamento di una lavatrice non si preoccupano di effettuare - perché economicamente non remunerativa - la rimozione manuale del contrappeso (senza la quale però il target di riciclo pari al 75% in peso non può essere conseguito).

Il Canale Informale non ha nessun interesse ad assicurare un servizio efficiente ed omogeneo per il ritiro dei RAEE su tutto il territorio nazionale, puntando ad acquistare solo quelli che possono avere un elevato valore economico,  e non si preoccuperà di investire in iniziative di comunicazione e sensibilizzazione dei cittadini. Al contrario, i Sistemi Collettivi dei Produttori operano da sempre con regole molto rigide, che assicurano un servizio omogeneo e tempestivo in tutti gli  oltre 8000 Comuni d'Italia, per tutte le tipologie di RAEE.

Lo studio ReMedia ha sviluppato una proiezione al 2019, anno in cui l'Italia si stima dovrebbe raggiungere un target di raccolta e riciclo dei RAEE pari a 980.000 tonnellate, dove si evidenzia il rischio che il Canale Informale possa prendere il sopravvento, andando a soffocare i Sistemi Collettivi che dal 2008 ad oggi hanno contribuito in modo decisivo ad elevare gli standard qualitativi del riciclo dei RAEE e ad assicurare il raggiungimento delle percentuali di riciclo fissate dalla Direttiva Europea. E' infatti impensabile che i Sistemi Collettivi possano sopravvivere in una mera logica di sussidiarietà, in quanto sarebbero esposti ad una concorrenza sleale da parte degli operatori dei canali "paralleli"  e verrebbero abbandonati dagli impianti virtuosi che hanno investito in nuove tecnologie ma che non si vedrebbero più alimentati dai Sistemi Collettivi stessi. Al danno di veder implodere un sistema virtuoso si aggiungerebbe la beffa di assistere ad un appiattimento dei livelli qualitativi, causato dalla necessità degli impianti più seri di ridurre significativamente i propri costi di processo per poter reggere la concorrenza dei canali paralleli.

Tutto ciò porterebbe, sempre secondo quanto emerge dallo studio ReMedia,  ad una situazione in cui  almeno 600.000 tonnellate di RAEE Domestici verrebbero  acquisite da canali paralleli molto difficilmente controllabili, che operano con livelli qualitativi molto al di sotto di quelli necessari per assicurare una effettiva tutela dell'ambiente e orientati a favorire le esportazioni di RAEE nei paesi in via di sviluppo.

Sarebbe così praticamente impossibile assicurare all'Europa il raggiungimento dei target di recupero e si registrerebbe un impatto ambientale negativo a causa del non idoneo trattamento dei raggruppamenti R1, R3 e R5. Il danno stimato, in termini di emissioni di gas serra  potrebbe superare il milione di tonnellate equivalenti di  CO2, senza considerare il problema dell'abbandono di altre componenti pericolose nell'ambiente.   

Questa situazione molto grave richiede da subito interventi normativi in grado di dare al Sistema Ufficiale (Comuni, Sistemi Collettivi, Gestori, Distribuzione e Impianti accreditati) la possibilità di raggiungere il target di  980.000 di RAEE domestici gestiti nel 2019  ponendo quale priorità assoluta agli obiettivi di tutela ambientale che, in questo caso, devono prevalere su logiche di mercato che se forse possono funzionare per tipologie di rifiuti più elementari, rischiano di portare il Paese a scenari nefasti nel caso delle apparecchiature elettriche ed elettroniche a fine vita, prodotti molto complessi da un punto di vista sia costruttivo che di quantità e tipologia di materiali impiegati per la loro fabbricazione.

Supportati da un quadro normativo chiaro e organico, gli attori del Sistema Ufficiale potrebbero iniziare immediatamente a costruire una strategia che porti il Paese a raggiungere l'eccezionale traguardo di 16 kg di RAEE gestiti nel 2019, riducendo così i flussi dispersi o indirizzati su canali poco trasparenti a sole 180.000 tonnellate (rispetto alle 640.000 del 2011). Questa impostazione avrebbe inoltre l'ulteriore vantaggio di spingere gli operatori del Canale Informale ad elevare la loro qualità, per poter accedere al Sistema Ufficiale attraverso una competizione leale, potendo così dare continuità al proprio business e sviluppandolo  in un quadro di regole chiare e condivise.

di Danilo Bonato, direttore generale di ReMedia

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