[24/10/2012] News

E' la legge statale che fissa il periodo dell'esercizio venatorio

Il periodo entro il quale è consentito l'esercizio venatorio è fissato dalla disciplina statale dato che è una delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili. Rientra nella materia della tutela dell'ambiente di competenza esclusiva dello Stato (art. 117 comma 2 lett. s) Cost.), vincolante per il legislatore regionale. Di conseguenza la disposizione che proroga la stagione venatoria oltre i termini previsti dalla legge statale «incide sul nucleo minimo - comprensivo anche delle modalità di caccia - di salvaguardia della fauna selvatica, violando così uno standard di tutela uniforme per l'intero territorio nazionale».

Lo ricorda il Tribunale amministrativo del Lazio (Tar) che con sentenza di questo mese - 18 ottobre 2012, n. 8640 - annulla il decreto dell'1 agosto 2011 (T0269) nella parte in cui regolamenta i periodi di esercizio dell'attività venatoria nell'area di protezione esterna al Parco d'Abruzzo, del Molise e del Lazio, versante laziale in difformità dal parere dell'Ispra senza fornire una valida motivazione e il decreto del 16 dicembre 2011 (T0417) nella parte in cui consente l'attività venatoria, nella forma della caccia controllata, anche ai non residenti nei comuni interessati.

Per costante insegnamento della Corte Costituzionale, «la disciplina statale che delimita il periodo venatorio ... è stata ascritta al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando in quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante anche per le Regioni speciali e le Province autonome» e che «le disposizioni legislative statali che individuano le specie cacciabili» hanno carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociali.

Il fondamento di tale competenza esclusiva si trova nell'esigenza di garantire su tutto il territorio nazionale soglie di protezione della fauna. Soglie che si qualificano come "minime", che costituiscono, cioè, un vincolo rigido sia per lo Stato sia per le Regioni, ordinarie e speciali, a non diminuire l'intensità della tutela. Quest'ultima può variare, in considerazione delle specifiche condizioni e necessità dei singoli territori, solo in direzione di un incremento, mentre resta esclusa ogni attenuazione, comunque motivata.

Nel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, inoltre, deve includersi, accanto all'elencazione delle specie cacciabili, la disciplina delle modalità di caccia, tra cui quella che delimita il periodo venatorio. E al riguardo riveste una certa rilevanza il divieto dell'esercizio venatorio durante il ritorno dal luogo di nidificazione e durante il periodo della nidificazione e le fasi di riproduzione e della dipendenza degli uccelli (imposto dall'art. 18, comma 3, della legge n. 157 del 1992). La previsione dei periodi di apertura e chiusura della caccia deve, pertanto, avvenire nel pieno rispetto di tale divieto, la cui corretta individuazione da parte dell'Amministrazione trova realizzazione - nel concreto - anche in virtù dell'apporto fornito dall'Ispra attraverso il rilascio del parere.

Comunque, è escluso che la Guida dell'Ispra pubblicata nell'estate del 2010 costituisca "lo strumento tecnico di indicazione degli standard minimi di tutela statale" ogni discrasia tra la decisione assunta dalla Regione ed il parere dell'Ispra deve essere congruamente motivata; Tale motivazione deve investire precipuamente le caratteristiche biologiche della fauna e le situazioni ambientali che caratterizzano l'ambito regionale.

Per quanto riguarda la questione dell'attività venatoria nelle aree protette, nella forma della caccia controllata, anche per i non residenti nei comuni interessati è da ricordare la legge n. 394 del 1991.

La legge del 1991 prevede che all'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita.

Tenuto conto delle particolari finalità di pubblico interesse della disciplina, il criterio della caccia controllata deve poter trovare applicazione in tutti i casi in cui ciò si riveli possibile e, dunque, anche nei casi, in cui un'intesa tra regione ed organismo di gestione dell'area protetta ai fini dell'individuazione di "aree contigue" risulta intervenuta. Da ciò consegue l'illegittimità, per contrasto con la legge statale, di una delibera che ammette all'esercizio della caccia, in tali aree, anche i soggetti non residenti.

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