[22/10/2012] News toscana

Traforo del Monte Tambura, per Salviamo il Paesaggio è «Scacco matto alle Alpi Apuane»

Secondo la rete di Associazioni nazionali e locali "Salviamo il Paesaggio-Difendiamo i territori", con la costruzione del traforo del Monte Tambura «viene sferrato l'ennesimo attacco alle Alpi Apuane» e «come al solito sotto il falso nome dello sviluppo per il territorio, si persegue la strada del guadagno soltanto per alcuni privati. Va segnalato che il progetto, già sponsorizzato da Altero Matteoli e appoggiato dall'amministrazione di Vagli e dal sindaco di Carrara (cioè i due comuni finali messi in collegamento dal traforo) è fortemente osteggiato dal comune di Massa il cui territorio sarebbe devastato dal traforo e da alcuni chilometri di strada: "un crimine" lo ha definito l'assessore Vivoli».

Il traforo collegherà la statale 445 della Garfagnana al mare, lo sbocco nel versante tirrenico della Tambura è previsto a Resceto (Massa), poi la strada, dopo aver attraversato tre vallate, si collegherà a Colonnata per inserirsi nella strada dei marmi recentemente aperta dal comune di Carrara. I 20,8 km di strada costruiti con un project financing costeranno 542 milioni e 752.000 euro e l'opera si autofinanzierà con la 10 concessioni a Vagli e 22 a Carrara, oltre al recupero del materiale proveniente dallo scavo del traforo vero e proprio.

Salviamo il Paesaggio attacca anche la Regione Toscana, «che qui nelle Alpi Apuane ha creato un Parco regionale nel 1997, ha firmato con Matteoli, quando era ministro delle infrastrutture e dei trasporti, un protocollo d'intesa in cui, oltre all'autostrada tirrenica, compariva anche il Traforo. Che dire? Una Regione con poca per non dire zero attenzione per l'ambiente e soprattutto per questa tormentata area marmifera, basta ricordare che ancora oggi manca il piano del Parco per l'attività estrattiva e consente che le cave di Massa vengano alienate con una legge del 1846 (milleottocentoquarantasei). E' notizia dell'11 ottobre che l'Anas ha consegnato il progetto di fattibilità al Comune di Vagli di Sotto e al ministero delle infrastrutture e dei trasporti (già diretto da Altero Matteoli)».

Secondo la rete di associazione i comitati, «l'opera si configura come un vero e proprio disastro ambientale per i seguenti motivi: a)  Alterazione  del paesaggio in sito protetto, all'interno del Parco regionale delle Alpi Apuane, dove sono presenti siti di interesse comunitario e regionale Sic,Sir e Zps; non solo, ma lo scorso anno il Parco è stato inserito tra geoparchi dell'Unesco. b)  devastazione di uno dei complessi carsici più importanti d'Italia e del mondo ricco con  grotte ramificate, cavità (150 registrate nel catasto speleologico toscano), abissi (sei superiori a 1000m di profondità), laghi e fiumi sotterranei in parte ancora inesplorati c)  Inquinamento e probabile essiccazione della rete idrica profonda più importante di tutta la Toscana, il cui bacino si estende dalla Garfagnana, alla Lunigiana, alla Versilia. La Tambura infatti è al centro di un esteso e ramificato sistema che rilascia l'acqua alle sorgenti di Equi Terme, alla Pollaccia di Seravezza, alla sorgente di Forno (Massa) che con i suoi  1500 litri di portata media annua è la più importante della Toscana. Lo scopo di questo attacco senza pari all'ambiente è legato semplicemente alla volontà di favorire i grandi industriali del marmo che avranno in questo modo la possibilità di scavare senza i pochi vincoli imposti dal Parco».

Il Comune di Massa, dato che  la viabilità del traforo dovrebbe attraversare parte del suo territorio, ha incaricato un tecnico della studio di fattibilità, che «è risultato negativo sia nel caso di viadotti per la precarietà del territorio e la violazione dei siti Natura 2000 presenti, sia nel caso di percorsi sotterranei i quali ultimi intersecherebbero pesantemente il sistema acquifero che da acqua al Frigido».

Salviamo il Paesaggio riporta la Relazione di incidenza delle previsioni del Piano strutturale del Comune di Massa relativa ai Siti di importanza regionale (Sir) presenti nel territorio e individuati come parti integranti della "Invariante strutturale dei beni paesaggistici di interesse comunitario e le identità specifiche dell'ambiente, del paesaggio, della storia e della cultura".

Secondo il documento, «per i Sir si prevede, quale obiettivo prestazionale, il mantenimento delle identità dei diversi ecosistemi, la conservazione degli habitat e la protezione delle specie vegetali ed animali. In coerenza con tale obiettivo nei Sir è consentita la fruibilità da parte del pubblico per attività ricreative ed educative regolate in funzione della tutela degli habitat stessi. In particolare la disciplina del PS, nel rispetto delle norme relative alla conservazione degli habitat e delle specie d'interesse conservazionistico, e fatte salve norme più restrittive previste dal Piano del Parco delle Apuane, detta le seguenti regole relative all'uso dell'invariante strutturale: la salvaguardia e la tutela dell'ambiente naturale ed il mantenimento degli equilibri biologici ed ambientali in atto; l'esercizio di attività escursionistiche, didattiche e di ricerca scientifica che mantengono intatti i caratteri paesaggistico-ambientali dei siti; il recupero del patrimonio edilizio esistente da destinare alle originarie funzioni o a supporto delle attività di cui al punto precedente; il divieto della diminuzione di superficie degli habitat e di qualsiasi intervento che comporti la frammentazione degli stessi; il divieto di introdurre, sia nei siti che in aree esterne, elementi di perturbazione o tali da indurre cambiamenti negli elementi principali dei siti; il divieto di interventi di modifica del regime delle acque, salvo quanto necessario al prelievo idropotabile e alla difesa antincendio, garantendo sempre il flusso vitale minimo dei corsi d'acqua; il divieto di scavi e movimenti di terreno ad eccezione di quelli finalizzati alla difesa idrogeologica e al recupero ambientale di cave dismesse e di aree degradate; il divieto di trasformazione d'incolti in aree coltivate e qualsiasi uso suscettibile di generare infiltrazioni negli acquiferi vulnerabili; il divieto della realizzazione di opere infrastrutturali e d'interventi edilizi che comportano aumento del carico urbanistico, ivi compresi i cambi di destinazione d'uso, ad eccezione degli interventi di ampliamento e ristrutturazione dei rifugi alpini e dei bivacchi fissi; qualunque piano od intervento, sia esso interno o esterno ai Sir, suscettibile di avere un'incidenza sul sito deve essere sottoposto alla procedura di valutazione d'incidenza prevista dall'art. 5 del DPR n. 357/1997 e successive modifiche ed Integrazioni (...) Conseguentemente, dato l'enorme valore ambientale dei siti in oggetto, il RU, i piani Complessi ed i piani attuativi che possono avere incidenza sui SIR dovranno essere accompagnati da indagini e studi naturalistici mirati, come espressamente previsto all'ultimo punto delle regole d'uso relative ai SIR in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 5 del DPR n. 357/1997 così come modificato dal DPR n. 120/2003. Ad ogni modo negli elaborati del PS, emerge chiaramente la volontà e necessità di salvaguardare le risorse naturali presenti nel territorio, anche quali occasione di sviluppo economico da non sottovalutare e non sono riscontrabili incidenze significative che possano produrre effetti negativi sui Sir in quanto non risultano:  interventi che comportano la diminuzione della superficie di degli habitat; previsioni che comportino la frammentazione degli habitat; l'introduzione, nei siti protetti o in aree esterne, di elementi di perturbazione; cambiamenti negli elementi principali dei sito».

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