[17/10/2012] News

Obama batte Romney nel secondo dibattito, anche su energia ed ambiente

La scelta è tra la prudenza di Obama e il jurassic park fossile di Romney

Nel secondo dibattito per le elezioni presidenziali Usa, Barack Obama ha battuto ai punti il suo sfidante repubblicano mettendolo in difficoltà su economia, energia, lavoro, Libia, Cina. Obama è apparso più deciso e Romney è caduto in una delle sue clamorose gaffe sulla Libia e si è fatto dare del bugiardo diverse volte sui temi principali che è sembrato affrontare senza altra preparazione che quella ideologica della destra neoconservatrice americana.

Per quanto riguarda l'attacco al Consolato Usa a Bengasi, che ha provocato la morte dell'ambasciatore  Christopher Stevens e di tre membri del corpo diplomatico Usa, Obama ha detto: «Sono il Presidente e sono sempre responsabile», caricandosi quindi delle responsabilità che si era assunta il Segretario di Stato Hillary Clinton ma ha avuto buon gioco a dimostrare quanto sbagliava Romney che lo aveva appena accusato di aver ammesso la natura terroristica dell'attacco solo una quindicina di giorni dopo, cosa immediatamente smentita da un veloce controllo della moderatrice del dibattito che ha confermato che Obama aveva subito detto che si trattava di un atto terroristico.

Poi il dibattito, benché aspro, è stato in discesa per Obama che ha sfidato Romney ripetutamente sul piano fiscale per le sue proposte di tagliare le tasse ai ricchi. Ma anche sull'economia, con Romney che aveva essenzialmente un argomento: «so come funziona l'economia, so come creare posti di lavoro». Obama lo ha incalzato e quanto alla polemica dei repubblicani per l'invasione dei prodotti cinesi e per la delocalizzazione delle imprese americane in Cina è stato facile far presente che Romney ha investimenti in Cina ed nel paradiso fiscale delle Isole Cayman. Obama ha detto ironicamente di Romney: «Non ha un piano in cinque punti, ha un solo un piano di un punto e questo piano è quello di fare in modo che la gente altolocata abbia un diverso insieme di regole».

Ma la botta più forte Romney l'ha avuta nell'intervento finale, quando non poteva più replicare ad Obama: «Credo che il governatore Romney sia un uomo buono - ha detto un accondiscendente presidente - Ama la sua famiglia, si preoccupa per la sua fede. Ma credo anche che quando ha detto a porte chiuse che il 47% per cento del Paese si consideravano vittime che rifiutano la responsabilità personale, dovesse pensare di cosa stava parlando. Gente che ha lavorato tutta la vita per la sicurezza sociale. Veterani che si sono già sacrificati per questo paese. Gli studenti là fuori stanno cercando di andare avanti e che  sperano nei loro sogni, che sono anche i sogni di questo Paese. I soldati che in questo momento sono all'estero e combattono per noi. Le persone che lavorano duramente ogni giorno, pagano le tasse sui salari, le tasse per il carburante, ma non hanno un reddito sufficiente. Voglio combattere per loro. Questo è quello che ho fatto negli ultimi quattro anni. Perché se ci riescono, credo che il Paese ci riesca».

Nel mezzo c'è stato un a volte duro dibattito sui temi dell'energia e  della green economy, con Obama che ha dimostrato che la sua (timida) politica in favore dell'eolico e delle rinnovabili (e dello shale gas) ha fatto calare le importazioni di petrolio rispetto all'epoca di George Bush.

Michael Brune, il direttore esecutivo  di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, ha detto che Mitt Romney, che gli ecologisti americani vedono come il fumo negli occhi, «Ha raddoppiato i combustibili fossili e le fonti di energia sporca del passato. Ha detto che avrebbe "combattuto per il petrolio, il carbone e il gas naturale". Gli americani meritano un presidente che non abbia paura di portare in America le fonti energetiche del XXI secolo e il presidente Obama ha ribadito il suo impegno a far rivivere il  manifatturiero americano, investendo nell'innovazione dell'energia pulita e garantendo che i lavoratori americani abbiano uno stipendio alto e posti di lavoro altamente qualificati per loro e per le loro famiglie».

In realtà in campo energetico i due sfidanti sono d'accordo su diverse cose: entrambi (dopo il ripensamento di Obama) sostengono l'energia nucleare e le trivellazioni petrolifere, anche all'interno delle aree protette  e delle "Public Land". L'unica differenza è che Obama terrà conto delle proteste degli ambientalisti per quanto riguarda i siti più delicati. Sia Romney che Obama sostengono il cosiddetto "carbone pulito"  e la sperimentazione del Carbon capture storage, anche se l'aumento del consumo di gas a basso costo ha portato alla chiusura di 120 obsolete ed inquinanti centrali a carbone.

Sia il Presidente che il candidato repubblicano sostengono che gli Usa devono affidarsi maggiormente al gas naturale estratto nel Paese e sono più che favorevoli al contestatissimo fracking, la tecnica per estrarre attraverso l'iniezione di acqua e sostanze chimiche il gas dagli scisti. Però l'amministrazione Obama sta cominciando ad intervenire dove il fracking ha forti impatti ambientali sulle riserve di acqua dolce. 

La più grande differenza tra Obama e Romney in materia di energia è la loro posizione sulle rinnovabili. I repubblicani hanno fatto marcia indietro sulle fonti rinnovabili anche rispetto a George W. Bush che, quando era governatore del Texas, sosteneva l'energia eolica, tanto che quello stato solidamente repubblicano è in testa alle classifiche di produzione di energia eolica. Ora invece i repubblicani si oppongono agli incentivi federali per l'energia eolica (molto più bassi di quelli europei o cinesi) e le fabbriche della catena di approvvigionamento, che prima erano tra le migliori d'America, stanno chiudendo, mentre le imprese straniere stanno invadendo il mercato Usa con nuove tecnologie e impianti.

Obama punta sul creare lavoro nelle tecnologie pulite, nelle energie rinnovabili, smart grid, e veicoli elettrici che per lui rappresentano il futuro e la soluzione migliore, e più a basso costo rispetto ai combustibili fossili,  per la ripresa dell'economica nazionale, ma che servono anche a fornire ai Paesi in via di sviluppo gli strumenti per tirarsi fuori dalla povertà.

Ma nella difesa delle rinnovabili c'è anche una motivazione elettorale: l'eolico è estremamente popolare negli Stati del Midwest, come l'Iowa, dove i ricavi dell'energia prodotta dalle pale eoliche stanno salvando dal fallimento molte aziende agricole a conduzione familiare e che vedono l'opposizione repubblicana al federal production tax credit come una pericolosa assurdità proprio mente si chiede di aumentare i già lucrosi sussidi federali alle Big Oil, ai King Carbon ed alla lobby del nucleare. Secondo un recente rapporto, il sostegno federale alle energie rinnovabili è il 10% dei sussidi di lunga data per l'industria dei combustibili fossili.

Nonostante tutto questo, l'approccio di Obama è ancora molto cauto rispetto, ad esempio, a quello di molti Stati che, come ha fatto l'ex governatore repubblicano della California Arnold  Schwarzenegger, hanno creato un'industria delle energie rinnovabili di livello mondiale e che, a differenza del governo federale, si sono impegnati per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Agli ambientalisti non resta che cercare di evitare una disastrosa vittoria di Romney e sperare in Obama, più in sintonia con i loro obiettivi energetici e di salvaguardia della natura, e sperare che la necessità di creare nuovi posti di lavoro passi per la green economy e le nuove tecnologie energetiche pulite.

Se né Romney né Obama stanno dimostrando l'audacia necessaria per riorganizzare davvero in maniera sostenibile la più energivora e consumistica economia del pianeta, almeno Obama continuerà a muoversi prudentissimamente nella giusta direzione. Sempre meglio di un ritorno indietro al jurassic park fossile che rappresenterebbe una vittoria dei repubblicani per gli Usa e per tutto il mondo.

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