[16/10/2012] News toscana

L’agricoltura toscana produce il 3% della quantità totale di CO2: si può migliorare

L'agricoltura toscana non produce CO2 in quantità rilevante. Si tratta del 3% della quantità totale di CO2 della Regione, e il dato è inferiore alla metà della media nazionale, dove l'agricoltura contribuisce per circa il 7% al totale delle emissioni di CO2. In valore assoluto il dato riferito all'agricoltura toscana è inferiore a 1 milione di tonnellate di CO2 equivalente. I boschi toscani, che coprono circa il 50% della superficie regionale, hanno la capacità di assorbire circa 10 milioni di tonnellate di CO2, a fronte di un livello di emissioni di gas serra della regione, stimate nel 2007 pari a circa 33 milioni di tonnellate CO2.

Sono questi i principali numeri emersi dal convegno "Sostenibilità dei sistemi agricoli toscani e promozione delle produzioni a ridotta emissione di CO2" che si è svolto oggi a Firenze nell'aula magna della facoltà di Economia.

Nel corso dell'iniziativa sono stati presentati i risultati di due progetti finanziati dalla Regione Toscana: "Satregas" (Sistemi agricoli toscani per la riduzione delle emissioni di gas serra), finalizzato all'individuazione di strategie di coltivazione e prima trasformazione a bassa emissione di CO2 adatte ai sistemi agricoli toscani e "Aria" (Azioni regionali per l'etichettatura ambientale), finalizzato alla valutazione delle emissioni di CO2 nelle fasi di conservazione, confezionamento e trasporto dei prodotti agricoli e all'individuazione di modalità di comunicazione per la promozione di prodotti agricoli a basso impatto ambientale.

«L'obiettivo che ha mosso la Regione Toscana- ha precisato l'assessore all'agricoltura e foreste Gianni Salvadori (nella foto) -  è stato quello di studiare la possibilità di ridurre le emissioni di gas serra nell'ambito dell'intera filiera agro-alimentare, sia migliorando o modificando le pratiche agricole correnti, che individuando modelli più virtuosi di trasformazione, distribuzione e consumo, soprattutto dei prodotti agricoli freschi, a partire dall'approfondimento di due casi studio: il pomodoro da mensa e il latte fresco. La ricerca ha messo chiaramente in evidenza come sia possibile contribuire a questo obiettivo con la gestione dei terreni e la diffusione di pratiche colturali sostenibili.

Gli studi condotti - ha continuato l'assessore - mostrano come lavorazioni ridotte e più superficiali del terreno o il mantenimento il più a lungo possibile di una copertura vegetale sul terreno stesso, ad esempio attraverso l'inerbimento delle colture arboree o la realizzazione di colture da sovescio, consentono di conservare nel suolo significative quantità di carbonio. Ma anche pratiche tradizionali come la rotazione colturale, che evita il ripetersi sullo stesso terreno della medesima coltura, l'inserimento di specie foraggere, l'interramento dei residui colturali, rappresentano criteri di gestione del suolo che, aumentando il contenuto di biomassa nel suolo, possono produrre sia la riduzione delle emissioni di gas serra che un aumento dei "sequestri" di carbonio. In altre parole, è come se la CO2 venisse "catturata" dal terreno invece che rilasciata in atmosfera».

 Anche per quanto riguarda l'attività di allevamento, il progetto ha verificato che una gestione corretta dell'alimentazione, dei reflui di allevamento e delle pratiche agronomiche per la produzione di alimenti destinati al bestiame possono ridurre in maniera considerevole le emissioni riconducibili al comparto zootecnico (principalmente metano e protossido di azoto). In generale l'agricoltura biologica si è confermata come uno dei sistemi di produzione che meglio può contenere le emissioni di gas serra, grazie alla sostanziale riduzione dell'impiego di mezzi tecnici.

La coltivazione in pieno campo ad esempio del pomodoro da mensa, corrisponde un livello di emissioni inferiore del 50 % rispetto alla coltivazione in serra. Per quanto riguarda il secondo studio «ne emerge la conferma di quello che abbiamo sempre sostenuto incentivando la filiera corta e i prodotti di stagione - ha aggiunto Salvadori - Sistemi di approvvigionamento a lunga distanza o a bassa efficienza energetica implicano elevate emissioni non soltanto per gli elevati consumi connessi al trasporto, ma anche per il tipo di confezionamento e per la modalità di conservazione. E da questo lavoro emerge anche quanto sia importante il ruolo dei consumatori e quanto sia necessario mettere a loro disposizione le informazioni che riguardano anche l'impatto ambientale connesso ai diversi sistemi produttivi».

Con il contributo dei consumatori, attraverso una specifica indagine, il progetto ha definito alcune linee guida per lo sviluppo di un sistema di etichettatura che potrà essere utilizzato dai produttori in modo da orientare in maniera consapevole le scelte verso prodotti che contribuiscono alla riduzione delle emissioni in atmosfera. «I risultati del progetto ci sono utili per definire nel PSR 2014-2020 politiche volte a favorire più basse emissioni di CO2 e per individuare interventi per fronteggiare i cambiamenti climatici che oggi rappresentano una delle emergenze alle quali è obbligatorio fare fronte» ha concluso Salvadori.

I due progetti erano stati affidati tramite bando pubblico al Daga (Dipartimento di Agronomia e gestione dell'agroecosistema) dell'Università di Pisa e al Dipsa (Dipartimento delle Scienze delle produzioni vegetali del suolo e dell'ambiente  agroforestale) dell'Università di Firenze, con la partecipazione della Scuola S. Anna di Pisa, del Dipartimento di Scienze economiche dell'Università di Firenze e del Centro Avanzi dell'Università di Pisa. 

 

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