[11/10/2012] News toscana

Da Alcoa alla Lucchini: le salverą il vento? Un livornese presenta il progetto KiteGen

La proposta: «Insegniamo a 'pescare' autonomamente l'energia». Tante chance in Toscana

Partiamo dalla cronaca: il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio de Vincenti, ha detto di recente che per Alcoa «rimangono in ballo tre manifestazioni di interesse». Poi ce ne sarebbe una che arriva oggi dal Texax. Ma che «L'unica di cui siamo al corrente, è quella di Klesch - sostiene invece il responsabile per gli Affari europei di Alcoa, Alessandro Profili -. Per gli altri casi abbiamo avuto notizia dalla stampa ma nessuna dichiarazione di interesse».

Tra gli altri casi c'è, come noto, KiteGen, società di Torino che propone un progetto "sostenibile" per la produzione di energia e piuttosto innovativo, dove lavora Andrea Papini, ingegnere livornese. Al quale rivolgiamo subito una domanda: come stanno le cose al momento?

«La nostra proposta si inserisce in un più vasto piano diretto a rendere competitivo lo stabilimento Alcoa di Portovesme, che vede coinvolti sia lo stato e la regione Sardegna, che ogni altra possibile entità interessata a rilevarlo.  La proposta è stata inviata al governo il 10 settembre ed è presente sul nostro sito. Alcoa ha dimostrato subito il suo interesse in relazione alla sua strategia mondiale riguardo alle rinnovabili. La proposta prevede la conversione parziale delle necessarie sovvenzioni statali (sconto sul prezzo dell'energia) in capitale per l'avviamento di un parco eolico che soddisfi il fabbisogno energetico dello stabilimento sardo, e produca stabilmente energia a un costo sufficientemente basso da renderebbe competitivo l'impianto produttivo.

Su molti media è stata data evidenza al nostro interessamento a rilevare l'impianto. Siamo molto interessati alla vicenda per mostrare quanto la questione energetica sia importante per l'economia. Inoltre se la soluzione al problema dello stabilimento Alcoa arrivasse da KiteGen, facendo tornare remunerativo l'impianto, una soluzione proprietaria pubblica nel modello dei länder tedeschi e un'adeguata dose di gratitudine espressa in equity per KiteGen penso che sarebbe opportuna».

Da quanto è dato sapere il vostro sembra il progetto più avveniristico, ce lo può spiegare meglio?

«Un famoso proverbio cinese dice "Se dai un pesce ad un uomo lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita".  La proposta di KiteGen è quella di insegnare a pescare autonomamente l'energia per il buon funzionamento dell'impianto, e da li mostrare il modello vincente per tutte le realtà produttive nelle stesse condizioni di difficoltà.

La fame di energia degli smelter è il fulcro del problema dell'azienda. Se non trova il modo di rifornirsi di energia ad un prezzo molto basso, compreso circa fra 1/3 e 1/2 del prezzo di mercato, non sarà in mai in grado di chiudere i bilanci in attivo. La Glencor, interessata all'acquisizione dello stabilimento, aveva posto al Governo una condizione imprescindibile: il costo dell'energia per i prossimi 10 anni non avrebbe dovuto superare i 25 €/MWh. Il governo ha offerto 35 €/MWh e la trattativa è saltata. Se facciamo due conti, per scontare l'energia elettrica all'impianto di Portovesme, lo stato dovrà sborsare almeno un miliardo di euro in 10 anni. Inoltre quei soldi non sarebbero spesi per risolvere il problema, ma solo per rimandarlo!

È all'interno di queste trattative fra lo stato e i potenziali acquirenti di Alcoa che KiteGen inserisce la sua proposta di soluzione offrendo la sua tecnologia, soluzione che stavolta sarebbe definitiva. Nel dettaglio la proposta prevede di realizzare un parco eolico troposferico che soddisfi il fabbisogno energetico dello stabilimento di Portovesme, e produca stabilmente energia a un costo fortemente vantaggioso per lo stabilimento. Il programma di sviluppo prevede 3 step della durata complessiva di 4-5 anni e un costo dell'ordine di 60 milioni di €. Un aspetto molto interessante è che il primo step costa un decimo del totale e in poco più di un anno si pone l'obiettivo di dimostrare la produzione di energia elettrica a prezzi prossimi alla famigerata grid parity».

Dai rendering che si possono trovare sul vostro sito ci si può fare l'idea di una sorta di giostra di aquiloni che volando altissimi sopra i capannoni, è un'immagine verosimile di come potrebbe apparire l'Alcoa del futuro?

«No, il generatore "a giostra", che chiamiamo "KiteGen Carousel", costituirà la seconda generazione dei nostri prodotti. Il Carousel sarà una macchina con un diametro superiore al chilometro, messo in rotazione da decine di kite in volo controllato, in grado di produrre potenze nominali superiori ai 100 MW, fino a superare il GW. Giusto per fare un po' di chiarezza sui prodotti in sviluppo (vedi foto) esistono 4 categorie di prodotti, 2 on-shore e 2 off-shore. La proposta ad Alcoa si basa sul nostro primo prodotto in fase di industrializzazione: il "KiteGen Stem" nella sua prima versione con potenza nominale di 3 MW. Per alimentare l'Alcoa ne serviranno circa 200 e, considerando che la distanza minima fra 2 generatori è di 100 m, sarà sufficiente un terreno di 2 km2. Quindi tornando alla sua domanda, direi che un'immagine verosimile di come potrebbe apparire in futuro il terreno vicino all'Alcoa, la si può trovare nel video introduttivo sul KiteGen Stem (vedi anche il video in fondo all'articolo), e precisamente al minuto 1:30».

Qual è la differenza tra l'eolico classico e il KiteGen? Sono previsti significativi miglioramenti nel rendimento, o una maggiore presenza di luoghi dove sia ottimale utilizzare questa tecnologia?

«Potrei scrivere un trattato a riguardo ma mi limiterò a citare tre delle principali differenze:

La prima è che KiteGen rappresenta un cambiamento radicale nella tecnologia eolica che permette di superare alcune barriere tecnologiche insite nelle turbine eoliche, e migliorando diversi aspetti della produzione energetica, primo fra tutti il rendimento. Il fattore chiave sta nell'aver progettato un sistema ideale per lo sfruttamento dei venti d'alta quota, un giacimento di energia molto più grande e più uniformemente distribuito rispetto ai venti superficiali. Ci sono diversi dati empirici e pubblicazioni scientifiche che confermano questa tesi. Qui mi limito a citare solo l'ultimo articolo pubblicato su Nature che calcola in 400 TW la potenza estraibile in tutto il pianeta dai venti superficiali, e 1800 TW quella disponibile ad alta quota. Significa che con i venti d'alta quota si potrebbe generare una potenza pari a 100 volte il fabbisogno di energia di tutta l'umanità.

La seconda è che il principio di funzionamento di KiteGen, prevede che kite e cavi leggeri e resistenti siano gli unici componenti che salgono in quota per raccogliere l'energia del vento, mentre nelle turbine eoliche questo ruolo è svolto dalle pale in materiale composito e dalla torre di acciaio. Le dimensioni di KiteGen Stem risultano quindi notevolmente ridotte, abbattendo il peso complessivo del generatore, i materiali necessari per costruirlo, e di conseguenza i costi. Basti pensare che una torre eolica da 3 MW è alta più di 100 m,  pesa fino a 400 tonnellate ed i suoi componenti necessitano di trasporti eccezionali per raggiungere il luogo di installazione. Kitegen Stem invece è alto 1/5 e pesa 1/20 della torre e può essere trasportato con soli 3 TIR standard.

Una terza e importante differenza è la possibilità di potenziare gli impianti installati, introducendo riduzioni specifiche dei costi; una possibilità che è quasi esclusa per le tradizionali torri eoliche. Immaginate di avere un parco eolico che ogni anno vi permetta di fare un nuovo investimento: aumentare la produttività semplicemente acquistando e installando nuove pale più performanti. Con le turbine eoliche questa possibilità non esiste, ma nel caso di KiteGen Stem, almeno nei primi anni di sviluppo, gli upgrade saranno una certezza. Infatti i kite ed i cavi del KiteGen Stem sono contemporaneamente i principali responsabili dell'efficienza di produzione energetica, ed i principali consumabili. Nei prossimi anni saranno sviluppati kite e cavi sempre più efficienti ed economici che aumenteranno sensibilmente la produzione e i guadagni dei parchi eolici installati».

Che ruolo ha lei nel progetto? Che percorso ha fatto per arrivare da Livorno alla KiteGen di Torino?

«Mi sono laureato a Pisa in ingegneria meccanica ad indirizzo robotico e ho sempre avuto la passione per le energie rinnovabili e per l'innovazione tecnologica in genere.  Appena sono venuto a conoscenza dell'idea di Massimo Ippolito di creare un grande robot che "gioca a produrre energia con un aquilone", ne sono rimasto subito affascinato. Grazie ai miei studi ho potuto stimare la bontà dell'idea, documentandomi con pubblicazioni scientifiche che si trovano in rete e facendo "qualche" conto. Nel 2010 con l'apertura di KiteGen ai piccoli investitori e con gli "open day", ne ho approfittato per conoscere la società ed investire una piccola somma. Oggi sono socio di SOTER (società veicolo per investire in KiteGen) e business development consultant di KiteGen. Diciamo che chi fosse interessato ad investire in KiteGen, anche piccole cifre, volendo può contattarmi»

In Italia e anche in Toscana sono purtroppo molte le aziende in crisi, ne avete individuate altre che potenzialmente potrebbero avere le caratteristiche giuste per "sposare" il KiteGen?

«Senza andare troppo lontano, è notizia recente che il sindaco di Piombino è salito sul tetto delle acciaierie ex Lucchini per richiamare l'attenzione sui problemi della siderurgia locale. Il settore soffre ovviamente del calo dei consumi che si manifesta con una riduzione della domanda di acciaio. Se si pensa che il siderurgico utilizza circa il 13% dell'energia elettrica dell'intero settore manifatturiero italiano, si può capire come una forte riduzione dei costi di approvvigionamento potrebbe generare risparmi sufficienti a ripianare il deficit dovuto al calo delle vendite. Da questo punto di vista KiteGen potrebbe sicuramente contribuire alla soluzione.

In generale tutte le aziende con impianti produttivi fortemente energivori potrebbero essere le candidate ideali per partecipare al piano industriale. Ad esempio l'industria della carta (presente in provincia di Lucca), o quella del vetro (in provincia di Pisa e di Firenze), oppure più vicino a Livorno, la Solvay di Rosignano».

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