[08/10/2012] News

Chavez ha rivinto. Il socialismo petrolifero e il futuro del Venezuela e dell’America Latina

Forse qualcuno dovrà chiedere scusa al rieletto presidente del Venezuela Hugo Chavez, accusato di diffondere sondaggi falsi che invece si sono rivelati esatti fino al decimale, così come bisognerà rivedere anche il giudizio sulla democrazia elettorale di questo ex golpista che vinse le elezioni del 1998 (spazzando via i corrotti partiti venezuelani) con il 56,24% dei voti, dopo aver subito e sventato nel 2002 (grazie all'appoggio popolare) a sua volta un colpo di stato ordito dall'opposizione di destra, appoggiata chiaramente dagli Usa,  è stato rieletto nel 2006 con il 62,84%, e ieri è stato riconfermato da 7.44.082 venezuelani con il 54,42% dei voti.

Se è vero che il socialista-bolivarista e cattolicissimo Chavez ha un'idea singolare della democrazia, se è vero che utilizza in maniera spregiudicata i media per mantenersi al potere, se è vero che il suo partito, il Psuv, usa spesso maniere spicce, è anche vero che lo stesso candidato unitario dell'opposizione della Mesa de la unidad democrática, che andava dall'estrema sinistra all'estrema destra, ha riconosciuto (per la prima volta) che la vittoria di Chavez è stata il frutto di elezioni regolari e democratiche tanto che il presidente si è felicitato con la dirigenza dell'opposizione «perché hanno riconosciuto la verità, hanno riconosciuto la vittoria del popolo» e poi, davanti ad un'oceanica folla osannante, ha invitato l'opposizione a lavorare per il bene del Venezuela e per «il futuro della Patria venezuelana».

A chi lo accusa di aver dissipato i proventi del petrolio nazionalizzato, Chavez risponde di aver ridotto la povertà estrema ad un massimo dell'11%, di aver quasi sconfitto la malnutrizione, di aver fatto calare la disoccupazione, di aver fatto costruire una casa a chi viveva in una baracca di lamiera, risponde che l'Unesco ha riconosciuto che nei suoi 13 anni di governo ha sconfitto completamente l'analfabetismo, che i bambini hanno un pasto garantito e che a scuola anche i poveri imparano cose prima riservate solo ai ricchi.

Forse ai venezuelani, che si dichiarano "socialisti" per oltre il 60% (quindi più dei voti presi da Chavez), queste conquiste sociali contano di più  delle lamentele sulla libertà di stampa e di scarsa democrazia di un'opposizione (che si identifica ancora troppo con l'alta borghesia) che da questo punto di vista, quando sgovernava il Venezuela, ha ben poche conquiste da vantare, se non un tasso di disuguaglianza e corruzione molto più alto dei 13 anni dello chavismo.

Chavez durante la sua campagna elettorale, segnata pesantemente dalla sua lotta contro il cancro, ha confermato l'alleanza con i Paesi paria del mondo come l'Iran e Cuba e quella di ferro con la Russia di Putin (in questo in sintonia con un altro ex governante con una strana concezione della democrazia e del rapporto del potere con i media: Silvio Berlusconi), ma sa perfettamente che il suo socialismo petrolifero ed il suo radicalismo antiamericano in politica estera non avranno futuro se non troverà un erede politico con il suo carisma e se il petrolio nazionalizzato non servirà a realizzare davvero la modernizzazione sostenibile di un Paese con grandi risorse e grandissimi problemi. Sa soprattutto che questo non potrà avvenire se non ripulirà il corrotto apparato del suo partito che pervade e decide la distribuzione della ricchezza che discrimina tra  "compagni" e "nemici della rivoluzione" che lascia ai poveri le briciole, che sono sicuramente meglio del nulla di prima ma che sono pur sempre briciole che presto o tardi non basteranno più.  

Evidentemente i venezuelani sono forse delusi, ma non si sentono ancora "Traditi da Chavez" come titola l'ultimo numero di Interazionale, hanno deciso di consegnare ancora una volta il loro futuro al vulcanico caudillo di Caracas preferendo le sue invettive socialisteggianti, il suo internazionalismo petrolifero ad un ritorno indietro, quando i poveri, che sono la stragrande maggioranza del Venezuela e dell'America Latina, erano numeri senza diritti, senza scuola, senza cure dei medici cubani, senza speranza se non quella di affidarsi ad altri caudilli autoritari che svendevano le risorse del Venezuela e compravano i loro voti per un tozzo di pane.

Forse, a pensarci bene sta tutta qui "l'incomprensibile" vittoria di Chavez, che utilizza a modo suo la democrazia ed i suoi strumenti per costruire il suo strano socialismo tropicale bolivariano e petrolifero e forse sta qui anche la spiegazione del perché popoli che sono stati sotto il giogo di oligarchie e dittature fasciste agli ordini degli Usa, abbiano deciso che la loro indipendenza debba camminare sulle nuove gambe dei singolari esperimenti socialisti nell'America del Sud che quasi sempre, dall'Equador, alla Bolivia, dal Venezuela alla Guyana, hanno al centro l'utilizzo delle risorse naturali e la redistribuzione delle loro ricchezze. Che oi questo avvenga nella migliore maniera è un altro problema. 

 

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