[08/10/2012] News

L'energia in abbondanza e la scarsitą di commodities sono opportunitą: le vogliamo cogliere?

E' sempre e solo una questione di scelte. Ed è sulla base delle scelte che compi che si giudica la differenza tra quello che dici (o che prometti) e quello che fai. Se ad esempio ritieni che l'Italia debba intraprendere come unica strada per la ripresa quella dello "sviluppo sostenibile" non esiste che per perseguire questo obiettivo ti adoperi, come intende fare il governo Monti, per aumentare le trivellazioni alla ricerca di quel poco di petrolio e gas che c'è nel nostro sottosuolo.

E' una scelta perché, come spiega bene Plus (l'inserto del sabato del Sole24Ore), in Europa «si produce più energia di quella necessaria» e dunque perché cercare più petrolio e gas quando la domanda di energia è in netto calo? All'origine del caro bollette ci sono, quindi, certamente tutta una serie di motivazioni, tranne quella della scarsità della produzione e dunque la necessità di trovare nuovi giacimenti di idrocarburi. Dunque se il mercato funzionasse, la bolletta dovrebbe essere in calo almeno dal 2008, anno in cui - spiega sempre su Plus Alberto Gandolfi, analista di Ubs - «la domanda ha toccato il picco» mentre «da allora è scesa». Tanto che oggi «le performance delle principali utilities nell'ultimo anno sono da dimenticare (-24% Edf, -14% Enel, -24% Iberdrola, -12% Endesa)». E ad «incidere sui margini delle principali utilities (più bassi che in passato) c'è stato il combinato effetto di una minor domanda, di un minor utilizzo delle centrali e della cannibalizzazione arrivata dal settore delle rinnovabili».

Quindi, di energia ce ne è in abbondanza (e su Plus non si parla dei nuovi metanodotti in arrivo e dei rigassificatori, tra quelli già in attività e quelli che entreranno in funzione a breve) e siccome la domanda non torna ai livelli precrisi, ecco che le società vanno in crisi ed ecco che, molto probabilmente, noi tutti paghiamo questa situazione nelle bollette (costantemente in aumento per le imprese e per i cittadini, ai quali poi si chiede pure di ridurre i propri consumi). Ma se così stanno le cose siamo in pieno di una condizione da dilemma del prigioniero: se c'è troppa domanda la bolletta rincara, se ce ne è poca rincara lo stesso.

Pensando che poi per una rivoluzione ecologica vera tutti i consumi dovrebbero diminuire, si arriva così a disegnare un contesto dove il mercato, lasciato a se stesso, dimostra ancora una volta di non essere assolutamente in grado di dare risposte sostenibili. Non solo. Se anche volessimo guardare all'iniziativa pro trivelle di Passera come a una scelta riveduta e corretta della keynesiana buca da aprire e chiudere per superare la crisi - si parla di 20mila posti di lavoro in ballo -, la domanda è chi pagherebbe il conto, con una risposta tragicamente nota: noi e soprattutto il nostro già tremendamente malandato territorio, con riduzione dei costi di bolletta - a giudicare da quanto apprendiamo da Plus - come minimo tutti da verificare.

La saturazione del mercato dell'energia e il venir sempre più avanti delle energie rinnovabili - attenzione, causa crisi «anche i player del settore dell'energia alternativa e rinnovabile, tranne in qualche caso, stanno per archiviare un anno difficile» ci ricorda sempre Plus - ci dovrebbero far capire che pur concordando che con tutta probabilità questo è uno scenario contingente e che presto o tardi i consumi torneranno a salire, il nodo è se si vuole o non vuole fare una riconversione ecologica dell'industria energetica.

Perché - e si torna alle scelte - se è questo che vogliamo, in questa fase si devono pianificare le chiusure delle vecchie centrali inquinanti in esubero, proporzionalmente sostituire con impianti alimentati da energia rinnovabile e scommettere ancora una volta sull'efficienza energetica e sul risparmio, in modo da trovarsi pronti per quanto la domanda tornerà a salire. Diversamente qualcuno dovrebbe spiegarci come sarà possibile rispettare gli accordi sulle emissioni, tanto per dirne una ( e non ne facciamo in questo caso volutamente un problema né di tecnologia, né di impatti ambientali, né di chissà che guai possa causare una piattaforma petrolifera in più o in meno, consapevoli del fatto che già ora il 10% del fabbisogno italiano di gas viene estratto da giacimenti italiani).

Ma non finisce qui. Perché siccome stiamo parlando di scelte, investire o creare le condizioni per farlo su nuove trivellazioni, oppure sulle rinnovabili, ignorando sistematicamente che la sostenibilità ha almeno un'altra gamba fondamentale che è rappresentata dai flussi di materia, è altrettanto una visione miope e pochissimo ecologica che un governo può avere. Perché se pure qui è vero che la crisi ha ridotto i flussi di materia in Europa, questo non sta accadendo nel resto del mondo, soprattutto in quello asiatico, e qui la carenza di materie prime per l'Italia e tutta l'Ue possono invece rappresentare un volano per l'economia. Perché dal riutilizzo e dal riciclo di quelle che adoperiamo possiamo trovare l'exit strategy dalla crisi e rispondere a tutte le domande di maggiore qualità ambientale che quel nuovo "occidente" - perché ormai l'asse terrestre si è spostato e bisogna farcene una ragione - a brevissimo richiederà al mercato. Scelte, appunto, che alla fine - se si sbagliano - si pagano pesantemente.

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