[05/10/2012] News

La rivoluzione digitale nella penisola che non c’è

Senza investimenti in cultura il decreto crescita 2.0 aumenterà le disuguaglianze tra cittadini

Il bis del decreto Sviluppo è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri, e subito battezzato come decreto crescita 2.0. In attesa che se ne vengano diffusi con maggior precisione i dettagli e che il Parlamento - entro 60 giorni - lo converta definitivamente in legge, il decreto si concentra prevalentemente sull'obiettivo di digitalizzare finalmente la penisola italiana.

Con l'obiettivo di azzerare il divario digitale che affligge l'Italia, il governo pianifica di mobilitare investimenti per 750 milioni di euro: 150 milioni per portare la banda larga alle comunità montane e nei piccoli comuni, e altri 600 milioni per diffonderla nel meridione. Verrà agevolata la diffusione della banda ultra larga tramite semplificazioni normative e una sforbiciata alle tasse; non è però il dispiegamento di risorse messo in campo (comunque ingente, in tempo di crisi) ad impressionare maggiormente, quanto al pervasività - nelle intenzioni - del provvedimento.

Verranno recepiti i principi contenuti nell'Agenda digitale europea, e il decreto si muove certamente nella direzione giusta: l'internet economy, nel mondo, vale ormai più di 10mila miliardi di dollari, e continuare a rimanere indietro in questo campo sarebbe davvero tragico per l'Italia. Sarebbe un passo avanti anche per la conquista di una maggiore produttività del sistema-Paese, e non è un dato da trascurare.

Tutto bene, dunque, per l'Italia, ma per gli italiani? C'è da chiedersi se siano capaci di affrontare un simile passo avanti, e se non si debba scegliere di lavorare duramente e da subito per rendere i cittadini pronti al cambiamento. Passando velocemente in rassegna alcuni dei provvedimenti contenuti del dl, si vede come - con un investimento necessario pari a 82 milioni di euro l'anno per 10 anni - una delle novità più corpose sia quella del nuovo documento unificato (summa tra carta d'identità elettronica e tessera sanitaria); a seguire, l'implementazione di un fascicolo sanitario elettronico, la digitalizzazione delle cartelle cliniche e, soprattutto delle ricette mediche.

I cittadini ultrasessantacinquenni, in Italia, sono ormai più del 20% della popolazione totale, e sono loro i principali fruitori del sistema sanitario nazionale, loro malgrado. Come riusciranno a rapportarsi con la digitalizzazione della sanità? Non solo: è il 47% degli over50 che, in Italia, afferma di non avere alcuna dimestichezza con computer e rete. Una forma di analfabetismo digitale che è la declinazione informatizzata di quell'80% di italiani che può ancora definirsi analfabeta funzionale.

Non possiamo quindi illuderci che la digitalizzazione dell'Italia non porti con sé anche un aumento delle disuguaglianze tra cittadini, senza che questa sia accompagnata da un massiccio programma di acculturamento, digitale e non, degli italiani. A fine 2011 l'Istat registrava che solo il 58,8% delle famiglie italiane dichiarava di possedere un computer: il 54,4% aveva accesso ad internet, il 45,8% disponeva di un accesso alla banda larga. A meno di non voler ulteriormente accentuare le disuguaglianze sociali ed economiche all'interno dello Stivale tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, agli investimenti per ampliare la diffusione della rete è necessario chiedere che venga portato avanti con coraggio un progetto di investimenti in cultura, perché le grandi potenzialità offerte da Internet divengano fruibili dal maggior numero possibile di persone.

Oggi il Corriere della Sera, titola "Facebook, il Continente più giovane" per dare notizia del traguardo del miliardo di utenti (al lordo dei fake) raggiunto dal gigante dei social network. Un etereo continente che non c'è, i cui "cittadini" hanno un'età media di soli 22 anni, e tutti accomunati dalla caratteristica di saper navigare in rete come dote naturale, o quasi. Ecco, non vorremmo che il governo Monti abbia pensato di trovarsi davanti ad un simile continente, progettando l'Italia digitale che verrà: è infatti questa un'Italia che non esiste, ideale, una (pen)isola che non c'è ma che è comunque pronta ad affondare in un mare d'ignoranza se non si interverrà presto per impedire che questo accada.

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