[01/10/2012] News

Il traffico di fauna selvatica è la nuova manna dei gruppi armati africani

L’M23 gestisce il turismo nel Parco dei Virunga

Il nuovo attentato contro i bambini cristiani in Kenya, attribuito alle milizie islamiste somale di al-Shabab, riporta all'attenzione il problema di dove questi gruppi armati che destabilizzino mezza Africa prendano le risorse per tenere in piedi ed armare i loro eserciti. Della cosa se ne è indirettamente occupato anche il recente World conservation congress dell'Iucn in Corea del sud analizzando, in un evento organizzato da Traffic,  la rapida crescita del commercio di materie prime e di fauna selvatica tra l'Africa e la Cina. Traffic piega che «Negli ultimi anni ci sono stati ingenti investimenti effettuati dalla Cina in Africa sotto forma di investimenti del settore privato, del governo e di aiuti allo sviluppo, così come le centinaia di migliaia di lavoratori cinesi che ora vengono impiegati in Africa per lavorare nelle miniere, nelle foreste, in progetti di infrastrutture, ecc. Un risultato degli investimenti su larga scala nel continente è stata la massiccia crescita negli scambi di molte materie prime tra Africa e Cina, compresi i prodotti della fauna selvatica». 

E' qui che sorgono i problemi e che si infiltrano le bande e le milizie armate, ma anche gli eserciti regolari, tanto che Traffic sollecita «Una volontà politica al più alto livello» che coinvolga direttamente Cina e Stati africani e il coinvolgimento in organismi come Forum on China-Africa co-operation, Central african forest commission, Council for fair business practices  e Southern african development community.  Secondo James Compton, direttore dal programma Asia-Pacifico di Traffic, «Un approccio olistico per affrontare le questioni molto complesse che circondano il crescente commercio di beni naturali dall'Africa alla Cina è necessario, l'equilibrio tra i problemi di conservazione delle specie e le migliori pratiche di gestione della fauna selvatica e gli scambi, con uno sviluppo economico sostenibile».

Ma la situazione sul campo è complicata dalle guerriglie endemiche che rimpinguano il traffico di animali selvatici, diventato, come scrive Jeune Afrique, «La nuova manna per le ribellioni africane. Il denaro è il nerbo della guerra. E per i gruppi armati che percorrono l'Africa centrale ed il Corno d'Africa, l'adagio è ancora più vero». Il controllo delle miniere, vera ragione della guerra che sconvolge da anni l'est della Repubblica democratica del Congo, è ancora la fonte di finanziamento più grossa per i gruppi armati, il saccheggio della fauna sta rapidamente diventando sempre più lucroso.

Gruppi di tagliagole come i pazzi "cristiani" della Lord's Resistance Army, i fondamentalisti islamici Shebab o gli ammutinati del Mouvement du 23 Mars (M23) della Rdc, vedono negli elefanti e nei gorilla solo una fonte di finanziamento. Secondo gli ambientalisti e i biologi africani la situazione non è mai stata così grave Nel 2011 in tutto il mondo sono state sequestrate 38 tonnellate d'avorio, una cifra record. In Laos e Vitenam d sono state sequestrate circa 2.500 zanne di elefante che probabilmente erano destinate alla Thailandia ed alla Cina. Tra il 55 e il 70% dell'avorio illegale finisce in Cina, dove è diventato uno status symbol per la crescente classe media, venduto a mille dollari la libbra nei mercati di Pechino. I gruppi armati sono la fonte di questo immondo commercio, visto anche che in diversi Paesi dell'Africa centrale e Orientale una zanna di elefante può valere da sola fino a 10 volte il reddito medio annuo pro-capite. Il 4 settembre il New York ha pubblicato un'inchiesta di Jeffrey Gettleman che dice: «Come I diamanti insanguinati della Sierra Leone o i minerali del Congo, l'avorio sembra essere l'ultima risorsa dei gruppi armati in Africa».

Secondo i disertori dell'Lra, recentemente Joseph Kony ha chiesto ai suoi disperati miliziani in fuga perenne di ammazzare più elefanti possibili e di portargli le zanne. Altri fuggiaschi hanno detto che il gruppo da maggio aveva ucciso almeno 29 elefanti e che le zanne vengono barattate con armi, munizioni e radio. Kony lavora con commercianti sudanesi di Omdurman, in Sudan, che non hanno problemi a dire di aver comprato lavorio dell'Lra, cioè di commerciare con assassini ricercati dall'esercito Usa e da quelli dell'Africa centrale. Ma non c'è solo Kony, le feroci milizie islamiche  Janjawids del Sudan sarebbero responsabili dello sterminio di elefanti nel Parco nazionale del Bouba Ndjida, avvenuto nel gennaio 2012, per attuare questo scempio avrebbero attraversato il Ciad percorrendo più di  900 km dal Darfur dove operano. Nel 2010, i soldati ugandesi, alla ricerca di Kony nelle foreste della Repubblica Centrafricana, si sono imbattuti in una carovana Janjaweed carica di avorio: un grosso campo militare con 400 uomini, muli, molte armi. Nella battaglia scoppiata tra ugandesi e sudanesi sono morti 10 soldati di Kampala. Questo dimostra quanti uomini le milizie armate impieghino nel bracconaggio fuori dei confini dei loro Paesi.

Gli Shebab Somali facilitano il traffico di avorio dei "nemici" kenyani attraverso il porto somalo di Kismayo e recentemente si infiltrati in Kenia per uccidere gli elefanti e rivendere in proprio l'avorio.

Anche l'M23, che controlla l'area del Parco nazionale dei Virunga si finanzia sfruttando la fauna selvatica ma  su Libre Belgique, Cosma Wilun, direttore dell'l'Institut congolais pour la préservation de la nature, ha rivelato un nuovo aspetto del controllo del territorio da parte dei ribelli: «Abbiamo appreso che l'M23 attualmente fa turismo nel parco, i turisti entrano dal Rwanda e dall'Uganda» (guarda caso i due Paesi accusati di sostenere occultamente l'M23). L'attrazione turistica sono i circa 800 gorilla di montagna che vivono solo nei Virunga e l'M23 ha abbassato i prezzi: ora la vsita costa solo 300 dollari. Emmanuel de Merode, il belga che dirige il Parco dei Virunga, ha confessato tutta la sua impotenza al  Financial Times: «Abbiamo detto loro che è pericoloso, irresponsabile e potenzialmente distruttivo per i gorilla. Ma quel che vogliono prima di tutto è il denaro».

Ma il traffico di avorio ed animali protetti è ormai internazionale e le inesistenti frontiere africane lo favoriscono insieme alla completa mancanza di controlli in porti come quello di Mombasa. Ma questo traffico è soprattutto poco contrastato dagli eserciti ufficiali, che spesso partecipano al banchetto, con soldati e ufficiali che arrotondano così il loro misero stipendio.

Luis Arranz, direttore del paco di Garamba, sempre nella massacrata Rdc, ha recentemente denunciato un fatto incredibile: il bracconaggio di elefanti da parte dell'esercito ugandese (ufficialmente a caccia dei guerriglieri dell'Lra). La scorsa primavera nel Parco sono stati scoperti 22 elefanti morti, tutti abbattuti con un colpo alla testa. Sul terreno non c'erano tracce di un gruppo di bracconieri, infatti i pachidermi sono stati  uccisi da un elicottero. Un bottino da un milione di dollari che sarebbe finito nelle tasche delle forze speciali dell'esercito regolare dell'Uganda. Le guide del parco avevano visto un elicottero militare ugandese volare, non autorizzato, a bassa quota, poi hanno trovato gli elefanti uccisi. "Erano colpi precisi, davvero molto precisi - ha detto Onyango, capo dei ranger del Garamba - Hanno sparato anche ai cuccioli. Perché? Era come se fossero venuti per distruggere tutto». Arranz ha detto a Jeune Afrique «E' come la guerra contro il traffico di droga. Se la gente continua a comprare è impossibile fermarla».

Tom Milliken, direttore dell'Elephant trade information system ha detto al New York Times: «I trafficanti sono organizzazioni criminali asiatiche basate in Africa, altamente adattabili agli interventi delle forze dell'ordine e con rotte commerciali e modus operandi in continuo cambiamento». Il futuro della fauna selvatica africana si gioca soprattutto in Cina che continua a giurare di contrastare con ogni mezzo il traffico illegale gestito quasi sempre da cinesi, che evidentemente commerciano con le bande di guerriglieri ed assassini. Il 5 settembre la Cina ha inasprito le sue leggi anti-traffico e anti-bracconaggio, ma il Wwf in un suo recente rapporto sottolinea.  «L'afflusso enorme e continuo di avorio illegale verso la Cina lascia pensare lascia pensare che sia inviato verso mercati illegali». 

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